San Giuseppe
la fede nella “notte oscura”

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Giuseppe può ben essere definito modello del credente che in ogni circostanza si lascia “pro-vocare” dal Signore.
San Giuseppe era "giusto", perché disponibile a compiere gioiosamente e fedelmente la volontà divina. Infatti, la sua "giustizia" fu intimamente legata alla sua docilità radicale al progetto di Dio. La giustizia di Giuseppe non fu semplicemente derivante dall’osservanza scrupolosa dei comandamenti, ma la giustizia che è stata ricerca integrale della volontà divina, accolta con obbedienza piena. Proprio così egli divenne il "custode generoso" del Figlio dell'Altissimo. Giuseppe ha obbedito subito alla volontà di Dio: «fece come gli aveva ordinato l'Angelo».
 
Giusto è colui che sa che tutto ciò che accade è una modalità attraverso la quale Dio interpella la sua persona per farla entrare sempre più con forza in rapporto con lui. La giustizia non risiede dunque in ciò che una persona fa di giusto, ma nel porsi nella verità con il Dio dell’Alleanza, nella ricerca del suo volto, che può assumere a volte i tratti della lotta.
 
La fede, infatti, non è mai un’illuminazione che ci fa vedere tutto il percorso, ma Dio dona sempre quel poco di luce per fare il primo passo. La fede è rischio, e il rischio è dramma, non piacevole commedia. La fede non è un comodo rifugio per anime deboli, ma un’avventura per gente forte e coraggiosa. Infatti i più grandi mistici della storia della spiritualità cristiana hanno sempre vissuto lunghi momenti di “notte oscura”: periodi, anche lunghi, di tentazione e di aridità, ma pure di purificazione e di crescita nella capacità di amore gratuito.
 
Quella di Giuseppe fu una obbedienza sostenuta da una profondissima fede. Per la sua fede e obbedienza alla volontà di Dio Giuseppe è diventato come Abramo, "padre di molti popoli", sposo della Vergine, padre legale e spirituale di Gesù Cristo e della Chiesa universale.
 
San Giuseppe è padre. Una paternità ricevuta in dono, concessa inaspettatamente, provvidenzialmente e totalmente gratuita.
Dio volle essere l'Emmanuele, il Dio-con-noi e per questo ha voluto che Giuseppe prendesse con sé la Madre di Gesù.
Dio voleva dare un Salvatore al suo popolo e per questo ha voluto che Giuseppe accogliesse il Figlio di Maria come il proprio figlio e lo chiamasse Gesù.
San Giuseppe ha unito Gesù alla discendenza di Davide. Gesù ha quindi potuto rivendicare il titolo messianico di figlio di Davide.
 
Paolo VI a Nazaret nel 1964 disse che San Giuseppe nella sua convivenza trentennale con Maria e Gesù insegna soprattutto tre cose: il silenzio, la comunione di amore, il lavoro.
 
Il silenzio. Il Vangelo riporta poche parole di Maria e nessuna di Giuseppe. Silenzio contemplativo e adorante, alla presenza di Dio. «Oh!» - esclamò Paolo VI - «se rinascesse in noi la stima del silenzio, atmosfera ammirabile e indispensabile dello Spirito: mentre siamo storditi da tanti frastuoni, rumori e voci clamorose nella esagitata e tumultuosa vita del nostro tempo. Oh! silenzio di Nazaret, insegnaci ad essere fermi nei buoni pensieri, intenti alla vita interiore, pronti a ben sentire le segrete ispirazioni di Dio e le esortazioni dei veri maestri».
 
La comunione di amore. Giuseppe, Maria e Gesù, tre cuori vergini, abitati e ricolmi dallo Spirito Santo: cosa dovevano rappresentare l'uno per l'altro e cosa provare, tutti e tre insieme, per il Padre celeste! Rispetto reciproco, dedizione, delicatezza, prontezza all'ascolto e al servizio, perfetta unità, riflesso sulla terra della eterna assoluta unità delle tre persone divine.

Il lavoro: legge severa, ma redentrice della fatica umana, la dignità del lavoro. San Giuseppe ha svolto sicuramente in modo esemplare il suo lavoro di carpentiere, come sostegno per la sua famiglia e come servizio alla società.

Trent’anni sono molti e credere per trent’anni, nel buio, è logorante. Credere che l’Emmanuele si sia fatto «in tutto simile a noi, fuorché nel peccato» non è così semplice. E Giuseppe, a differenza di Maria sua sposa, è morto non vedendo nulla della vita pubblica di Gesù: né i suoi miracoli, né le sue originali parole, né la novità di vita che portava al suo passaggio.
 
E anche se Giuseppe fosse stato vivo quando suo Figlio fosse partito da casa, la notte non sarebbe di certo finita. Il comportamento di Gesù era eccezionale, ma anche inquietante. Sconvolgeva tutti. Agli occhi dei benpensanti sembrava un illuso; per le autorità era un pericolo; per i capi religiosi uno che voleva scalzare le sacre tradizioni…
Quanta fede per vedere in lui l’Emmanuele!



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