La vite e i tralci

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. …..».

 

L’immagine è semplice e di grande forza espressiva. Gesù è la «vite vera», piena di vita; i discepoli sono «tralci» che vivono della linfa che arriva loro da Gesù; il Padre è il «vignaiolo» che cura personalmente la vigna perché dia frutto abbondante. L’unica cosa importante è che si realizzi il suo progetto di un mondo più umano e felice per tutti.

 

L’immagine pone in evidenza dove stia il problema. Ci sono tralci secchi nei quali non circola la linfa di Gesù. Ci sono discepoli che non danno frutti perché non scorre lo Spirito del Risorto nelle loro vene. Ci sono Comunità cristiane che languiscono disconnesse dalla persona di Gesù.

 

Per questo il Vangelo fa un’affermazione carica di intensità: «Il tralcio non può dar frutto se non rimane nella vite»; la vita dei discepoli è sterile «se non rimangono» in Gesù. Le parole del Maestro sono categoriche: «Senza di me non potete far nulla». Non si ravvisa forse in queste parole la vera radice della crisi del nostro cristianesimo?

 

Il modo in cui vivono la propria religione molti cristiani, senza un’unione vitale con Gesù Cristo, non durerà per molto tempo: si ridurrà a «folklore» anacronistico che non porterà a nessuno la Buona Notizia dell’Evangelo. La Chiesa non potrà compiere la sua missione nel mondo contemporaneo se noi che ci diciamo «cristiani» non ci convertiamo in discepoli di Gesù, animati dal suo spirito e dalla sua passione per un mondo più pregno di Cristo.

 

Essere cristiano esige oggi un’esperienza vitale di Gesù Cristo, una conoscenza interiore della sua persona e una vera passione per il suo progetto, che non erano richieste un tempo per essere praticanti dentro una società cristiana. Se non impariamo a vivere un contatto più immediato e appassionato con Gesù la decadenza del nostro cristianesimo potrà diventare una malattia mortale.

 

I cristiani vivono oggi preoccupati e distratti da molte questioni. Non può essere diversamente. Ma non dobbiamo dimenticare l’essenziale. Tutti siamo «tralci». Solo Gesù è «la vera vite». La cosa decisiva in questi tempi è «rimanere in lui»: lasciarci afferrare dal Cristo del; alimentare nei comunità parrocchiali e parrocchie il contatto vivo con lui; non deviare dal suo progetto d’amore per portare sempre molto frutto ed essere discepoli autentici.