Essere un buon samaritano

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È il tema centrale di Fratelli tutti  la recente Lettera Enciclica di Sua Santità papa Francesco in cui è proposta la parabola del Buon Samaritano. In questa Giornata Mondiale per i Poveri l'icona del Buon Samaritano è assai propizia e illuminante. Nel racconto evangelico sono contenuti diversi insegnamenti e proposte per vivere una autentica fraternità e amicizia sociale. «Siamo stati fatti per la pienezza che si raggiunge solo nell’amore. Vivere indifferenti davanti al dolore non è una scelta possibile; non possiamo lasciare che qualcuno rimanga “ai margini della vita”. Questo ci deve indignare, fino a farci scendere dalla nostra serenità per sconvolgerci con la sofferenza umana. Questo è dignità» (FT 68).

Alla domanda del maestro della legge «Chi è il mio prossimo?», Gesù risposto con il racconto/icona del Buona Samaritano. La riflessione che ne consegue Papa Francesco la interpreta così: «Ogni giorno ci troviamo davanti alla scelta di essere buoni samaritani oppure viandanti indifferenti che passano a distanza. E se estendiamo lo sguardo alla totalità della nostra storia e al mondo nel suo insieme, tutti siamo o siamo stati come questi personaggi: tutti abbiamo qualcosa dell’uomo ferito, qualcosa dei briganti, qualcosa di quelli che passano a distanza e qualcosa del buon samaritano» (FT 69).

Ma il Papa va oltre. Se guardiamo la persona ferita con occhi d’amore, non ci importerà di considereremo se il fratello ferito viene da un angolo o dall’altro del pianeta. Infatti è  «l’amore che rompe le catene che ci isolano e ci separano, gettando ponti; è l’amore che ci permette di costruire una grande famiglia in cui tutti possiamo sentirsi a casa. È l’amore che sa di compassione e di dignità» (cfr. FT 62).

Questo messaggio deve illuminare il nostro mondo di oggi: «La storia del buon samaritano si ripete: risulta sempre più evidente che l’incuranza sociale e politica fa di molti luoghi del mondo delle strade desolate» (FT 71). Nella sua parabola Gesù non propone vie alternative: cosa sarebbe successo a quella persona offesa o a chi lo ha aiutato se l'ira o la sete di vendetta avessero preso il posto nei loro cuori? Gesù ha fiducia nella parte migliore dello spirito umano e con la parabola incoraggia ad aderire all'amore, reintegrare il dolore e costruire una società degna di questo nome. Una società che fugga dalla delusione e dalla disperazione, non lasciandosi fuorviare o scoraggiare «dall’inganno del “tutto va male”, del “nessuno può aggiustare le cose”, o “che posso fare io”?» (cfr. FT 75).

Il Papa è deciso e preciso quando scrive che ci sono solo due tipi di persone: quelle che si prendono cura del dolore e quelle che passano oltre. Le nostre molteplici maschere, le nostre comportamenti e i nostri costumi stanno cadendo: è l’ora della verità! Ci chineremo per toccare e guarire le ferite degli altri? Ci chineremo per farci vicendevolmente carico del nostro prossimo?

È un servizio, questo, che non attende gratitudine o riconoscimento, ma al quale siamo tutti chiamati! Può tradursi nella cura della fragilità di ogni persona che incontriamo lungo il cammino , indipendentemente dal fatto che faccia parte della nostra cerchia di appartenenza (cfr. FT 79-81).
«Perciò» conclude il Santo Padre Francesco nel capitolo secondo della sua Enciclica «è importante che la catechesi e la predicazione includano in modo più diretto e chiaro il senso sociale dell’esistenza, la dimensione fraterna della spiritualità, la convinzione sull’inalienabile dignità di ogni persona e le motivazioni per amare e accogliere tutti» (FT 86).


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