Quaresima: dalla conversione alla confessione

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Un cammino vero di conversione implica in particolar modo la riscoperta del  sacramento della Penitenza nel suo significato profondo d'incontro con il Padre che perdona mediante Cristo nello Spirito. Diversi sono i motivi per cui urge nella Chiesa una seria riflessione su questo sacramento. Lo richiede innanzitutto l'annuncio dell'amore del Padre, come fondamento del vivere e dell'agire cristiano, nel contesto dell'attuale società dove spesso risulta offuscata la visione etica dell'esistenza umana.


Se molti hanno perso la dimensione del bene e del male è perché hanno smarrito il senso di Dio, interpretando la colpa solo secondo prospettive psicologiche o sociologiche. In secondo luogo la pastorale deve dare nuovo impulso a un itinerario di crescita nella fede che sottolinei il valore dello spirito e della pratica penitenziale in tutto l'arco della vita cristiana. Il messaggio biblico presenta tale dimensione penitenziale come impegno permanente di conversione.
 
Nel Nuovo Testamento la conversione è richiesta soprattutto come scelta fondamentale a coloro a cui è rivolta la predicazione del regno di Dio: "Convertitevi e credete al Vangelo" (Mc 1,15; cfr Mt 4,17). Questo invito alla penitenza, che più volte già s'era fatto udire per bocca dei Profeti, preparò il cuore degli uomini all'avvento del Regno di Dio con la voce di Giovanni Battista, che venne a "predicare un battesimo di conversione per il perdono dei peccati" (Mc 1, 4). Con questo messaggio Gesù inizia il suo ministero, annunzia il compimento dei tempi e l'imminenza del regno. Il "convertitevi" (in greco: metanoéite) è un appello a cambiare modo di pensare e di comportarsi.

Gesù poi non soltanto esortò gli uomini alla penitenza perché abbandonassero il peccato e di tutto cuore si convenissero a Dio, ma accolse anche i peccatori e li riconciliò con il Padre. E morì egli stesso per i nostri peccati, e risuscitò per la nostra giustificazione. Per questo, nella notte in cui fu tradito e diede inizio alla sua passione redentrice, istituì il sacrificio della nuova Alleanza nel suo sangue, per la remissione dei peccati. Dopo la sua risurrezione effuse sugli Apostoli lo Spirito Santo, perché avessero il potere di rimettere i peccati o di ritenerli, e ricevessero la missione di predicare nel suo nome, a tutte le nazioni, la penitenza e la remissione dei peccati.
 
Gli evangelisti propongono alla nostra considerazione differenti periodi della vita di Gesù che accoglie i peccatori, mangia con loro e offre il perdono dei loro peccati. Questi comportamenti del Signore hanno sempre scandalizzato gli scribi ei farisei. E anche per questo non hanno mai potuto comprendere come egli si sia arrogato un potere che spetta solo a Dio. Con frequenza Gesù recriminato la durezza del loro cuore, la mancanza di sensibilità nel rispetto della legge, l'incapacità di riconoscere i propri peccati e la possibilità di denunciare gli  errori degli altri.
 
Questo stesa realtà si ripete anche ai nostri giorni. Il Signore si presenta come inviato dal Padre, offrendo la possibilità di rialzarsi dalla prostrazione in cui ci troviamo come conseguenza del peccato, ma l'ambizione e l'orgoglio hanno preso il sopravvento impedendo a molti di aprire i cuori all'amore di Dio. Come conseguenza di ciò, analogamente a quanto è accaduto ai figli del Padre misericordioso, ci manca il perdono del Padre, soffriamo le conseguenze del nostro egoismo e della nostra autosufficienza, ma non siamo capaci di decidersi a fare il grande passo di ri-incontrarci con il Signore e con i nostri fratelli.
 
Le difficoltà che sperimentiamo per aprirsi alla trascendenza e, quindi, per scoprire la misericordia del Padre ci fanno ripiegare su noi stessi e ci impediscono di riconoscere i nostri peccati. Tante volte non ci sentiamo colpevoli di nulla, neppure del bene che avremmo potuto fare e non abbiamo fatto! Inoltre, giungiamo persino a giustificare un comportamento sbagliato ritenendolo come un mezzo per conseguire la liberazione da qualsiasi attacco esterno. A volte ammettiamo alcuni errori, ma ci giustifichiamo dicendo che sono involontari. Coloro che negano l'esistenza del peccato o addirittura lo giustificano si scandalizzano e si strappano i capelli per i peccati degli altri.
 
Come reagire di fronte a questa realtà? Se guardiamo a Dio e contempliamo la vita alla luce della sua misericordia, possiamo  scoprire i nostri peccati. Se ci fermiamo a contemplare il volto di Cristo inchiodato alla croce per amore del Padre e per il perdono dei peccati dell'umanità, allora ci renderemo conto delle ferite che abbiamo causato all’Amore con i nostri peccati.

Dalla contemplazione della sofferenza di Cristo e dall'apertura alla grazia divina, sperimenteremo il dolore del reato di Amore e avremo la forza di rialzarci per tornare alla casa del Padre, per ottenere il suo abbraccio compassionevole e partecipare alla celebrazione del perdono. Solo allora potremo sperimentare la misericordia infinita di Dio.

Pentirsi significa assumere l’atteggiamento concreto del pentito, che è quello di chi si mette sulla via del ritorno al Padre, che rivela la sua identità nell’avere sempre misericordia e nel perdonare i peccati.
 
Il sacramento della Confessione è la celebrazione dell’amore misericordioso di Dio, che ci dona il perdono dei nostri peccati, per mezzo di Cristo morto e risorto, il quale, mediante il ministero della Chiesa, ci riconcilia, nell’Amore dello Spirito Santo, con Dio e con i fratelli. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, il sacerdote, dopo aver confessato i nostri peccati, tenendo stese le mani (o almeno la mano destra) sul capo del penitente, traccia  il segno della croce e dichiara che sono perdonati i nostri peccati.

In questo modo si rende manifesto attraverso il segno sacramentale che l'amore di Dio è più forte del peccato. E nello stesso tempo la gioia e la pace conquistano il cuore dell'uomo perché il Signore ci ha ritrovati e ha fatto grandi cose per noi.
 
Nel sacramento della penitenza, in cui riceviamo il prdono in modo sacramentale, siamo invitati a ricnoscere la colpa, ammettendo come fece il re Davide la realtà dei nostri peccati con “cuore sincero” (cfr. Sal 50, 8) parché siano perdonati dalla misericordia infinita di Dio e ci sia data “la gioia della salvezza” (Sal 50, 14). La accusa personale dei peccati non deve ridursi a una generica manifestazione di sentirsi peccatori poiché, come afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica “la confessione dei peccati davanti al sacerdote è elemento essenziale di questo sacramento” (CCC 1424).
 
Cari Amici: è tempo di dimorare nell'amore di Dio e mettere la nostra vita al servizio dei fratelli. Che Dio ci conceda la grazia della conversione e il coraggio della confessione!

 

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