Catechismo della Ciesa Cattolica
La fede professata: la divina Rivelazione (3)
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TRATTAZIONI FONDAMENTALI: TRINITARIA E CRISTOLOGICA
La presentazione della unità e trinità di Dio e quella della cristologia, indubbiamente, costituiscono i punti centrali di questa prima parte del Catechismo ed armonizzano mirabilmente le esigenze dell'intelletto e le esigenze del cuore. È prezioso anzitutto poter cogliere, come in filigrana, la colonna vertebrale del criterio teologico che fa da soppalco all'insieme. Non siamo innanzi a una cascata di parole fumogene come spesso vien dato di notare in tanta letteratura teologica ed anche catechetica, non siamo investiti da espressioni in gergo o da sloganazioni ma, leggendo queste pagine, facciamo la piacevole, confortante esperienza di sentire un'ossatura che non mancherà di produrre una buona fruttificazione. D'altro canto, in qualunque settore, il criterio, mezzo per dimostrare accettabili e vere le asserzioni, occupa logicamente il posto preminente. Chi non sta nei limiti fissati dal «criterio» è «fuori tema», ossia diviene arbitrario, fantastico e incredibile. Occorre poter dimostrare ciò che si afferma, secondo i criteri del campo entro il quale ci si muove e se non si dimostra, non si convince.
Nel nostro campo il criterio è
Tutte le argomentazioni riportate nel testo poggiano validamente sulla Rivelazione, sul magistero o su qualche fonte collegata con esso e, magari, felicemente illustrata dalla esperienza dei santi. Su queste pagine sta come un arco luminoso che comprende tutta la sistemazione delle principali verità della nostra fede, la loro illustrazione, la deduzione delle loro inesauribili ricchezze. Gli uomini del nostro tempo hanno bisogno di questo perché vogliono intendere, vogliono contemplare, hanno problematiche da risolvere. Questo «criterio teologico» che fa da ossatura potrebbe sembrare la cosa più ovvia ma così non è; esso è quanto mai apprezzabile - e lo dimostrerà la fecondità apostolica 'i questo Catechismo - dopo una stagione di «irrazionalismo» che ha albergato in taluni settori, forse non maggioritari, che hanno tuttavia dalla loro molti megafoni fra i mass-media. Per irrazionalismo intendiamo il rifiuto della ragione come capacità, come valore, come generatrice di certezze. Il rifiuto della ragione è grave perché, in realtà, è come se Dio avesse parlato, si fosse rivelato a degli incapaci di intenderlo.
Circa la presentazione trinitaria
L'altissimo mistero trinitario viene presentato con il dovuto rigore intellettuale ma in modo da percepire la forza che si sprigiona da esso. La lettura delle pagine in merito non induce a pensare alla Trinità come una «cosa», come una realtà tutta fatta e conclusa in se stessa ma come un «processo» che è sempre in atto e sta avvenendo ora! In Dio, ogni atto è eterno, non passeggero; in lui non c'è «ieri» e neppure «domani», ma solo un «oggi» eterno: «Tu sei mio Figlio: oggi io ti ho generato» (Sai 2,7; At 13,33; Eb 1,5). Oggi dunque il Padre genera il Figlio; oggi essi, insieme, spirano lo Spirito Santo. Tutto è in atto, nulla è cessato. Il Catechismo ha il merito di presentarci
La trattazione catechistica conferisce a questo mistero, principio e fonte di tutta la vita ecclesiale, la sua luce e il suo giusto posto nella fede. Diversamente, la caduta dell'orizzonte trinitario porterebbe a una progressiva banalizza-zione della fede. In tale caso ci si attacca a Gesù ma anche di lui si smarrisce la dimensione assiale trascendente e divina e non rimane che l'uomo o «il crocifisso amante dell'umanità»; Gesù diventa una figura opaca, oggetto solo di accese e interminabili discussioni, più che di fede. Senza il Padre e lo Spirito Santo, sarebbe impossibili credere in Cristo, perché è proprio di essi che egli ci parla e sono proprio essi che ci parlano di lui. Un Gesù senza i suo profondo e ininterrotto dialogo con il Padre - senza il suo «Abbài » - non è più Gesù; un Gesù senza lo Spirito eh lo illumina non è il Gesù risorto che salva e che santifica l'umanità.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica affronta l'argomento trinitario in modo da far brillare questo mistero come nei primi secoli della Chiesa; ci mostra il manifestarsi del
I trasmettitori di questo Catechismo dovranno così essere bene aiutati nel far rilevare che
Circa la presentazione cristologica
Ci pare che la presentazione cristologica possa essere avvertita come ruotante attorno alla certezza fondamentale che Cristo è l'unica «via divina» alla salvezza e che non esiste altro nome dato agli uomini nel quale possano essere salvi (cfr. At 4,12). D'altro canto è proprio su questo che si è costruita la coscienza cristiana e si è sviluppata lungo il fluire dei secoli la missione cristiana. Era urgente avere sotto mano uno strumento come il presente Catechismo dopo tante minacce per questa coscienza cristiana. Nella cultura del relativismo e dell'irenismo, non senza responsabilità di alcune cattedre teologiche e, qua e là, di una catechesi tributaria ad esse, si è incrinata, in alcuni cristiani, la certezza che Gesù è l'unica Via totale, definitiva, per andare a Dio. È facile comprendere quanto tutto ciò, unitamente ad un ben noto panantropologismo, abbia nuociuto, fra l'altro, all'azione missionaria, alle vocazioni sacerdotali e di speciale consacrazione, al cammino ecumenico, al dialogo interreligioso, snervando in tal modo la formidabile carica pastorale del Concilio Vaticano II.
Un sintomo, o meglio un dato di fatto, è il passaggio di numerosi cristiani a forme di religiosità cosiddette «alternative» o «di sostituzione»: sette cristiane di natura sincretistica, correnti o circoli di spiritualità orientale, tecniche meditative che, da strumenti, finiscono per diventare un «credo» religioso autonomo.
Ma i sintomi di ordine culturale e teologico sono più insidiosi perché, purtroppo, agiscono surrettiziamente, restando dentro
C'è chi non distingue il momento del dialogo interreligioso dal momento della professione di fede intorno alla Chiesa. Nel dialogo va rispettata la sensibilità, la libertà altrui, la prudente economia che tiene conto dei tempi e che Dio stesso ha rispettato nel suo rivelarsi agli uomini. Ma questo atteggiamento positivamente prudenziale e, per così dire, sospensivo, non può essere trasferito nella professione e spiegazione della fede che si fa nella Chiesa, senza tradire la fede stessa, senza che il rispetto della pluralità si trasformi in quel relativismo religioso che diventa, alla fine, apostasia. La missione cristiana, l'identità sacerdotale e il culto eucaristico hanno subito danni ingentissimi da questa situazione. Viene alla mente un'espressione interrogativa di san Paolo, anche se collocata in altro contesto: «Se la tromba emette un suono confuso, chi si preparerà al combattimento?» (1Cor 14,8). Ci sono dei missionari - certamente in esigua minoranza - che si chiedono, dopo tutto quello che hanno letto e imparato in patria prima di partire e dopo tutto quello che leggono sulle riviste che vengono loro spedite, se Cristo è poi veramente l'unica Via a Dio, se è necessario annunciare apertamente Cristo, o se non basti invece promuovere i «valori» religiosi dei popoli presso i quali operano, aiutandoli ad essere «migliori musulmani», o «migliori induisti».
Il Catechismo della Chiesa Cattolica, in questa parte, veleggia sull'onda dello spirito paolino per il quale: « Uno solo è Dio e uno solo il mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù» (1Tm 2,5). Viene messo a fuoco proprio quello che era stato posto in crisi, a vari livelli - il più delle volte impliciti - ovvero l'unicità del Mediatore. Il punto è delicatissimo perché se non abbiamo lo stesso Mediatore, non abbiamo neppure lo stesso Dio. Avremo lo stesso Dio og-gettivamente parlando (poiché di Dio non ce ne può essere, naturalmente, che uno), ma non lo stesso Dio soggettivamente parlando. E a che serve che Dio sia, in sé, lo stesso per tutti, se il modo con cui lo conosco non è quello vero?
Storicamente un precedente del genere lo troviamo a Colossi dove c'erano dei maestri che mettevano in pericolo l'unicità di Cristo. Cristo figurava come uno dei mediatori; si trattava di un cedimento a influenze pagane e giudaiche, un tentativo di introdurre il sincretismo nella fede cristiana al quale Paolo rispose con la lettera ai Colossesi che è come un grido innalzato in nome della purezza della fede. «In lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità» (Col 2,9). «In tale modo la sua umanità appare come il "sacramento", cioè il segno e lo strumento della sua divinità e della salvezza che egli reca: ciò che era visibile nella sua vita terrena condusse al mistero invisibile della sua filiazione divina e della sua missione redentrice» (n. 515).
È chiaro: la pienezza della divinità abita in Cristo e in Cristo soltanto che non la divide con nessun essere creato. Con la sua morte egli ha sottomesso a sé tutto e ha riconciliato tutti gli uomini con Dio; egli è perciò il Salvatore unico e sufficiente di tutti. Non ce ne possono essere altri.
4. OSSERVAZIONI PRATICHE
Si tratta di un'opera monumentale, come si è più volte detto, utilissima alla Chiesa pellegrina in questo tempo, per dare sicurezza, chiaro orientamento dottrinale e slancio contemplativo a tutta la catechesi.
Lungi da noi l'intenzione di essere profeti di sciagure ma, proprio per la positività del testo e per la potenzialità di bene racchiusa in esso, non è difficile prevedere la duplice opposizione che incontrerà: quella esplicita di chi lo riterrà chiuso alle istanze della modernità, e quella subdola di chi lo dichiarerà troppo difficile per i laici e troppo elementare per gli studenti dei seminari e dei noviziati.
Occorrerà prevenire questi attacchi, insistendo attraverso le vie ufficiali del presente Catechismo donatoci dal Santo Padre alle soglie del terzo millennio, sia per la formazione cristiana di tutti i fedeli che hanno raggiunto un certo livello culturale, sia per la formazione di base di chi si incammina verso il perseguimento dei più alti ideali vo-cazionali; sarebbe infatti auspicabile che costoro ne conoscessero perfettamente i contenuti prima di accedere agli studi propriamente teologici e specifici.