Giovanni Paolo II
un pensiero per ogni giorno di luglio

<< Torna indietro



1 luglio
 
 
La tradizione popolare dedica il mese di luglio alla contemplazione del Preziosissimo Sangue di Cristo, mistero insondabile di amore e di misericordia. Nella Liturgia, l'apostolo Paolo afferma nella Lettera ai Galati che "Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi" (Gal 5,1). Questa libertà ha un caro prezzo: è la vita, il sangue del Redentore. Sì! Il Sangue di Cristo è il prezzo che Dio ha pagato per liberare l'umanità dalla schiavitù del peccato e della morte. Il Sangue di Cristo è la prova inconfutabile dell'amore del Padre celeste per ogni uomo, nessuno escluso.
Tutto questo è stato ben sottolineato dal Beato Giovanni XXIII, devoto al Sangue del Signore fin dall'infanzia, quando in famiglia ne sentiva recitare le speciali Litanie. Eletto Papa, scrisse una Lettera apostolica per promuoverne il culto (Inde a primis, 30 giugno 1959), invitando i fedeli a meditare sul valore infinito di quel Sangue, del quale "una sola goccia può salvare tutto il mondo da ogni colpa" (Inno Adoro Te devote). Che la meditazione del sacrificio del Signore, pegno di speranza e di pace per il mondo, sia incoraggiamento e stimolo a costruire ovunque la pace.
 [Angelus 1 luglio 2001]
 
2 luglio
 
Il Sangue di Cristo ci ha redenti. Ecco la verità che la pietà popolare ricorda all’inizio del mese di luglio, tradizionalmente dedicato al Sangue preziosissimo di Cristo. Quanto sangue, nel mondo, versato ingiustamente! Quanta violenza, quanto disprezzo per la vita umana! Questa umanità, non di rado ferita dall’odio e dalla violenza, ha più che mai bisogno di sperimentare l’efficacia del Sangue redentore di Cristo. Quel Sangue che, sparso non invano, porta in sé tutta la potenza dell’amore di Dio ed è pegno di speranza, di riscatto, di riconciliazione. Ma per attingere da questa sorgente bisogna tornare alla Croce di Cristo, fissare lo sguardo sul Figlio di Dio, su quel suo Cuore trafitto, su quel Sangue versato.
Sotto la Croce stava Maria, compartecipe della Passione del Figlio. Essa offre il suo Cuore di Madre come rifugio a chiunque è in cerca di perdono, di speranza e di pace, come ci ha ricordato la festa del suo Cuore Immacolato. Maria ha deterso il sangue del Figlio crocifisso. A Lei affidiamo il sangue delle vittime della violenza, perché sia riscattato da quello che Gesù ha versato per la salvezza del mondo.
[Angelus, 2 luglio 2000]
 
3 luglio
 
Tra le priorità che urgono oggi nella vita della comunità cristiana c'è la riscoperta della domenica. Per molti, infatti, essa rischia di essere sentita e vissuta solo come "fine settimana". Ma la domenica è ben altro: è il giorno settimanale in cui la Chiesa celebra la Risurrezione di Cristo. E' la Pasqua della settimana!
Per questo essa è per eccellenza il "giorno del Signore", come ricorda il nome stesso di "domenica", conservato in italiano e in altre lingue, in corrispondenza del latino "dies dominica" o "dies Domini". In obbedienza al terzo comandamento, la domenica deve essere santificata, soprattutto con la partecipazione alla Santa Messa. Un tempo, nei Paesi di tradizione cristiana, questo era facilitato da tutto il contesto culturale. Oggi, per restare fedeli alla pratica domenicale, occorre andare spesso "contro corrente". E' necessaria, perciò, una rinnovata consapevolezza di fede. Non abbiate paura, carissimi, di aprire il vostro tempo a Cristo! Quello dato a Lui non è tempo perduto; al contrario, è tempo guadagnato per la nostra umanità, è tempo che infonde luce e speranza ai nostri giorni.
Preghiamo la Vergine Santa perché Ella spinga i fedeli a interrogarsi sul modo con cui vivono la domenica e incoraggi i Pastori a dare a questo tema tutto il risalto che merita, nonostante le difficoltà proprie del nostro tempo.
[Angelus, 5 luglio 1998]
 
4 luglio
 
Riflettiamo comune sull'amore, che Dio ha rivelato all'uomo, incarnandosi. Maria di Nazaret e stata e rimarrà per sempre il primo testimone di questo amore, il primo testimone del mistero dell'Incarnazione. A lei ci rivolgiamo, in modo particolare, con questa preghiera comune e, insieme a lei, desideriamo meditare il mistero dell'Incarnazione del figlio di Dio. In questo mistero vogliamo sentire particolarmente a noi vicini tutti gli ammalati e i sofferenti. Certamente ve ne saranno anche qui a Castel Gandolfo; approfitto di questa circostanza per salutarli in modo speciale. E' noto che dappertutto, in ogni villaggio, in ogni città, grande o piccola, in ogni paese, in ogni continente, vi sono uomini che soffrono.
Vi sono infermi, gravemente ammalati, incurabili, invalidi; persone condannate a muoversi con l'aiuto di una carrozzella; donne e uomini incatenati ad un letto di dolore. Quando riflettiamo sull'immensità del dolore umano, di quel dolore che è tra noi, nelle nostre case, negli ospedali, nelle cliniche, dappertutto nel mondo, allora il significato delle parole di Cristo: "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli... (fratelli miei sofferenti) l'avete fatto a me" (Mt 25,40), diventa estremamente reale. Quanto il Cristo si moltiplica attraverso queste parole! Quanto è presente nella storia dell'umanità! E quanti uomini nel mondo "fanno qualcosa per lui", perfino non rendendosene conto, non sapendo forse nemmeno che egli esista...
Anche noi, attraverso la nostra riflessione, vogliamo fare qualcosa per i nostri fratelli e sorelle sofferenti. Persino il solo ricordo di essi è già un atto. Il nostro incontro di oggi, in occasione dell'"Angelus Domini", lo dedichiamo a loro: e al ricordo.
[Angelus, 29 luglio 1979]
 
5 luglio
 
“Signore, insegnaci a pregare...” (Lc 11,1), dice a Cristo nel Vangelo uno dei suoi discepoli. Ed egli risponde loro richiamandosi all’esempio di un uomo, sì, di un uomo importuno, che, trovandosi nel bisogno, bussa alla porta del suo amico addirittura a mezzanotte. Ma ottiene ciò che chiede. Gesù, quindi, ci incoraggia ad avere un simile atteggiamento nella preghiera: quello dell’ardente perseveranza.  Così dunque dobbiamo incoraggiarci sempre maggiormente alla preghiera. Dobbiamo ricordare spesso l’esortazione di Cristo: “Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto”. In particolare, dobbiamo ricordarla quando perdiamo la fiducia o la voglia di pregare.
Dobbiamo anche sempre nuovamente imparare a pregare. Spesse volte avviene che ci dispensiamo dal pregare con la scusa di non saperlo fare. Se davvero non sappiamo pregare, tanto più allora è necessario impararlo. Ciò è importante per tutti, e sembra essere particolarmente importante per i giovani, i quali spesso tralasciano la preghiera che hanno imparato da bambini perché essa sembra loro troppo infantile, ingenua, poco profonda. Invece un simile stato di coscienza costituisce uno stimolo indiretto ad approfondire la propria preghiera, a renderla più riflessiva, più matura, a cercare l’appoggio per essa nella parola di Dio stesso e nello Spirito Santo, il quale “intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili”, come scrive san Paolo (Rm 8,26).
[Angelus, 27 luglio 1980]
 
6 luglio
 
Cento anni fa, il sei luglio mille novecento due, moriva Maria Goretti, ferita gravemente il giorno prima dalla cieca violenza di chi l’aveva aggredita. Il mio venerato predecessore, il servo di Dio Pio XII, la proclamò santa nel 1950, proponendola a tutti quale modello di coraggiosa fedeltà alla vocazione cristiana, sino al supremo sacrificio della vita. Ho voluto ricordare tale importante ricorrenza con uno speciale Messaggio diretto al Vescovo di Albano, sottolineando l'attualità di questa Martire della purezza, che auspico sia maggiormente conosciuta dagli adolescenti e dai giovani. Santa Maria Goretti è un esempio per le nuove generazioni, minacciate da una mentalità di disimpegno, che stenta a comprendere l'importanza di valori sui quali non è mai lecito scendere a compromessi.
Pur essendo povera e priva di istruzione scolastica, Maria, non ancora dodicenne, possedeva una personalità forte e matura, formata dall'educazione religiosa ricevuta in famiglia. Questo la rese capace non solo di difendere la propria persona con eroica castità, ma addirittura di perdonare il suo uccisore.
Il suo martirio ricorda che l'essere umano non si realizza seguendo gli impulsi del piacere, ma vivendo la propria vita nell'amore e nella responsabilità.
[Angelus, 7 luglio 2002]
 
7 luglio
 
“Io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo” (Mt 28,20). Questa promessa che, paradossalmente, Gesù fece ai suoi discepoli nel momento stesso in cui li stava lasciando, si realizza in modo singolare nel Sacramento dell’Eucaristia. Sotto i segni sensibili del pane e del vino, Gesù si rende presente in un luogo e in un tempo determinato, consentendo ad ogni essere umano, ovunque egli si trovi ed a qualsiasi epoca storica appartenga, di stabilire un contatto personale con Lui.
Nell’Eucaristia la logica dell’Incarnazione raggiunge la sua conseguenza estrema. In essa trova il suo coronamento quel cammino verso l’uomo, che ha spinto Gesù a spogliarsi dei privilegi della divinità, per assumere la condizione di servo  e porsi accanto a ciascuno di noi, come nostro fratello; per farsi alla fine Cibo e Bevanda della nostra anima nel suo cammino spirituale. Egli ci è accanto per sostenerci nella lotta contro ogni manifestazione del male sulla terra e per stimolare il nostro impegno a far progredire la storia verso traguardi più degni dell’uomo. Il cristiano non può, certo, attendersi di trovare nell’Eucaristia i suggerimenti del tutto pronti circa l’azione da svolgere nei diversi campi della sua vita personale, familiare, sociale o comunitaria, economica o politica. La partecipazione alla “mensa del Signore” tocca, tuttavia, sempre da vicino la sua coscienza del bene e del male, lo pone di fronte alle proprie responsabilità nei confronti delle persone vicine o lontane, nei confronti del mondo circostante. E, pertanto, la comunione al “pane spezzato” impegna ciascuno a recare il proprio contributo all’edificazione di un “mondo nuovo”!
[Angelus, 19 luglio 1981]
 
8 luglio
 
“A te levo i miei occhi, o Dio” (Sal 122 [123],1).
La Chiesa quando pronunzia queste parole si esprime come un ritmo interiore della nostra intimità con Dio: leviamo i nostri occhi a Dio nella preghiera. Lo facciamo, interrompendo il lavoro tre volte nel corso della giornata e recitando l’Angelus.
Facciamo così molte volte, quando (come dice lo stesso Salmo al v. 4) “siamo troppo sazi” della sofferenza, dell’incertezza, della pena. Allora cerchiamo l’appoggio in Dio. Incominciamo a pregare perfino senza parole: leviamo gli occhi a Dio, leviamo l’anima, tutto il nostro essere. Con la preghiera si esprime interamente il modo cristiano della nostra esistenza. L’apostolo Paolo dice: “Mi vanterò... ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo;... quando sono debole, è allora che sono forte” (2Cor 12,9-10). Così scrive di se stesso un uomo, che ha sperimentato personalmente, e in modo particolare, la potenza della grazia di Dio. In mezzo alle difficoltà della vita, pregando, ha sentito la risposta del Signore: “Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza” (2Cor 12,9). La preghiera è la prima e fondamentale condizione della collaborazione con la grazia di Dio. Bisogna pregare per avere la grazia di Dio – e bisogna pregare per poter cooperare con la grazia di Dio. Tale è il vero ritmo della vita interiore del cristiano. Il Signore parla a ciascuno di noi, così come ha parlato all’Apostolo: “Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza”.
[Angelus, 4 luglio 1982]
9 luglio
 
Il Padre del Signore nostro Gesù Cristo penetri i nostri cuori con la sua luce per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati. Così preghiamo, attingendo abbondantemente dalla lettera agli Efesini. Uniamo questa preghiera con la nostra meditazione all’Angelus:
– “L’Angelo del Signore portò l’annuncio a Maria. Ed ella concepì per opera dello Spirito Santo”.
– “E il Verbo si è fatto carne. E abitò fra noi”.
E appunto, da quel preciso momento l’Eterno Padre penetrò i nostri cuori con la sua luce! Da quel momento sappiamo “a quale speranza ci ha chiamati”.
Uniamo la nostra preghiera con la meditazione sulla nostra chiamata: umana e cristiana. Siamo chiamati dall’eternità in Gesù Cristo: “Dio Padre in lui ci ha scelti prima della creazione del mondo...” (Ef 1,4); “per amore ci ha predestinati ad essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo” (Ef 1,5). In lui “abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, la remissione dei peccati secondo la ricchezza della sua grazia” (Ef 1,7). Ecco alcune frasi della lettera agli Efesini. Esse ci dicono a quale speranza Dio ci ha chiamati. Ci dicono a che cosa ha chiamato ognuno di noi l’Eterno Padre, già fin da qui in terra e nella prospettiva di tutta l’eternità. Queste parole parlano della elevazione soprannaturale di ogni uomo in Gesù Cristo: della dignità di figli adottivi di Dio, della quale siamo in lui gratificati.
[Angelus, 11 luglio 1982]
 
10 luglio
 
“Il Signore è il mio pastore: / non manco di nulla” (Sal 22 [23],1).
Nella liturgia rinnovata queste parole sono diventate a noi ancora più vicine. Ci piace cantarle, comprendendo bene il significato della metafora che si racchiude nelle parole del Salmo: “su pascoli erbosi mi fa riposare, / ad acque tranquille mi conduce. / Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, / per amore del suo nome” (Sal 22 [23],2-3). Cantiamo spesso queste parole per aprire davanti al Signore tutta la nostra anima – e tutto ciò che la travaglia: “Se dovessi camminare in una valle oscura, / non temerei alcun male, perché tu sei con me...” (Sal 22 [23],4).
Il nostro pellegrinaggio terrestre non è un andar raminghi per vie impervie. C’è un Pastore che ci conduce, che vuole il nostro bene e la nostra salvezza – non soltanto in questa vita, ma anche nell’eternità: “Felicità e grazia mi saranno compagne / tutti i giorni della mia vita, / e abiterò nella casa del Signore / per lunghissimi anni” (Sal 22 [23],6).
[Angelus, 18 luglio 1982]
 
11 luglio
 
“Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?” (Gv 6,5), così Cristo domandò a Filippo nei pressi del lago di Tiberiade, quando vide “che una grande folla veniva da lui” (Gv 6,5). Doveva parlare a quegli uomini sull’Eucaristia – proprio là nei pressi del lago di Galilea, dove si compì il primo annunzio dell’Eucaristia – ma prima egli ebbe cura del cibo per il loro corpo. La Chiesa ci ricorda quel colloquio con l’apostolo Filippo, come pure il miracolo della moltiplicazione di cinque pani e di due pesci. “E quando furono saziati, (Gesù) disse ai discepoli: "Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto"” (Gv 6,12).  Adoriamo e ringraziamo Dio anche per tutto il bene spirituale e materiale, che è necessario all’uomo per vivere: “Gli occhi di tutti sono rivolti a te, in attesa, / e tu provvedi loro il cibo a suo tempo. / Tu apri la tua mano / e sazi la fame di ogni vivente” (Sal 144 [145],15-16). “Ti lodino, Signore, tutte le tue opere” (Sal 144 [145],10). Che la preghiera dell’Angelus Domini sia adorazione di Dio, sia ringraziamento per tutto il bene che il Creatore ha destinato all’uomo nel mondo!
[Angelus, 25 luglio 1982]
 
12 luglio
 
"Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa... si può paragonare al lievito..." (Mt 13,31-33). Il regno dei cieli si può pure paragonare a un campo, in cui si semina il buon seme, ma un nemico semina zizzania in mezzo al buon grano. Il padrone lascia che l'uno e l'altra crescano insieme fino alla mietitura (cfr. Mt 13,24-30). Ricordando questo insegnamento, la Chiesa ci invita a trovare il nostro posto nel regno di Dio e a far si che esso cresca in ciascuno di noi. E perciò ci insegna a pregare. Infatti il regno di Dio cresce in noi, prima, mediante la preghiera. Nella preghiera la debolezza dell'uomo si incontra con la potenza di Dio. "Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito, poiché egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio" (Rm 8,26-27). Cosi scrive san Paolo apostolo ai romani. Nessuno degli uomini, nessuno dei santi, ha pregato cosi intensamente nello Spirito Santo come Maria. Quando recitiamo l'Angelus Domini preghiamo in unione con lei. Che lo Spirito Santo, per intercessione della Vergine santissima, suo tempio immacolato, sostenga la nostra preghiera, perché mediante essa si avvicini il regno di Dio in noi stessi e in tutto il creato!
[Angelus, 22 luglio 1984]
 
13 luglio
 
"Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio" (Mt 5,8).
La purezza di cuore, come ogni virtù, esige un quotidiano allenamento della volontà e una costante disciplina interiore. Richiede anzitutto l’assiduo ricorso a Dio nella preghiera. Le molteplici occupazioni e i ritmi accelerati della vita rendono talora difficile coltivare questa importante dimensione spirituale. Oggi si esaltano spesso il piacere, l'egoismo o addirittura l'immoralità, in nome di falsi ideali di libertà e di felicità. Bisogna riaffermare con chiarezza che la purezza del cuore e del corpo va difesa, perché la castità "custodisce" l'amore autentico.
Mentre auguro di trarre profitto dal riposo estivo per crescere spiritualmente, affido la gioventù a Maria, splendente di bellezza. Lei, aiuti tutti, specialmente gli adolescenti e i giovani, a scoprire il valore e l'importanza della castità per costruire la civiltà dell'amore.
[Angelus, 6 luglio 2003]
 
14 luglio
 
Ascoltare la Parola di Dio è la cosa più importante nella nostra vita.
Cristo è sempre in mezzo a noi e desidera parlare al nostro cuore. Lo possiamo ascoltare meditando con fede la Sacra Scrittura, raccogliendoci nella preghiera privata e comunitaria, soffermandoci in silenzio davanti al Tabernacolo, dal quale Egli ci parla del suo amore.
Specialmente alla Domenica, i cristiani sono chiamati ad incontrare e ascoltare il Signore. Ciò avviene nel modo più pieno mediante la partecipazione alla Santa Messa, nella quale Cristo imbandisce per i fedeli la mensa della Parola e del Pane di vita. Ma altri momenti di preghiera e riflessione, di riposo e fraternità possono utilmente concorrere a santificare il giorno del Signore.
Quando, per l’azione dello Spirito Santo, Dio prende dimora nel cuore del credente, diviene più facile servire i fratelli. Così è avvenuto in modo singolare e perfetto in Maria Santissima. A Lei affidiamo questo periodo di vacanze, affinché sia valorizzato come tempo propizio per riscoprire il primato della vita interiore.
[Angelus, 18 luglio 2004]
 
15 luglio
 
Beati sono piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano” (Lc 11, 28). Gesù conosceva bene sua Madre! Sapeva che ascoltava la parola di Dio “con cuore buono e perfetto” (Lc 8, 15). Sapeva che Ella la serbava “fedelmente” (cfr. Lc 2, 51) nel suo cuore (cfr. Lc 2, 19) e rifletteva sul suo senso (cfr. Lc 1, 29). Lei, la Madre del Figlio di Dio, ha unito la propria vita totalmente alla fedeltà alla parola di Dio. Incessantemente stava in ascolto di Dio, meditava le parole e gli eventi, accogliendo questa Rivelazione con tutto il suo essere nell’”obbedienza della fede”.
Il primo e il più perfetto frutto di tale donazione alla parola di Dio fu la sua maternità verginale. Con fede accolse il Verbo eterno, che per opera dello Spirito Santo in lei si fece carne per la salvezza dell’uomo. Obbediente alla volontà del Padre, fu per il Figlio di Dio non soltanto madre e protettrice, ma anche fedele collaboratrice nell’opera della Redenzione. Il frutto della sua vita maturò sotto la croce, dove nel modo umanamente più tragico, si rivelò la verità di Dio che è amore. Nello spirito di questo amore divino, obbediente alla chiamata del Figlio, ci accolse come suoi figli in Giovanni apostolo. E, quando dopo la risurrezione e l’ascensione di Cristo al cielo, perseverò, insieme agli Apostoli, in preghiera (cfr. At 1,14) e insieme ad essi sperimentò la discesa dello Spirito Santo, divenne Madre della Chiesa nascente. Questa mistica maternità si è rivelata pienamente nel mistero dell’ Assunzione al cielo.
[Angelus 6 giugno 1999]
 
16 luglio
 
Come sempre, ciò che Dio ci chiede ridonda a nostro vantaggio. L'esperienza mette in luce che l'osservanza della domenica, quale giorno di preghiera e di riposo, comporta un effetto rigeneratore e tonificante sull'esistenza umana. Si rischia non di rado, soprattutto oggi, di essere travolti dal ritmo frenetico degli impegni e degli eventi quotidiani. Ecco allora la domenica: come ben sottolinea il nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica, essa si erge quale protesta dello spirito contro l'asservimento del lavoro e il culto del denaro (cfr. CCC, 2172). Nello scorrere inesorabile del tempo la domenica viene ad aprire un varco al soprannaturale e all'eterno e propone all'uomo uno spazio contemplativo che lo aiuta a gustare in profondità la stessa esistenza terrena. Offre, inoltre, occasione e stimolo per stabilire ed approfondire contatti e rapporti sociali all'insegna della gratuità, dell'amicizia, dell'attenzione per chi è più solo e sofferente. Quando si trova tempo per Dio, si trova tempo anche per l’uomo. Impariamo dalla Vergine Santa il segreto di così riposante intimità con Dio. Modello sublime di silenzio e di contemplazione, Ella ci aiuti a sottrarci alla mortificante schiavitù delle "cose". Ci faccia riscoprire la bellezza del "giorno del Signore". Consacrando a Dio il nostro tempo, si addolcirà l'asprezza dell'affanno quotidiano; ci sentiremo toccati e come rigenerati da un alito di pace.
[Angelus, 28 marzo 1993]
 
17 luglio
 
«L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore» (Lc 1, 46).
Insieme con Maria, Madre di Gesù, lodiamo Dio e in Lui esultiamo, «perché ha guardato l'umiltà della sua serva» (Lc 1, 48) e l'ha scelta a collaborare all'opera della nostra salvezza. Grazie a Lei, Dio Padre ha fatto grandi cose nello Spirito Santo, mediante il suo Figlio Gesù Cristo. Il suo magnanimo fiat ha, in certo senso, aperto un nuovo cammino della storia, sul quale da duemila anni il Dio Incarnato procede fedelmente insieme all'uomo. Maria, Madre di Cristo e Madre della Chiesa, indica incessantemente questa presenza di Cristo, aiuta ad accettarla sempre di nuovo, a meditarla nel cuore e a gioire di essa. Insieme con Maria rendiamo grazie a Dio per i testimoni della sua presenza, cresciuti dalla nostra generazione. Lo lodiamo, credendo che da lui proviene la potenza che permette a uomini deboli di perseverare nell'amore, nonostante prove e dure esperienze; che l'esempio dei martiri rafforzi la nostra vita religiosa, la nostra speranza e la nostra fiducia; diventi sostegno per chi viene esposto alla tentazione del dubbio e dello scoraggiamento dalla difficile quotidianità. Non cessiamo mai di attingere da Cristo, Figlio di Maria, quella forza che colma il cuore umano del coraggio della fede, della fiducia nella Divina Provvidenza e dell'amore più forte della morte!
[Angelus, 13 giugno 1999]
 
18 luglio
 
 
“Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli...” (Mt 11,25).
Questa frase del Vangelo  si affaccia alla mente nel momento in cui ci siamo riuniti per la recita dell’Angelus. Maria è colei alla quale è stato rivelato di più, nel momento in cui si presentò innanzi a Lei l’Angelo del Signore, annunziando: “Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù” (Lc 1,31). A Lei per prima giunge questa Verità che trasforma il mondo..., Verità tanto spesso nascosta “ai sapienti ed agli intelligenti” di questo mondo... Ed Essa, Maria di Nazaret, l’accetta con la massima semplicità dello spirito e, perciò, nella più autentica pienezza. Riunendoci per la preghiera dell’Angelus, apriamo continuamente i nostri cuori alla stessa Verità Divina con una simile semplicità! Giunga essa a noi sempre di nuovo, nei diversi luoghi e nelle diverse circostanze della vita, sia nel lavoro che nel riposo, come adesso nel tempo delle vacanze. Questa Verità Divina ci permetta di costruire dappertutto e quotidianamente la vita alla quale siamo stati chiamati in Cristo...: ci permetta ripetere con Cristo: “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra”. Tale frutto della preghiera dell’Angelus io invoco sia per voi, cari fratelli e sorelle, sia per me.
[Angelus, 5 luglio 1981]
 
19 luglio
 
Secondo una felice tradizione della Chiesa cattolica, l'Angelus ricorda ogni giorno l'aurora della nostra salvezza: l'annuncio a Maria, la sua risposta il suo «fiat» e l'incarnazione del Figlio di Dio nel suo seno. Il suo «fiat» gioioso di Nazaret testimonia la sua libertà interiore, fatta di fiducia e di serenità.  Ella non sapeva come si sarebbe dovuto svolgere il servizio al Signore, né quale sarebbe stata la vita di suo Figlio. «Ecco la serva del Signore». E' la volontà del Signore che sarà la luce della sua vita, la sua pace nella sofferenza e la sua gioia. Con lo stesso cuore ella è serva del Signore e attenta ai suoi fratelli.  Così, mettendosi a servizio dei fratelli, con un'attenzione tutta particolare ai più poveri di essi, l'uomo non solo contribuisce a rendere più ospitale e più giusta la nostra terra, ma riesce a
superare le angosce e le  paure, derivate dal cattivo uso della libertà. In mezzo a tanti uomini che servono se stessi, invece di servire il loro prossimo, il cristiano contempla in Cristo colui che si è fatto uomo per servire, e in Maria la serva del Signore.
La disponibilità di Maria, la sua apertura di cuore, è opera dello Spirito Santo. «Lo Spirito Santo scenderà su di te». Ella ha come «sposato» lo Spirito Santo. Fin dai primi istanti dell'incarnazione, per ispirazione dello Spirito Santo, ella canta al Signore il Magnificat, che esprime lo slancio di un cuore nuovo. In lei si realizza in modo stupendo la profezia di Ezechiele: «Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo» (Ez 36,26). Insieme a lei dobbiamo senza posa chiedere allo Spirito Santo un cuore nuovo, la cui trasparenza lasci penetrare la verità che rende liberi e accolga l'amore di Dio per diffonderlo nel mondo, verso tutti gli uomini di cui Dio vuole la salvezza.
[Angelus, 17 giugno 1984]
 
20 luglio
 
"Cuore di Gesù, propiziazione per i nostri peccati".
Il cuore di Gesù è sorgente di vita, perché per esso si attua la vittoria sulla morte. E' sorgente di santità, perché in esso viene vinto il peccato che è avversario della santità nel cuore dell'uomo. Gesù, che la domenica di risurrezione entra attraverso la porta chiusa, nel cenacolo, dice agli apostoli: "Ricevete lo Spirito Santo, a chi rimetterete i peccati saranno rimessi" (Jn 20,23). E cio dicendo, mostra loro le mani e il costato, in cui sono visibili i segni della crocifissione. Mostra il costato - luogo del cuore trafitto dalla lancia del centurione. Così dunque gli apostoli sono stati chiamati a ritornare al cuore, che è propiziazione per i peccati del mondo. E con loro anche noi siamo chiamati. La potenza della remissione dei peccati, la potenza della vittoria sul male che alberga nel cuore dell'uomo, si racchiude nella passione e nella morte di Cristo redentore. Un segno particolare di questa potenza redentrice è proprio il cuore. Una fiamma viva di amore ha consumato il cuore di Gesù sulla croce. Questo amore del cuore fu la potenza propiziatrice per i peccati. L'amore che ha consumato il cuore di Gesù - l'amore che ha causato la morte del suo cuore - era ed è una potenza invincibile. Mediante l'amore del cuore divino, la morte ha riportato la vittoria sul peccato. E' divenuta sorgente di vita e di santità.
Cristo stesso conosce fino in fondo questo mistero redentore del suo cuore. Ne è il testimone immediato. Quando dice agli apostoli: "Ricevete lo Spirito Santo per la remissione dei peccati", rende testimonianza a quel cuore che è propiziazione per i peccati del mondo. Maria, che sei rifugio dei peccatori, avvicinaci al cuore del tuo Figlio!
[Angelus, 17 agosto 1986]
 
21 luglio
 
"Cuore di Gesù, ricoperto di obbrobri".
Le parole delle litanie del Sacro Cuore ci aiutano a rileggere il Vangelo della Passione di Cristo. Ripassiamo con gli occhi dell'anima attraverso quei momenti e avvenimenti: dalla cattura nel Getsemani al giudizio di Anna e di Caifa, all'incarcerazione notturna, alla sentenza mattutina del sinedrio, al tribunale del governatore romano, al tribunale di Erode galileo, alla flagellazione, all'incoronazione di spine, alla sentenza di crocifissione, alla "via crucis" fino al luogo del Golgota, e, attraverso l'agonia sull'albero dell'ignominia, fino all'ultimo "Tutto è compiuto". Cuore di Gesù, ricoperto di obbrobri.
Cuore di Gesù - il cuore umano del Figlio di Dio -: quanto consapevole della dignità di ogni uomo, quanto consapevole della dignità di Dio-Uomo. Cuore del Figlio, che è Primogenito di ogni creatura: quanto consapevole della peculiare dignità dell'anima e del corpo dell'uomo, quanto sensibile per tutto ciò che offende questa dignità: "ricoperto di obbrobri". Ecco le parole di Isaia profeta: "Come molti si stupiranno di lui: tanto era sfigurato per essere d'uomo il suo aspetto e diversa la sua forma da quella dei figli dell'uomo" (Is 52,14). "...Uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia, era disprezzato e non ne avevano alcuna stima..." (Is 53,3). Cuore di Gesù, ricoperto di obbrobri! Cuore di Gesù ricoperto di obbrobri! Segno di contraddizione... "E anche a te una spada trafiggerà l'anima (Lc 2,34-35).
[Angelus, 24 agosto 1986]
 
22 luglio
 
"Cuore di Gesù, formato dallo Spirito Santo nel seno della Vergine Maria, abbi pietà di noi".
Troviamo qui l'eco di un articolo centrale del Credo, in cui professiamo la nostra fede in "Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio", il quale "discese dal cielo e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo". La santa umanità di Cristo, dunque, è opera dello Spirito divino e della Vergine di Nazaret. E' opera dello Spirito. Ciò afferma esplicitamente l'evangelista Matteo, riferendo le parole dell'angelo a Giuseppe: "Quel che è generato in Lei (Maria), viene dallo Spirito Santo" (Mt 1,20); e lo afferma pure l'evangelista Luca, riportando le parole di Gabriele a Maria: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su di te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo" (Lc 1,35).  . …
D'altra parte, l'umanità di Cristo è anche opera della Vergine. Lo Spirito ha plasmato il Cuore di Cristo nel grembo di Maria, che ha collaborato attivamente con lui come madre e come educatrice:
- come madre, ella ha aderito consapevolmente e liberamente al progetto salvifico di Dio Padre, seguendo trepida, in adorante silenzio, il mistero della vita che in lei era germogliata e si sviluppava;
- come educatrice, ella ha plasmato il Cuore del proprio Figlio, introducendolo, insieme con san Giuseppe, nelle tradizioni del popolo eletto, inspirandogli l'amore alla legge del Signore, comunicandogli la spiritualità dei "poveri del Signore". Ella l'ha aiutato a sviluppare la sua intelligenza e ha esercitato un sicuro influsso nella formazione del suo temperamento. Pur sapendo che il suo Bambino la trascendeva, perché "Figlio dell'Altissimo" , non per questo la Vergine fu meno sollecita della sua educazione umana .
 [Angelus, 2 luglio 1989]
 
23 luglio
 
"Cuore di Gesù, unito alla persona del Verbo di Dio, abbi pietà di noi".
L'espressione "Cuore di Gesù" richiama subito alla mente l'umanità di Cristo, e ne sottolinea la ricchezza dei sentimenti, la compassione verso gli infermi; la predilezione per i poveri; la misericordia verso i peccatori; la tenerezza verso i bambini; la fortezza nella denuncia dell'ipocrisia, dell'orgoglio, della violenza; la mansuetudine di fronte agli oppositori; lo zelo per la gloria del Padre e il giubilo per i suoi disegni di grazia, misteriosi e provvidenti.  In riferimento ai fatti della Passione, l'espressione "Cuore di Gesù" richiama poi la tristezza di Cristo per il tradimento di Giuda, lo sconforto per la solitudine, l'angoscia dinanzi alla morte, l'abbandono filiale e obbediente nelle mani del Padre. E dice soprattutto l'amore che sgorga inarrestabile dal suo intimo: amore infinito verso il Padre e amore senza limiti verso l'uomo. Contempliamo con Maria il Cuore di Cristo. La Vergine visse nella fede, giorno dopo giorno, accanto al suo Figlio Gesù: sapeva che la carne di suo Figlio era fiorita dalla sua carne verginale; ma intuiva che egli, perché "Figlio dell'Altissimo" (Lc 1,32) la trascendeva infinitamente: il Cuore del suo Figlio era, appunto, "unito alla Persona del Verbo". Per questo ella lo amava come Figlio suo e, al tempo stesso, lo adorava come suo Signore e suo Dio. Che ella conceda anche a noi di amare ed adorare il Cristo, Dio e uomo, sopra ogni cosa, "con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente" (cfr. Mt 22,37). In tal modo, seguendo il suo esempio, saremo oggetto delle predilezioni divine e umane del Cuore del suo Figlio.
[Angelus, 9 luglio 1989]
24 luglio
 
"Cuore di Gesù, obbediente fino alla morte, abbi pietà di noi".
Questa invocazione delle litanie del Sacro Cuore ci invita a contemplare il Cuore di Cristo obbediente. Tutta la vita di Gesù è posta sotto il segno di una perfetta obbedienza alla volontà del Padre, suprema e coeterna sorgente del suo essere: una è la loro potenza e gloria, una la sapienza, reciproco l'infinito amore. Per questa comunione di vita e di amore il Figlio aderisce pienamente al progetto del Padre, che vuole la salvezza dell'uomo mediante l'uomo: nella "pienezza del tempo" nasce dalla Vergine madre con un cuore obbediente per riparare il danno causato alla stirpe umana dal cuore disobbediente dei progenitori.
Perciò, entrando nel mondo, Cristo dice: "Ecco io vengo... per fare, o Dio, la tua volontà" (Eb 10,5 Eb 10,7). "Obbedienza" è il nome nuovo dell'"amore"!
Nel corso della sua vita, i Vangeli ci mostrano Gesù sempre intento a fare la volontà del Padre….Gesù obbedisce fino alla morte benché nulla gli sia tanto radicalmente opposto quanto la morte, giacché egli è la sorgente stessa della vita.
 Contemplando questa vita, unificata dall'obbedienza filiale al Padre, comprendiamo la parola dell'Apostolo: "Per l'obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti" (Rm 5,19), e l'altra, misteriosa e profonda, della lettera agli Ebrei: "Pur essendo Figlio, imparo l'obbedienza dalle cose che pati e reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che obbediscono" (5,8-9).
 Ci aiuti Maria santissima, la Vergine del "Fiat" trepido e generoso, ad "imparare", pure noi, questa fondamentale lezione.
[Angelus, 23 luglio 1989]
 
25 luglio
 
"Cuore di Gesù, trafitto dalla lancia, abbi pietà di noi".
Lungo i secoli, poche pagine del Vangelo hanno attirato tanto l'attenzione dei mistici, degli scrittori spirituali e dei teologi quanto la pericope giovannea che narra la morte gloriosa di Cristo e la trafittura del costato. Nel Cuore trafitto noi contempliamo l'obbedienza filiale di Gesù al Padre, il cui incarico egli porto coraggiosamente a compimento, e il suo amore fraterno per gli uomini, che egli "amo sino alla fine" (Gv 13,1), cioè sino all'estremo sacrificio di sè. Il Cuore trafitto di Gesù è il segno della totalità di questo amore in direzione verticale e orizzontale, come le due braccia della Croce. Il Cuore trafitto è anche simbolo della vita nuova, data agli uomini mediante lo Spirito e i sacramenti. Non appena il soldato ebbe vibrato il colpo di lancia, dal costato ferito di Cristo "usci sangue ed acqua" (Gv 19,34). Il colpo di lancia attesta la realtà della morte di Cristo. Egli è veramente morto, com'era veramente nato, come veramente risorgerà nella sua stessa carne. Contro ogni tentazione antica o moderna di docetismo, di cedimento all'"apparenza", l'Evangelista richiama tutti alla scarna certezza della realtà. Ma, al tempo stesso, tende ad approfondire il significato dell'evento salvifico ed esprimerlo attraverso il simbolo. Egli, perciò, nell'episodio del colpo di lancia, vede un profondo significato: come dalla roccia colpita da Mosè scaturì nel deserto una sorgente d'acqua, cosi dal costato di Cristo, ferito dalla lancia, è sgorgato un torrente d'acqua per dissetare il nuovo Popolo di Dio. Tale torrente è il dono dello Spirito, che alimenta in noi la vita divina.
[Angelus, 30 luglio 1989]
 
26 luglio
 
"Cuore di Gesù, trafitto dalla lancia, abbi pietà di noi".
Dal Cuore trafitto di Cristo scaturisce la Chiesa. Come dal costato di Adamo addormentato fu tratta Eva, sua sposa, cosi - secondo una tradizione patristica risalente ai primi secoli - dal costato aperto del Salvatore, addormentato sulla Croce nel sonno della morte, fu tratta la Chiesa, sua sposa; essa si forma appunto dall'acqua e dal sangue - Battesimo e Eucaristia -, che sgorgano dal Cuore trafitto. Giustamente perciò la costituzione conciliare sulla liturgia afferma: "Dal costato di Cristo morto sulla croce è scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa" ("Sacrosanctum Concilium", 5).  Accanto alla Croce, annota l'Evangelista, c'era la Madre di Gesù. Ella vide il Cuore aperto dal quale fluivano sangue e acqua - sangue tratto dal suo sangue - e comprese che il sangue del Figlio era versato per la nostra salvezza. Allora capi fino in fondo il significato delle parole che il Figlio le aveva rivolto poco prima; "Donna, ecco il tuo figlio" (Gv 19,26): la Chiesa che sgorgava dal Cuore trafitto era affidata alle sue cure di Madre. Chiediamo a Maria di guidarci ad attingere sempre più abbondantemente alle sorgenti di grazia fluenti dal Cuore trafitto di Cristo.
[Angelus, 30 luglio 1989]
 
27 luglio
 
"Cuore di Gesù, fonte di ogni consolazione, abbi pietà di noi".
Iddio, creatore del cielo e della terra, è pure "il Dio di ogni consolazione" (2Co 1,3 cfr. Rm 15,5). Numerose pagine dell'antico testamento ci mostrano Dio che, nella sua grande tenerezza e compassione, consola il suo popolo nell'ora dell'afflizione. Per confortare Gerusalemme, distrutta e desolata, il Signore invia i suoi profeti e portare un messaggio di consolazione…. In Gesù, vero Dio e vero uomo, nostro fratello, il "Dio-che-consola" si è fatto presente in mezzo a noi… In tutta la vita di Cristo, la predicazione del Regno fu un ministero di consolazione: annuncio di un lieto messaggio ai poveri, proclamazione di libertà per gli oppressi, di guarigione per gli infermi, di grazia e di salvezza per tutti…. La consolazione che proveniva dal Cuore di Cristo era condivisione della sofferenza umana; volontà di lenire l'ansia e di alleviare la tristezza; segno concreto di amicizia. Nelle sue parole e nei suoi gesti di consolazione si coniugavano mirabilmente la ricchezza del sentimento con l'efficacia dell'azione. Il Cuore del Salvatore è ancora, anzi è primordialmente "fonte di consolazione", perché Cristo dona, insieme col Padre, lo Spirito Consolatore.
"Cuore di Cristo, fonte di ogni consolazione, abbi pietà di noi".
[Angelus, 13 agosto 1989]
 
28 luglio
 
"Cuore di Gesù, nostra vita e risurrezione, abbi pietà di noi".
Questa invocazione delle litanie del Sacro Cuore, forte e convinta come un atto di fede, racchiude in una frase lapidaria tutto il mistero di Cristo redentore. Essa richiama le parole rivolte da Gesù a Marta, affranta per la morte del fratello Lazzaro: "Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me anche se muore, vivrà" (Gv 11,25).
Gesù è vita in se stesso: "Come il Padre ha la vita in se stesso - egli dichiara -, cosi ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso" (Gv 5,26). Nell'intimo essere di Cristo, nel suo Cuore, la vita divina e la vita umana si congiungono armonicamente, in piena e inscindibile unità. Ma Gesù è anche vita per noi. "Dare la vita" è lo scopo della missione che egli, Buon Pastore. ha ricevuto dal Padre. Gesù è anche la risurrezione. ..Dinanzi ad ogni espressione di morte, il Cuore di Cristo si è commosso profondamente, e per amore del Padre e degli uomini, suoi fratelli, ha fatto della sua vita un "prodigioso duello" contro la morte.
Nessuno, quanto Maria ha sperimentato che il Cuore di Gesù è "vita e risurrezione": da lui, vita, Maria ha ricevuto la vita della grazia originale e, nell'ascolto della sua parola e nell'osservazione attenta dei suoi gesti salvifici, ha potuto custodirla e nutrirla; da lui, risurrezione, ella è stata associata in modo singolare alla vittoria sulla morte.
[Angelus, 27 agosto 1989]
 
29 luglio
 
"Cuore di Gesù, nostra pace e riconciliazione abbi pietà di noi".
Recitando con fede questa bella invocazione delle litanie del Sacro Cuore, un senso di fiducia e di sicurezza si diffonde nel nostro animo: Gesù è veramente la nostra pace, la nostra suprema riconciliazione.
Gesù è la nostra pace. E' noto il significato biblico del termine "pace": esso indica, in sintesi, la somma dei beni che Gesù, il Messia, ha portato agli uomini. Per questo, il dono della pace segna l'inizio della sua missione sulla terra, ne accompagna lo svolgimento, ne costituisce il coronamento… Gesù è, al tempo stesso, la nostra riconciliazione. In seguito al peccato si è prodotta una profonda e misteriosa frattura tra Dio, il creatore, e l'uomo, sua creatura. Tutta la storia della salvezza altro non è che il resoconto mirabile degli interventi di Dio in favore dell'uomo perché questi, nella libertà e nell'amore, ritorni a lui; perché alla situazione di frattura succeda una situazione di riconciliazione e di amicizia, di comunione e di pace.
In tutto simile al Cuore del Figlio è il cuore della Madre. Anche la beata Vergine è per la Chiesa una presenza di pace e di riconciliazione: non è lei che, per mezzo dell'angelo Gabriele, ha ricevuto il più grande messaggio di riconciliazione e di pace, che Dio abbia mai inviato al genere umano? Maria ha dato alla luce colui che è la nostra riconciliazione; ella stava accanto alla Croce, allorché, nel sangue del Figlio Dio ha riconciliato "a sé tutte le cose" (Col 1,20); ora, glorificata in cielo, ha - come ricorda una preghiera liturgica - "un cuore pieno di misericordia verso i peccatori,  che volgendo lo sguardo alla sua carità materna, in lei si rifugiano e implorano il perdono" di Dio.
[Angelus, 3 settembre 1989]
 
30 luglio
 
"Cuore di Gesù, vittima dei peccati, abbi pietà di noi".
Questa invocazione delle litanie del Sacro Cuore ricorda che Gesù, secondo la parola dell'apostolo Paolo, "è stato messo a morte per i nostri peccati" (Rm 4,25); benché, infatti, egli non avesse commesso peccato, "Dio lo ha trattato da peccato in nostro favore" (2Co 5,21). Sul Cuore di Cristo gravo, immane, il peso del peccato del mondo. In lui si è compiuta in modo perfetto la figura dell'"agnello pasquale", vittima offerta a Dio perché nel segno del suo sangue fossero risparmiati i primogeniti degli Ebrei. Gesù è vittima volontaria, perché si è offerto "liberamente alla sua passione", quale vittima di espiazione per i peccati degli uomini. che ha consumato nel fuoco del suo amore.
Gesù è vittima eterna. Risorto da morte e glorificato alla destra del Padre, egli conserva nel suo corpo immortale i segni delle piaghe delle mani e dei piedi forati, del costato trafitto e li presenta al Padre nella sua incessante preghiera di Intercessione in nostro favore.
A Maria affidiamo la nostra preghiera, mentre diciamo al Figlio suo Gesù: Cuore di Gesù, vittima dei nostri peccati, accogli la nostra lode, la gratitudine perenne, il pentimento sincero. Abbi pietà di noi, oggi e sempre.
[Angelus, 10 settembre 1989]
 
31 luglio
 
"Cuore di Gesù, salvezza di coloro che sperano in te, abbi pietà di noi".
Nella Sacra Scrittura ricorre costantemente l'affermazione che il Signore è "un Dio che salva" e che la salvezza è un dono gratuito del suo amore e della sua misericordia. L'apostolo Paolo, in un testo di alto valore dottrinale, afferma incisivamente: Dio "vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" (1Tm 2,4 cfr. 1Tm 4,10).
Questa volontà salvifica, che si è manifestata in tanti mirabili interventi di Dio nella storia, ha raggiunto il suo culmine in Gesù di Nazaret, Verbo incarnato, Figlio di Dio e Figlio di Maria. … Gesù è l'epifania dell'amore salvifico del Padre…In Gesù, infatti, tutto è in funzione della sua missione di salvatore: Gesù significa "Dio salva".
Nel Cuore di Cristo noi possiamo, dunque, riporre la nostra speranza. Quel Cuore - dice l'invocazione - è salvezza "per coloro che sperano in lui". Il Signore stesso che, la vigilia della sua Passione, chiese agli apostoli di avere fiducia in lui - "Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fiducia in Dio e abbiate fiducia anche in me" (Gv 14,1) - chiede a noi di confidare pienamente in lui: ce lo chiede perché ci ama, perché, per la nostra salvezza, ha avuto il Cuore trafitto, le mani e i piedi forati. Chiunque confida in Cristo e crede nella potenza del suo amore, rinnova in sè l'esperienza di Maria di Magdala, quale ce la presenta la liturgia pasquale: "Cristo, mia speranza. è risorto!". Rifugiamoci, dunque, nel Cuore di Cristo! Egli ci offre una Parola che non passa, un amore che non viene che non viene meno, un'amicizia che non s'incrina, una presenza che non cessa.
 La beata Vergine, "che accolse nel suo cuore immacolato il Verbo di Dio e merito di concepirlo nel suo grembo verginale" ci insegni a riporre nel Cuore del suo Figlio la nostra totale speranza, nella certezza che questa non sarà delusa.
[Angelus, 17 settembre 1989]