Dottrina Sociale della Chiesa
Dignità della persona umana e ordine sociale

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Abbiamo iniziato alcune riflessioni sulla Dottrina sociale della Chiesa, che fa parte della missione evangelizzatrice della Chiesa. Questa Dottrina è il risultato dell’applicazione della luce del Vangelo ai vari problemi o questioni sociali che sorgono nel corso degli anni. Come abbiamo detto, la Dottrina sociale della Chiesa è strutturata sulla base di un principio di riflessione e di regole, da cui vengono emesse le "linee guida" al servizio delle azioni giuste.
I principi fondamentali della Dottrina sociale della Chiesa sono: la dignità della persona umana, il bene comune, la solidarietà e la sussidiarietà e la proprietà privata. Oggi tratteremo il primo, la dignità della persona umana, un vero principio fondamentale su cui si basa la suddetta Dottrina. Gli altri principi hanno in essa la loro fonte e il loro fondamento.
Il Concilio Vaticano II afferma che ciò che costituisce la trama e, in un certo senso, la guida di tutta la Dottrina sociale della Chiesa è la concezione corretta della persona umana e del suo valore unico, perché egli è l’unica creatura terrena a cui Dio ha amato per sé.
Come creatura è un altro tra di loro, ma allo stesso tempo è al di sopra di tutti gli altri, come tutti dicono relazione con l’uomo. Nella sua unità di corpo e anima, dice la stessa Costituzione pastorale, "l'uomo costituisce una sintesi dell'universo materiale, che raggiunge attraverso l'uomo la sua cima più alta" (14).
La persona umana è dunque la creatura di questo mondo che gode di maggiore dignità. Amato da Dio da Dio, non può essere usato come mezzo per raggiungere un fine. È, piuttosto, la fine di tutte le altre cose del mondo. Affermazioni che oggi hanno un’indubbia attualità, quando vediamo le numerose manifestazioni, teoriche e pratiche, del cosiddetto “animalismo”, che vede nell’uomo un animale in più tra coloro che popolano il nostro mondo.
Il valore incomparabile della persona umana è dovuto al fatto che egli si riferisce a Dio, che l’ha creato a sua immagine e somiglianza, che è al di là di lui, la trascende ed è la fonte del suo valore molto speciale, ben al di sopra, infatti, quello delle altre creature di questo mondo. Una dignità molto speciale, sì, ma sempre dignità di una creatura che, per la stessa ragione, non è né autonoma né autosufficiente.
Il pensiero come radicalmente indipendente da Dio equivale a negare noi stessi come esseri creati da Dio, dotati di una natura più grande di quella di altri esseri; ma così facendo ci autodistrugge, perché eliminiamo il fondamento originale e permanente della nostra esistenza e della nostra dignità superiore. La presunta autosufficienza dell’uomo non ci eleva alla nostra reale condizione, non ci rende “dei”, ma ci abbassa alla condizione di una creatura tra gli altri. La differenza di dignità sarebbe graduale, non radicale.
La dignità radicale della persona non si perde a causa dell’indubbia presenza del peccato nella nostra vita; non è distrutta rifiutando di riconoscere l’ordinazione di Dio come nostro fine ultimo; ma ignorando o rompendo l’ordinazione di Dio stessa non cessa di avere conseguenze fatali, sia per se stessi che per i rapporti con gli altri e con il resto della creazione (cfr. ibídem 13) - Si tratta di un'azione. Il disordine nei nostri rapporti con Dio non è lungo nel trasformarsi in disordine sociale.
Al contrario, la redenzione degli uomini compiuta dal nostro Signore Gesù Cristo fa raggiungere altezze inimmaginabili: liberate da Cristo dalla servitù del peccato, dal disordine che ha introdotto nel mondo, la via è facilitata per raggiungere un ordine più giusto nelle relazioni sociali.

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