Omelia nella 20 domenica per annum
«Colui che mangia me vivrà per me»

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  Dal Vangelo secondo Giovanni 6, 51-58
In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me.
Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». <+++>
 
Che il discorso sul pane di vita sia centrale in tutto il vangelo di Giovanni lo si comprende alla luce della liturgia della parola di Dio di queste ultime domeniche. Infatti, nel lungo discorso che fa seguito alla moltiplicazione dei pani Gesù illustra quello che sarebbe stato per le comunità giovannee il significato profondo della Cena del Signore.

Vi si possono evidenziare alcune essenziali articolazioni:
  per mezzo del Figlio dell’uomo il Padre dà il vero pane dal cielo, nel quale si concretizza in modo simbolico la salvezza promessa dai profeti (vv. 25-29);
  Gesù afferma che questo pane si identifica con la sua stessa persona (vv. 32-35);
  Egli, infatti, è stato mandato dal Padre a portare la vita a ci crede in lui (vv. 36-40).
  Gesù sottolinea che per mezzo di lui si attua l’attesa di un ammaestramento conferito direttamente da Dio (vv. 41-47);
  Sullo sfondo dell’episodio biblico della manna Gesù si presenta nuovamente come il pane della vita (vv. 48-50).
 
Gesù aveva già risposto alle mormorazioni e alle obiezioni dei Giudei che si erano chiesti: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?»: attraverso i segni del pane e del vino. Ciò nonostante le perplessità e le difficoltà erano rimaste tutte. Infatti il pane eucaristico è un segno che raggiunge tutto il suo significato e la sua efficacia solo mediante la fede. E’ la fede che apre l’accesso al grande dono che Cristo fa di se stesso.

Ora il discorso si fa difficile perché il pane si identifica con la persona stessa di Gesù. Nella pericope evangelica odierna Gesù giunge al cuore della sua catechesi sul pane di vita e fa una grande rivelazione: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita». Non basta credere in Lui come Messia inviato dal Padre, non basta professare la fede in Lui; solo «Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
 
Nella pericope evangelica odierna di otto versetti Gesù per ot­to volte ha parlato di un Dio che si dona con differenti accenti.
Negli otto versetti di questo Vangelo Ge­sù per otto volte ri­pete: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna».
E ogni vol­ta chiarisce il perché di que­sto mangiare:
      se uno mangia di questo pane vivrà in eterno
      se non mangiate … non avrete in voi la vita
      se non bevete il sangue, non avrete in voi la vita
      chi mangia … ha la vita eterna
      io lo risusciterò nell’ultimo giorno
      chi mangia … rimane in me e io in lui
      colui che mangia me vivrà per me.
      chi mangia questo pane vivrà in eterno
 
È l'in­calzante certez­za da parte di Gesù di posse­dere qualcosa che capovolge la direzione della vita: non più avviata verso la morte, ma chiamata alla vita eterna in Dio.
 
Farsi pane è un bisogno incontenibile di Dio. Qui emerge il genio del cri­stianesimo: non più un Dio che domanda agli uomini of­ferte, doni, sacrifici, ma un Dio che offre, sacrifica, dona, perde se stesso dentro le sue creature, come lievito dentro il pane, come pane dentro il corpo. Si capisce perfettamente che è in gioco la nostra fede.

Si tratta in ogni caso del rapporto tra l’uomo e quelle che egli considera entità trascendenti. Il cristiano non è un uomo che riconosce come divini una serie di enunciati e cerca di tradurli nella propria vita; essere cristiani non significa abbracciare una filosofia.
 
Il cristiano ha di suo qualcosa che non si riscontra in nessun’altra religione: la sua fede gli fa incontrare una persona, lo fa aderire a quella Persona unica che è uomo e nel contempo Dio, una Persona con cui intessere un rapporto d’amore, di fiducia, che porta ad accogliere tutto di lui, le sue parole, il suo stile di vita, le sue promesse. E quel rapporto si alimenta, trovando insieme la sua manifestazione visibile, nella partecipazione all’Eucaristia, in cui chi ama si nutre dell’Amato, si fa tutt’uno con lui.
 
Col suo discorso, un discorso "duro", Gesù vuole mettere i suoi ascoltatori di fronte ad una scelta di fede radicale: la scelta di Dio e della salvezza che viene da Lui, salvezza per la quale è indispensabile entrare in comunione col Figlio Redentore, mangiando quel pane che è la sua stessa carne.

Cibarci del Pane di Cristo vuol dire, appunto,essere “incorporati” nella sua “vita per sempre”, condividere la vittoria sulla morte, diventare parte della vita eterna. Entrare a far parte, a pieno titolo, della vita di Gesù vuol dire entrare pienamente in Lui. E’ uno scambio di Vita e di Amore. Amore in cambio di vita e viceversa. Nutrimento e nutrito, uniti in un tutt’uno nel Signore.
 
Cari amici,
Nel brano evangelico di questa domenica appare chiaro che nel mangiare la sua carne e nel bere il suo sangue si attua l’incontro del discepolo con Gesù, che ha lo scopo di stabilire un’intima comunione con Dio, modellata su quella che Gesù ha con il Padre. Dio è la fonte unica della vita che dal Figlio si trasmette ai credenti.

Gesù, con un linguaggio assai familiare e domestico, rivela quale sia il miglior cibo, quale sia la ragione della festa più grande e quale la possibilità della massima intimità e del miglior banchetto. Egli assume il significato del cibo e del mangiare per offrirsi come il Pane della Vita.

Può essere che il linguaggio biblico sia un poco incomprensibile e non si dia sufficiente credito al fatto che l’Eucarestia sazi più che tutti i banchetti più gustosi. L'effetto che sgorga dalla partecipazione alla Cena del Signore non è nell’ordine del gusto dei sensi, ma nell’accezione spirituale.
 
L'istinto di conservazione ci porta a mangiare e a bere, a volte con eccessiva ansietà per  tornare dopo poco a desiderare di saziarci ancora. Coloro che si sentono ospiti della mensa del Signore, alimentati dalla sua Parola e dal dono del suo Corpo e del suo Sangue sperimentano la serenità, la sazietà che non solo liberano dall’ansia incontrollata, ma sono mossi dalla generosità di un cuore colmo di gioia.
 
Il cuore dell'uomo, il nostro cuore, deve essere aperto al desiderio di Dio. Solo chi sente dentro di sé la fame di Dio può essere sfamato da lui. Domandiamoci. Gesù ci ripete ancora: «chi mangia la mia carne, chi beve il mio sangue, dimora il me e in lui. Colui che mangia di me, vivrà per me...». Non protestiamo come i discepoli che sentendo di dover mangiare il corpo del Maestro e bere il sangue di Gesù sono rimasti sbigottiti e perplessi.

E' inutile discutere la pedagogia di Dio. Sono i fatti che contano! E il Signore vuole dirci oggi il suo antico ma mai spento desiderio: abitare in mezzo agli uomini che egli ama, di farsi egli stesso cibo per il cammino verso la pienezza della vita, che uomo può trovare solo in lui.
 
Incontriamo Gesù, il Signore, e lo possiamo mangiare ogni domenica  nella celebrazione della Santa Messa. Mangiare la sua carne e bere il suo sangue! È la Cena dell’Agnello! Il sacramento dell’Eucaristia. Sapienza della Pasqua! È partecipazione alla vita del Padre, attraverso il memoriale della passione, morte e risurrezione del Figlio.

Mangiare e bere la carne e il sangue di Cristo non significa solo credere nella presenza reale del Signore e nel suo dono di amore, ma significa «accogliere» quel dono e prolungarlo nella vita. Infatti c'è un legame stretto tra l'eucaristia e la vita perché è una comunione con la stessa vita di Dio.
 
L'Eucarestia, questo mirabile dono che il Signore ha lasciato alla sua Chiesa, realizza la nostra misteriosa e realissima comunione con lui. La comunione con Gesù è la comunione con la sua persona risorta che si fa di nuovo presente attraverso l'opera dello Spirito santo che trasforma pane e vino nel Corpo e Sangue del Signore.

È nella comunione con il Cristo, comunione che si realizza, mediante il Sacrificio Eucaristico, istituito nella Cena pasquale e sulla Croce della redenzione, che si assapora la vita stessa di Dio, rivelata pienamente nel Figlio Gesù. Attraverso il sacramento dell'Eucaristia noi partecipiamo dell'amore del Signore Gesù, formiamo con Lui un solo Spirito e viviamo fin da adesso la vita di Dio.


Meditiamo le parole di san Paolo VI: "L'Eucaristia è Comunione con Cristo, Dio da Dio, Luce da Luce, Amore da Amore, vivo, vero, sostanzialmente e sacramentalmente presente, Agnello immolato per la nostra salvezza, manna ristoratrice per la vita eterna, amico, fratello, sposo, misteriosamente nascosto e abbassato sotto la semplicità delle apparenze, eppur glorioso nella sua vita di risorto, che vivifica comunicandoci i frutti del Mistero pasquale … La mente si perde, perché ha difficoltà a capire; i sensi dubitano perché si trovano dinanzi a realtà comuni e note, pane e vino, i due elementi più semplici del nostro cibo quotidiano … Se l'Eucaristia è un grande mistero che la mente non comprende, possiamo almeno capire l'amore che vi risplende. Possiamo riflettere all'intimità che Gesù vuol avere con ognuno di noi; è la sua promessa, sono le sue parole: 'Chi mangia la mia Carne e beve il mio Sangue, rimane in me ed io in lui... Chi mangia me, anch'egli vivrà per me. (Gv. 6, 56-57). Egli è il pane di vita eterna, per noi pellegrini in questo mondo, che per suo mezzo siamo già trasportati e immessi dal flusso rapido del tempo alla sponda dell'eternità. (5 giugno 1969)
 
O Dio della vita, che in questo giorno santo
ci fai tuoi amici e commensali,
guarda la tua Chiesa che canta nel tempo
la beata speranza della risurrezione finale,
e donaci la certezza di partecipare
al festoso banchetto del tuo regno.


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