FRATELLI TUTTI
Capitolo 3
Pensare e generare un mondo aperto

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8 capitoli, 287 paragrafi, 123 pagine. Questi i dati sintetici della nuova Enciclica che il Santo Padre Francesco ha firmato sulla tomba di San Francesco d’Assisi il 3 ottobre 2020. E’ la sua terza Enciclica dopo «Lumen Fidei» (29 giugno 2013) e «Laudato siì» (24 maggio 2015). E’ stata resa pubblica il giorno 4 ottobre, festa di San Francesco.  Il nucleo tematico è rappresentato dalla fraternità e dalla amicizia sociale
 

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Papa Francesco dedica il capitolo terzo di Fratelli tutti a Pensare e generare un mondo aperto. Comprende 40 numeri ed è uno dei più lunghi dell'intero documento. Si può dire che in esso il Papa pone le basi dottrinali di tutta la sua esposizione. Da qui il suo interesse.

 

Il capitolo inizia con alcune parole del Concilio Vaticano II che richiamano uno degli insegnamenti più belli e profondi di san Giovanni Paolo II nella prima delle sue encicliche. "L'essere umano, scrive Papa Francesco, è fatto in modo tale che non si realizza, non si sviluppa, né può trovare la sua pienezza" se non è nella dedizione sincera di sé agli altri" (87). O come dice in seguito: "Nessuno matura o raggiunge la pienezza isolandosi" (95). O, ancora: chi non ama, non può arrivare a conoscere o svilupparsi o raggiungere la sua pienezza di essere umano. Siamo fatti per l'amore.

 

Papa Francesco può ora entrare in un discorso culturale decisivo e concretissimo, per aiutarci a pensare e generare un mondo aperto. In netta contrapposizione con quella logica di chiusura, frutto della paura,  che aveva analizzato nel primo capitolo. 

 

Così se per il capitolo secondo la parola chiave era quella di star vicino, di farsi prossimo, ora è quella di guardare al di là, oltre le cose che si vedono. È la "legge dell'estasi" (88), che porta a uscire da se stessi, dal recinto egoistico, per trovare negli altri la crescita del proprio io. Non puoi crescere senza gli altri.

 

Papa Francesco esorta a "uscire da noi stessi" aprendosi al prossimo secondo il dinamismo della carità che ci fa tendere alla “comunione universale”. Del resto, ricorda l'enciclica, la statura spirituale della vita umana è definita dall'amore che è sempre "primo" e ci porta a cercare il meglio per la vita degli altri, lontano da ogni egoismo.

 

Anche l'altezza morale e spirituale della persona è determinata dall'amore verso Dio e per gli altri, "criterio per la decisione definitiva sulla valutazione positiva o negativa di una vita umana", afferma Francesco con le parole di Benedetto XVI (92 ). È noto l'insegnamento di san Paolo, secondo il quale nessuna delle virtù è “come Dio le intende”, se non è influenzata dalla carità, dal dinamismo dell'apertura.

Ebbene, dice il Papa, solo in questo modo di relazionarsi vi è “amicizia sociale” che non esclude nessuno e “fraternità aperta a tutti” (94), perché l'amore esige una crescente e progressiva apertura agli altri, per abbracciarli tutti , anche quelli che non fanno parte di noi.

 

Ciò premesso, propone che una società fraterna sia quella che promuove l'educazione al dialogo per sconfiggere il "virus dell'individualismo radicale" e permettere a tutti di dare la "missione educativa primaria ed essenziale". Per realizzare questo tipo di società ci sono due strumenti: la benevolenza, cioè il desiderio concreto del bene dell'altro; e la solidarietà che si occupa della fragilità e si esprime al servizio delle persone e non delle ideologie, lottando contro la povertà e la disuguaglianza.

 

Il Papa afferma che il diritto di vivere con dignità non può essere negato a nessuno, e poiché i diritti non hanno confini, nessuno può essere escluso, indipendentemente da dove sia nato. Da questo punto di vista, il Papa ricorda anche che bisogna pensare a "un'etica delle relazioni internazionali", perché ogni Paese viene anche dall'estero ei beni del territorio non possono essere negati a chi ha bisogno e viene da un altro luogo.

 

Così si genera l’amicizia sociale. Vincendo il razzismo e la mentalità xenofoba, accoglieremo i disabili come stiamo facendo in diverse comunità religiose, vivendo in un mondo a colori e non nel grigiore della paura, facendo sognare i bambini con la gioia di un mondo nuovo, oppure accompagnando gli anziani per un loro serena vecchiaia. 

 

Non basta sentirsi “soci, ma dobbiamo vivere da fratelli e sorelle! L’essere soci è una relazione imperfetta, pur se utile, perché permette di consolidare i vantaggi personali. Ma la parola  “prossimo” acquista invece il suo significato di gratuità relazionale, come pienezza di relazioni sociali, oltre gli stretti interessi diretti (102).

 

Affinché ciò non accada, avverte Papa Francesco, occorre il fermento della fraternità in quanto essa ha qualcosa di positivo da offrire alla libertà e all’uguaglianza. Senza di questa la libertà finisce infatti per immiserirsi a condizione di solitudine, di pura autonomia per appartenere a qualcuno o a qualcosa, o solo per possedere e godere; mentre l’uguaglianza può facilmente ridursi a privilegio di soci di mondi chiusi.  

 

La libertà senza fraternità può sfociare in un'autoaffermazione egoistica ed esclusiva; e la fratellanza senza libertà può tradursi in egualitarismo che soffoca l'individuo e priva gli altri dei loro particolari doni e ricchezze. Il Papa, quindi, dà un sì deciso alla libertà delle persone e dei popoli che permette loro di sviluppare le proprie capacità e, nello stesso tempo, pronuncia un altro altrettanto energico sì alla fraternità, allo spirito che anima i responsabili della fragilità di altri (cf. 115).

 

La fraternità, infatti, supera ogni confine, genera relazioni che vanno oltre il mio o il tuo, per creare il “nostro”! Questo diventa decisivo davanti alla proprietà personale. Il Papa (come del resto i suoi predecessori, in tante dichiarazioni!) non la nega. Ma le affida una funzione più grande e più vasta. Se abbiamo proprietà e beni, non è per goderceli da soli. Ma per custodirli con cura, per la gioia di tutti, per il benessere universale e non privatistico.

 

Pertanto, l'enciclica dedica un'attenzione particolare alla solidarietà , che definisce come atteggiamento sociale - un modo di essere e comportarsi nei confronti degli altri -, e come virtù morale, derivata dalla giustizia che porta a dare a ciascuno ciò che è proprio, ciò che appartiene a te. La solidarietà traduce in pratica la consapevolezza che con gli altri formiamo un tutt'uno, che siamo parte della stessa realtà. Ciascuno, quindi, è influenzato da ciò che accade agli altri; in ognuno ciò che accade all'altro risuona e vibra. È anche per questo motivo che ci sentiamo responsabili degli altri, in particolare dei più “fragili della nostra famiglia, della nostra società, dei nostri popoli” (ibidem). Conoscere o sentirsi solidali, parte di un tutto, dovrebbe tradursi in servizio, nel mettere ciò che è nostro a disposizione degli altri, nell'ampliare la loro capacità di generare il bene, cercando la promozione del fratello.

 

La solidarietà è in contrasto con le sue imitazioni che sono ritenute entrambe interessate e quindi false. La solidarietà è “pensare e agire in termini di comunità, priorità per la vita di tutti rispetto all'appropriazione dei beni da parte di alcuni. Combatte anche le cause strutturali della povertà, della disuguaglianza, della mancanza di lavoro, della terra e degli alloggi, della negazione dei diritti sociali e del lavoro ”(116).

 

La funzione sociale della proprietà prevale su quella privata! E non solo all’interno di uno stesso Stato, ma anche per un mondo senza frontiere, dove i beni della terra devono essere accessibile a tutti, anche per chi viene da fuori, da altre nazioni, da altre terre. Scrive in proposito: “Il diritto di alcuni alla libertà di impresa o di mercato non può stare al di sopra dei diritti dei popoli e della dignità dei poveri; e neppure al di sopra del rispetto dell’ambiente, poiché «chi ne possiede una parte è solo per amministrarla a beneficio di tutti»  (122).

 

La solidarietà, che l’Enciclica definisce come virtù morale e atteggiamento sociale al servizio degli altri, non è sinonimo della fraternità, l’una essendo fondata sull’appartenere alla stessa famiglia umana e l’altra sull’essere figli dello stesso Padre. Certo è che presa sul serio, la solidarietà di tutti, tanto più se lievitata dalla fraternità dei credenti in quel dialogo con le persone di buona volontà desiderato da Papa Francesco, fa sperare che un mondo migliore sia possibile. 

 

E’ in pieno la bellezza e attualità del nostro voto di povertà, collegato a quello di castità ed obbedienza. I tre voti sono già un generare un mondo aperto, nuovo, fatto di speranza, in un’altra logica (127) che fonda un’altra umanità, perché è possibile desiderare un altro pianeta che assicuri le tre cose grandi e decisive: terra, casa e lavoro per tutti!

 

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