Omelia nella V domenica di Quaresima
«Misera e Misericordia»
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Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.
Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».
Domenica scorsa, nell’abbraccio del Padre ricco di misericordia, era significato l’intenso suo desiderio di essere riconosciuto come padre dai due figli.
Oggi la pericope giovannea rivela ancora il volto della misericordia di Dio.
E' sorprendente come il brano evangelico "dell'adultera" per molti secoli non sia stato letto nelle comunità cristiane.
E' proprio vero che la misericordia di Dio "scandalizza" sempre!
Questo dramma di squisita bellezza pone a confronto la miseria di una fragile creatura e la misericordia dell'unico Uomo senza peccato. Il brano della donna adultera, infatti, è una stupenda applicazione della misericordia divina. Questa volta l’insegnamento non ci viene proposto come parabola, bensì come fatto accaduto.
Il luogo della disputa è il Tempio. Gesù si trovava a Gerusalemme nella sua ultima settimana di vita e si era avviato “verso il monte degli Ulivi”. Nella città santa si compirà la sua missione di Redentore mediante il sacrificio della vita.
Dopo l’introduzione (vv. 1-2), il brano si divide in due parti:
- l’accusa contro l’adultera (vv. 3-9);
- il perdono di Gesù (vv. 10-11).
La Donna
E' sola: posta al centro degli sguardi perfidi e perversi dei suoi accusatori certi nei loro sotterfugi meschini di agire anche secondo la Legge di Dio (cf Dt 22,22ss).
Sentiva i sassi battere nelle loro mani pronti per essere scagliati contro di lei.
L’angoscia e la paura la assalgono.
Non c’era l’uomo con cui ha tradito. Nell'antico Oriente questa colpa veniva punita soltanto nella donna.
Addirittura di lei non si conosce neppure il nome.
Ma, sorpresa in adulterio, secondo la legge mosaica doveva essere lapidata e uccisa davanti a tutti.
E si trovò, dunque, sola difronte a Gesù. "Relicti sunt duo, misera et misericordia" (S. Agostino)
Gli Scribi e i Farisei
erano uomini senza cuore, falsi e ipocriti. Non sopportavano che Gesù fosse «venuto a chiamare i peccatori, non i giusti» (cf. Lc 5,32), né riuscivano a comprendere che egli accogliesse i peccatori e mangiasse con loro (cf. Lc 15,2).
Tanto meno potevano accettare che egli rivolgesse loro parole come: «i pubblicani e le prostitute vi precedono nel regno di Dio» (Mt 21,31).
Pur di accusare Gesù e di “metterlo alla prova e avere motivo di accusarlo” non hanno temuto di “porre nel mezzo” ed esporre al pubblico ludibrio una povera donna. Quegli uomini chiesero a Gesù di giudicare la peccatrice con lo scopo di spingerlo a fare un passo falso.
Il loro intento infatti era quello di mettere in imbarazzo il Maestro non meno della sventurata infedele.
Se avesse assolto l’adultera Gesù si sarebbe posto contro la legge; se la avesse condannata si sarebbe alienato la simpatia del popolo che l’ammirava per la sua mitezza e misericordia.
E nel loro rigorismo, sintomo di ipocrisia piuttosto che di pretesa integrità, hanno creduto addirittura di tutelare la Legge violata dalla peccatrice.
Gesù
riconfermò l'infinita misericordia di Dio: non disse una parola, ma “chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra".
La scena era carica di drammaticità: dalle parole di Gesù sarebbe dipesa la vita di quella persona, ma anche la stessa vita del Giovane Rabbi.
Con il gesto dello scrivere il Maestro voleva forse semplicemente esimersi dal dare una risposta.
Oppure ha inteso indicare che la sabbia cancella tutto.
La legge di Dio è la Persona di Gesù Cristo non un precetto che si osserva.
Chiamato a scegliere tra la Legge e la misericordia Gesù scelse la misericordia senza mettersi contro la Legge, perché sa distinguere il peccato dal peccatore.
Ovviamente gli accusatori non furono certo soddisfatti del silenzio di Gesù: «E siccome insistevano nell'interrogarlo, alzò il capo e disse loro: Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei. E chinatosi di nuovo, scriveva per terra».
Secondo il libro del Deuteronomio erano i testimoni che devono scagliare la prima pietra contro il trasgressore della legge condannato alla lapidazione.
Gesù affermò dunque che per giudicare bisogna essere senza peccato.
Quando Dio volge il suo sguardo sull'uomo lo fa per salvarlo, per risanarlo, per ricrearlo come splendida immagine di Lui che è Padre, mai per coglierlo in fallo e annientarlo. Il Maestro, nel brano della adultera, non ha giustificato il peccato di adulterio; anzi: lo ha decisamente condannato. Quello che la donna e l'uomo con cui ha commesso adulterio hanno fatto è stato qualcosa di molto grave.
Ma il senso del Vangelo non è quello di mettere in evidenza la colpa.
Il peccato è sempre tragedia di morte!
Tuttavia Gesù salvò la donna peccatrice, le venne incontro, le usò misericordia, le concesse redenzione e salvezza.
Proprio in questo sta la forza dell'amore di Dio e del perdono che Cristo è venuto a portare.
Scrive Sant’Agostino al riguardo: “Soli restarono lui e lei; restò il Creatore e la creatura; restò la miseria e la misericordia; restò lei consapevole del suo reato e lui che ne rimetteva il peccato”. (Serm. 16/A, 5)
che conosce il cuore dell'uomo, chiede un deciso impegno di vita che consiste nel non peccare più.
La clemenza che Dio manifesta nel perdonare rappresenta uno stimolo a maturare radicalmente la nostra condotta: è un invito pressante alla conversione sincera.
Il perdono dei peccati, il giudizio di misericordia deve essere l'occasione per iniziare una vita nuova segnata dalla fedeltà e dall'amore.
Ma vi è un altro importante insegnamento nella narrazione del Vangelo di Giovanni.
Se Gesù avesse risposto di non lapidarla si sarebbe messo contro la legge di Mosè.
Se, al contrario, avesse convenuto a pro della lapidazione probabilmente gli avrebbero dato dell’incoerente con i suoi insegnamenti sulla misericordia e il perdono.
Ma Gesù ha chiuso la bocca agli accusatori; nessuno può condannare perché ognuno è peccatore.
Tutti siamo peccatori e lo siamo ripetutamente; sicché più si prolunga la vita e più i peccati si accumulano.
Dunque nessuno può permettersi di giudicare gli altri.
Non di rado – al contrario - esigiamo “la condanna” dei nostri fratelli; e lo facciamo spesso senza pietà, rifiutando di usare misericordia. Se fossimo senza peccato, potremmo anche esigere giustizia.
Ma chi di noi può sinceramente ritenersi immune da colpa? Per questo, quando pretendiamo la punizione dei nostri fratelli, firmiamo la nostra condanna! E siamo talmente stolti che la “firmiamo” con le parole insegnateci dal Maestro quando – nel Padre nostro - diciamo: “rimetti a noi i nostri debiti COME ANCHE NLOI li rimettiamo ai nostri debitori”. Insomma: chiediamo al Padre di trattarci allo stesso modo con il quale noi trattiamo i nostri fratelli!
Un giudizio che tende alla salvezza e non alla condanna.
Egli apre alla speranza, porta sollievo e conforto.
Rigenera l’uomo peccatore e riaccende in lui la speranza della vita.
Anche a noi come all’anonima adultera è stata annunciata la parola nuova, quella della misericordia e del perdono di Dio. “Io non ti condanno. Va’ e non peccare più”.
Siamo in cammino da cinque settimane verso questo appuntamento annuale.
Siamo peccatori, ma abbiamo la certezza che Cristo ci attende e, nell'incontro con lui, la nostra colpa è perdonata e la sua misericordia ci dà energia nuova per camminare in novità di vita come ci ricorda il profeta Isaia, nel passo della prima lettura. «Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?»
Al termine della nostra Quaresima la nostra vita non sarà ancora giunta alla pienezza della conformità a Cristo, cui ogni battezzato è chiamato; tuttavia, quel che conta è non fermarsi per via, ma, dimentichi del passato e con lo sguardo verso il futuro, correre "verso la meta, per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù".
perché possiamo vivere e agire sempre in quella carità,
che spinse il tuo Figlio a dare la vita per noi.
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