Ancora sul tempo ordinario

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Con la festa del Battesimo del Signore termina il periodo liturgico del Natale, al fine di lasciare il passo al cosiddetto "tempo ordinario": un periodo che va dal lunedì dopo la domenica del Battesimo di Gesù al mercoledì delle ceneri (prima parte) e dal lunedì dopo la Pentecoste fino alla vigilia della I domenica di Avvento (seconda parte). Questo tempo abbraccia quindi la maggior parte delle settimane del tempo liturgico.

Il fatto che questi due periodi dell'anno, a parte i periodi forti del Natale o della Quaresima-Pasqua, siano chiamati "tempo ordinario" non significa che manchino di importanza, o che si tratti di un tempo anodino, scialbo, incolore. Le Norme universali sull'anno liturgico affermano giustamente che: “oltre ai tempi che hanno il loro carattere, ci sono 33 o 34 domeniche che lo integrano, in cui non viene celebrato un aspetto peculiare del mistero di Cristo, ma piuttosto viene ricordato il mistero stesso di Cristo nella sua pienezza, specialmente di domenica”.
 
Il cristiano trova nelle settimane del "tempo ordinario" il tempo di riflettere, meditare e assimilare il contenuto inesauribile del mistero di Cristo e cercare di portarlo nella sua vita quotidiana, in modo che tutto rimanga impregnato di quel mistero e delle sue esigenze. Si può dire che lo spirito del "tempo ordinario" è ben descritto nel Prefazio VI della Messa della domenica:
  • «Ogni giorno del nostro pellegrinaggio sulla terra è un dono sempre nuovo del tuo amore per noi, e un pegno della vita immortale,

  • poiché possediamo fin da ora le primizie del tuo Spirito, nel quale hai risuscitato Gesù Cristo dai morte,

  • e viviamo nell'attesa che si compia la beata speranza nella Pasqua eterna del tuo regno».

Mi ha molto colpito che, all'inizio del Tempo Ordinario o per Annum, la Chiesa la Liturgia proponga il testo fondante della squela evangelica, ossia le chiamate del Signore ai suoi discepoli:   «Passando lungo il mare della Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini».  E subito, lasciate le reti, lo seguirono. Andando un poco oltre, vide sulla barca anche Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello mentre riassettavano le reti.  Li chiamò. Ed essi, lasciato il loro padre Zebedèo sulla barca con i garzoni, lo seguirono»  (Mc 1,16-20).

Quando i vari autori riflettono sul momento in cui Gesù chiama Simone e Andrea, Giacomo e suo fratello Giovanni, fanno notare sempre di più che il segreto della sollecitudine nella sequela si trova nell'evento dell'incontro con la persona del Signore. Scrisse l'amato Papa Benedetto XVI nella sua prima nciclica Deus caritas est: «Non si comincia a essere cristiani con una decisione etica o una grande idea, ma dall'incontro con un evento, con una Persona, che dà un nuovo orizzonte alla vita e, con esso, un orientamento decisivo» (n. 1).

Avere fede non è accettare concetti o verità, ma iniziare una relazione. "Il cristianesimo non è altro che una folle rivoluzione dell'amore". I discepoli furono affascinati da Gesù e lo seguirono.

Al momento di iniziare il cammino del nuovo anno, dopo le feste, il segreto per andare avanti senza l'ostacolo della cattiva memoria e senza ricordi nostalgici, è possibile trasformare con la fede l'ieri in misericordia e il presente in sequela, ponendo gli occhi sul Maestro, come direbbe santa Teresa di Gesù, : «È una preghiera senza pensieri discorsivi. Si passa da una frase discorsiva a una frase di sguardo”.

Possa il Signore concederci un felice 2023!

 

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