Lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi
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Premessa
Questa riflessione non ha certo la pretesa di essere un approfondimento scritturistico-esegetico, ma solamente uno strumento catechistico/pastorale, attraverso il quale provocare nel lettore il desiderio di conoscenza e l’interesse per scoprire le meraviglie degli scritti dell’Apostolo Paolo.
Il titolo di questa lettera è dovuto al fatto che era indirizzata ai cristiani di Filippi.
Filippi era una città di una certa importanza ai tempi di San Paolo, sia dal punto di vista commerciale che per la sua storia. Si trovava in Macedonia, vicino al confine con la Tracia, sulla Via Egnatia, strada romana che attraversava entrambe le regioni e costituiva un passaggio obbligato per chi, provenendo dall'Asia Minore, arrivava in Europa attraverso la Grecia.
La chiesa di Filippi fu la prima fondata da Paolo quando si trasferì in Europa. Ciò avvenne durante il suo secondo viaggio, intorno all'anno 50 o 51. San Paolo visitò nuovamente Filippi, forse altre due volte, durante il suo terzo viaggio, anche se non sembra che si sia fermato lì a lungo.
Molti militari delle legioni romane si erano stabiliti e avevano stabilito le loro famiglie a Filippi. Tenendo conto dell'origine delle persone che abitavano la città, la maggioranza dei fedeli cristiani doveva provenire dai gentili. Tutti avevano un grande amore per l'Apostolo e un'estrema generosità.
San Paolo indica di non solo di essere l’autore della Lettera ai Filippesi, ma indica di essere in carcere a Roma. Erano passati più di dieci anni da quando Paolo aveva predicato per la prima volta il Vangelo a Filippi.
Durante la prigionia dell'Apostolo, i Filippesi, sempre desiderosi di aiutarlo in qualunque cosa avesse bisogno, decisero di inviare Epafrodito con alcune elemosine per alleviare le sue difficoltà materiali e per aiutarlo mentre era in prigione. Ma Epafrodito soffrì di una grave malattia, che quasi ne causò la morte. E una volta ristabilito, Paolo decise di ritornare nella sua città per il conforto dei Filippesi.
La Lettera sembra essere il contraltare di quella scritta ai Galati. Paolo è pieno di lodi: a Cristo, ai collaboratori della diffusione del Vangelo e ai Filippesi. Questi rimangono fedeli al Vangelo nonostante le difficoltà e sono gioia per l'Apostolo.
Dalla lettera si deduce abbastanza bene la situazione di Filippi, la condizione di Paolo e il rapporto dell'Apostolo con i credenti filippesi. La chiesa di Filippi era presieduta da vescovi e diaconi; i suoi membri soffrivano persecuzioni, e senza dubbio vi era stata qualche tendenza alla discordia. Ma non vi è alcuna indicazione che ci fossero corruzione morale o false dottrine.
La Lettera ai Filippesi è una lettera di un amico ai suoi amici, una lettera di consigli spirituali, scritta per dare un aiuto con amore. Infatti il tono generale della lettera è più esortativo che dottrinale.
Paolo racconta ai credenti di Filippi delle sue prigioni, del progresso nella diffusione del Vangelo a Roma, dei tentativi di alcuni avversari di opprimerlo con una opposizione settaria, mentre predicava Cristo e incoraggiava i Filippesi a mettere in pratica i suoi insegnamenti e a favorire la crescita delle virtù cristiane.
Paolo è sicuro della loro simpatia; scrive loro con la piena fiducia nell'amicizia cristiana. La loro gioia è la sua gioia.
In filigrana, il tema della Lettera ai Filippesi è la gioia in Cristo. Paolo, pur essendo in prigione e senza sapere cosa gli sarebbe successo, usa ripetutamente le parole “gioia” e “rallegrarsi”. «Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti» (4,4).
A ben vedere l'espressione «nel Signore» ricorre frequentemente e, unita al pensiero della gioia, esprime adeguatamente il tema della Lettera.
Nonostante la brevità dello scritto, risaltano per importanza i seguenti temi dottrinali: il destino eterno dell'uomo; l'atteggiamento del cristiano verso le realtà temporali; il mistero profondo di Cristo e l'esempio della sua vita sulla terra.
Determinante le affermazioni di Paolo in riferimento a Cristo: «Tutto posso in colui che mi dà la forza» (4,13). E «Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno» (1,21). Non si sbaglia se si afferma che il messaggio centrale della Lettera ai Filippesi è Cristo
In questo senso, il punto dottrinale più importante è il cosiddetto inno cristologico del capitolo 2, forse già conosciuto dai suoi destinatari e trascritto da Paolo con alcune sue note. In questi versetti canta l'umiliazione di Cristo nella sua incarnazione, vita e morte, e l'esaltazione gloriosa della sua umanità dopo la risurrezione.
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