Santo Stefano primo martire
«Chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato»

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✠ Dal Vangelo secondo Matteo 10,17-22
In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: «Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi. Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato».

 
La celebrazione liturgica di Santo Stefano cade il 26 dicembre, subito dopo il Natale, perché nei giorni seguenti alla manifestazione del  Figlio di Dio, la Chiesa ricorda “coloro che sono stati più vicini a Cristo Gesù a renderne testimonianza con il martirio”.
E Stefano è il protomartire, cioè il primo martire.
Egli è il più rappresentativo di un gruppo di sette compagni.
 
L’evangelista Luca nel libro di Atti degli Apostoli dedica a Santo Stefano due interi capitoli.
Il racconto lucano parte dalla constatazione di una suddivisione invalsa all’interno della primitiva Chiesa di Gerusalemme: gli Apostoli, riservando a se stessi la preghiera e il ministero della Parola come loro centrale compito decisero di incaricare «sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di saggezza» perché espletassero l'incarico del servizio sociale caritativo (At 6, 2-4).

A questo scopo, come scrive Luca, su invito degli Apostoli i discepoli elessero sette uomini: «Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timone, Parmenàs e Nicola. Li presentarono agli Apostoli, i quali, dopo aver pregato, imposero loro le mani» (At 6,5-6).

Nel caso di Stefano e compagni si trattò certamente della trasmissione ufficiale, da parte degli Apostoli, di un incarico e insieme dell’implorazione di una grazia per esercitarlo.

Oltre ai servizi caritativi, Stefano ha svolto pure un compito di evangelizzazione nei confronti degli "ellenisti". Luca infatti annota che Stefano rilesse l’Antico Testamento nella luce dell’annuncio della morte e della risurrezione di Gesù. Questa rilettura cristologica, provocò le reazioni dei Giudei che percepirono le sue parole come una bestemmia (cfr At 6,11-14).

Per questa ragione egli venne condannato alla lapidazione.
E negli Atti san Luca ricorda l'ultima catechesi di Santo Stefano: il mistero della Croce sta al centro della storia della salvezza raccontata nell'Antico Testamento e mostra che realmente Gesù, il crocifisso e il risorto, è il punto di arrivo di tutta questa storia.  
 
Questo provocò la condanna di santo Stefano, il quale, in questo momento — scrivere sempre san Luca — fissando gli occhi al cielo vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla sua destra. E vedendo il cielo, Dio e Gesù, santo Stefano disse: «Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio» (At 7,56).
 
A imitazione di Gesù, Stefano lapidato consegnò al "Signore Gesù" il proprio spirito e pregò perché il peccato dei suoi uccisori non fosse loro imputato (cfr At 7,59-60).

Il luogo del martirio di Stefano a Gerusalemme è tradizionalmente collocato poco fuori della Porta di Damasco. Luca annota che i lapidatori di Stefano «deposero il loro mantello ai piedi di un giovane, chiamato Saulo» (At 7,58), lo stesso che da persecutore diventerà apostolo insigne del Vangelo. Ciò significa che il giovane Saulo doveva aver sentito la predicazione di Stefano, ed essere perciò a conoscenza dei contenuti principali.
 
L'uccisione di Stefano, primo martire di Cristo, fu seguita da una persecuzione locale contro i discepoli di Gesù (cfr At 8,1), la prima verificatasi nella storia della Chiesa.
 
Cari Amici,
La storia di Stefano insegna che non bisogna mai disgiungere l'impegno sociale della carità dall'annuncio coraggioso della fede. Carità e annuncio vanno sempre insieme.
Stefano è morto per non essersi piegato alla logica del mondo; perché si rifiutò di rinnegare il proprio Signore. Perciò la Chiesa celebra santo Stefano, il primo martire, per ricordarci che  accogliere Dio nella nostra vita richiede dolore e sofferenza, fatica e conversione.

Essere cristiani richiede di versare "sangue". E' sangue del martirio: voce greca che significa "testimoninaza". E' il sangue della testimonianza. Ed è prorpio sulla testimonianza che noi cristiani siamo spesso incorerenti e inconcludenti, fino a diventare inconsisitenti e insignificanti!
Chiediamoci: dove è la nostra testimonianza cristiana?

Non si può essere cristiani e vivere il cristianesimo senza Cristo!
Abbiamo appena celebrato il Natale: orbene, chi o cosa abbiamo festeggiato?
Forse tutto meno che Gesù Cristo! 
Abbiamo fatto festa: ma senza il Festeggiato!


La testimonianza cristiana diventa, secondo la celebre frase di Tertulliano, fonte di missione per i nuovi cristiani. «Noi ci moltiplichiamo ogni volta che da voi siamo mietuti: è un seme il sangue dei cristiani» (Apologetico 50,13).
 
Ma anche nella nostra vita la testimonina cristiana diventa benedizione. E accettando il martirio/testimoinianza come Stefano saremo benedetti e impareremo che la gioia del cristiano conoscerà che momenti di difficoltà. Ma per questo è esaltante.

Chiediamo a Santo Stefano protomartire la forza di  perseverare fino alla fine per avere salvezza: sì! salvezza eterna.

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