Pasqua, evento salvifico

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La Pasqua è l'evento salvifico per eccellenza. 
Che Gesù di Nazaret sia esistito, che sia morto crocifisso, nessuno lo nega più, neanche gli atei più incalliti. È un fatto storico.
Ma che sia risorto dai morti, solo la fede lo dice con certezza.
La morte di Cristo è salvifica nella misura in cui sfocia nella risurrezione. 
Ecco perché San Paolo scrive: «se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede» ​​(1 Cor 15,14). 
 
Da queste considerazioni ne consegue un annuncio molto chiaro e diretto. San Paolo assicura: «se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo» (Rm 10,9). 
 
Proprio perché è l'evento salvifico fondamentale, la risurrezione di Cristo è il dato più importante della fede, la chiave di lettura per interpretare l'intera vita di Cristo e della Chiesa. E trattandosi di un fatto di fede, la risurrezione non può essere dimostrata, può solo essere accolta. Non è un miracolo inteso a giustificare o rafforzare la fede, ma un miracolo oggetto della fede.
 
Il Cristo risorto non può essere letto nelle categorie di questo mondo. La risurrezione di Gesù sfugge alle dimostrazioni; non si lascia analizzare da prove di laboratorio...
La sua corporalità di Risorto non appartiene alla sfera del tempo e dello spazio, non è fisica o chimica: è escatologica. La sua realtà è tipica del mondo nuovo, del mondo della risurrezione, quel mondo in cui non si muore più, un mondo in cui la morte ha perso tutto il suo potere. 

Nel Catechismo della Chiesa Cattolica si legge: “Questo corpo autentico e reale possiede però al tempo stesso le proprietà nuove di un corpo glorioso; esso non è più situato nello spazio e nel tempo, ma può rendersi presente a suo modo dove e quando vuole, poiché la sua umanità non può più essere trattenuta sulla terra e ormai non appartiene che al dominio divino del Padre” (CCC 645).
 
La risurrezione di Gesù non è stata solo un evento che riguarda questo nostro mondo, questa nostra storia, ma l’ha superata. Infatti, risorgere per Gesù non è significato tornare alla stessa vita di prima, come fu per Lazzaro o per il figlio della vedova di Nain.  Questi due personaggi, al massimo, hanno avuto una vita leggermente più lunga del previsto, ma, alla fine, sono morti per non tornare mai più. 
 
Quella del Cristo Risorto fu una esistenza nuova e diversa. Se per un certo verso il Rabbi di Nazaret era quello di prima, tanto che lo si è potuto toccare, anzi, egli stesso ha invitato a farlo per far notare che non era affatto un fantasma, mangiava come mangiava prima, parlava con la stessa voce di prima, nello stesso tempo tuttavia, era diverso da prima ...  
Il corpo di Gesù risorto è reale. È un corpo vero, ma ormai possiede le proprietà nuove di un corpo glorioso.
 
I limiti fisici, a esempio, per lui non c’erano più: poteva essere nello stesso momento sulla strada di Emmaus e anche nel Cenacolo con gli apostoli.
E nel cenacolo, per farsi presente, non ha nemmeno avuto bisogno di entrare dalla porta:  infatti,
 erano «chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei»  (Gv 20,19)

Insomma: quello del Risorto fu un nuovo tipo di vita, una nuova modalità di esistenza. Il corpo di Gesù risorto è reale. È un corpo vero, ma ormai possiede le proprietà nuove di un corpo glorioso.
 
Per dire questa diversità, primi testimoni che erano i discepoli hanno adoperato una parola che a noi forse dice poco, ma che per loro fu molto significativa: Gesù non solo era risorto (cioè è tornato a vivere), ma è stato addirittura “esaltato”, cioè reso più grande, anzi, innalzato perché Figlio di Dio.
 
La risurrezione di Cristo è un'altra cosa, è l'ingresso nel mondo definitivo di Dio, dove la morte non ha più dominio. La sua vita non è più mortale, ma immortale.
 
Parlando della risurrezione di Cristo davanti al re Agrippa, san Paolo fu brutalmente interrotto dal governatore Festo, che gli disse: «Sei pazzo, Paolo; la troppa scienza ti ha dato al cervello!» (At 26,24). 
 
E quando parlò ad Atene, le persone colte ascoltavano con piacere parlare di un Dio che non abita in templi costruiti da uomini, ma appena accennò al Cristo risorto gli risero letteralmente in faccia, si alzarono dai loro posti e non vollero continuare ad ascoltare ciò che per loro era assurdo e perfino ridicolo.
 
Anche i filosofi di Atene e le autorità romane risero di Paolo quando annunciò loro la risurrezione di Gesù di Nazaret. 
 
Per i cristiani la risurrezione è un fatto reale e motivo di grande speranza. Sta a noi esprimere la gravità della risurrezione perché i nostri ascoltatori trovino ragioni per vivere e ragioni per sperare. 
 
E se non riusciamo a convincere con le nostre spiegazioni, che dobbiamo anche dare, almeno facciamo in modo che la nostra vita sia coerente con ciò che annunciamo; una vita nuova, in cui risplendano amore, pace e gioia: una vita che incarna il testamento di Gesù, che non è altro che servizio d’amore e fraternità.
 
Fede - Speranza – Carità sono i canali attraverso i quali arriva fino a noi la forza della Risurrezione. È per questo che si chiamano “virtù teologali”.
Ebbene, se terremo aperti questi canali, consentiremo a Dio di entrare nella nostra vita, nella vita delle nostre famiglie, nelle nostre comunità, nella società stessa, con la medesima forza che ha messo in atto per risuscitare Gesù.
 
Quando io credo, nonostante tutte le difficoltà, quando io spero contro ogni speranza, quando amo come ha insegnato ad amare Gesù, io partecipo alla sua Risurrezione.

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