Omelia nella 34 domenica per annum
Cristo Re dell'universo

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 Dal Vangelo secondo Giovanni 18, 33-37
In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?».
Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».
Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». <<< + >>>
 
Si conclude, con la XXXIV domenica, l'anno liturgico.
Domenica prossima sarà la prima di Avvento e cominceremo un nuovo vangelo, quello di Luca.
Un  anno si chiude perché un altro se ne riapra.

L'anno liturgico ci ha aiutato a conoscere Gesù per essere suoi discepoli. Tutta la storia è segnata dall'evento Cristo. Tutta la liturgia ruota attorno ai misteri della incarnazione, passione, morte e risurrezione di Gesù. E, a conclusione di tutto ciò che è stato proclamato, la Chiesa dichiara che Gesù il Signore è re dell'universo.
La liturgia ci fa comprendere che il Signore, Re e Messia non è solo il punto a cui converge tutto l'Anno liturgico, ma Cristo Re è la meta del nostro pellegrinaggio terreno. Infatti la solennità odierna costituisce il coronamento delle feste della Chiesa, orientando e centrando l’attenzione del cristiano su Gesù redentore e Salvatore dell’uomo, che siede nella gloria alla destra del Padre, Re dei re e Signore dei signori.
 
Il Vangelo di Giovanni, che la liturgia della Parola propone in questa solennità, fa parte del secondo quadro del processo  romano contro Gesù che ebbe luogo, probabilmente, nel palazzo in cui risiedeva Pilato a Gerusalemme. Esso è incentrato sul colloquio tra il rappresentante dell’impero romano e il Giovane Rabbi di Nazaret.
Il brano evangelico inizia con le domande di Pilato relative alla regalità di Gesù e termina con le spiegazioni di Gesù circa modalità secondo cui si può dire che egli è re. 

Una mattina di aprile dell'anno trentesimo si incontrarono un prigioniero indifeso di nome Gesù e il potente rappresentante della Roma imperiale. Secondo l’evangelista, il crimine di cui Gesù era accusato consisteva nella pretesa di essere re. Pilato gli rivolse quattro domande per cercare di verificare quale tipo di regalità si fosse attribuita un Ebreo che era stato condotto al suo tribunale. Le interrogazioni del governatore Ponzio Pilato si collocavano in un contesto meramente politico. Ciò che a lui interessava era mantenere la calma in quella regione.
 
Le risposte Gesù sono andate al di là della portata stessa delle domande specialmente quando Gesù fece questa solenne proclamazione: «Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».
Questa dichiarazione riflette una caratteristica fondamentale che definisce la traiettoria profetica del Messia: la sua volontà di vivere nella verità di Dio. Gesù non solo disse la verità, ma cercò la verità e solo la verità di un Dio che vuole un mondo più umano per tutti i suoi figli e le sue figlie.

Quindi, Gesù parlò con autorità, ma senza falso autoritarismo.
Parlò con sincerità, ma senza dogmatismi.
Non parlò come i fanatici che cercano di imporre la loro verità. Né come i funzionari che la difendono per dovere, ma non credono in essa.
Non si sentì mai custode della verità, ma testimone.

 
Non dobbiamo dimenticare che nella lingua greca il testimone è detto "martire". Non c'è, dunque, da stupirsi che negli scritti di Paolo si dica che “Gesù Cristo … ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato” (1 Tm 6,13).
E al Governatore romano che lo incalzava: «Sei tu il re dei Giudei?», Gesù ─ testimone della verità che è Egli stesso (Gv 14,6)fece comprendere il senso della sua regalità. A Pilato, infatti, rispose: «Il mio regno non è di questo mondo … il mio regno non è di quaggiù».”. E sempre rivolgendosi al Governatore romano ammise: «Tu lo dici: io sono re».
 
Ma Cristo ha conquistato il suo trono regale umiliandosi fino alla morte  e alla morte di croce.
È la conquista del crocifisso; è la nostra redenzione.
Una conquista scaturita soltanto dall'amore, dalla misericordia, dalla piena riconciliazione.
Gesù con la morte in croce ha celebrato questo straordinario potere dell'amore.
Egli infatti con la sua passione, morte e risurrezione ha ridonato all'uomo l'eterna felicità; e chi si pone alla sua sequela gode già in terra degli effetti dell'appartenenza a questo regno.
Un regno non poggiato sulle forze armate né sul potere economico, né sul potere delle idee, ma sul potere dell'amore e della verità.

La Chiesa ci fa considerare la gloria del Figlio di Dio, il Signore Gesù, riconosciuto e adorato come sovrano dell'intero universo: "Il Signore regna - canta il Salmista - si ammanta di splendore; il Signore si riveste, si cinge di forza. Rende saldo il mondo, non sarà mai scosso. Saldo è il tuo trono fin dal principio, da sempre tu sei." ( Sl 92).
 
Ma la regalità di Cristo è una regalità di servizio e di dono, oblazione.
Il suo è un regno non di potere, ma di verità e non di ipocrisia, di bontà e di giustizia.
Il Re Messia ha offerto la sua vita per i suoi fino a versare tutto il sangue per la salvezza e la redenzione di tutti gli uomini.
La sua origine è eterna, perché la sua origine è nella sovranità stessa di Dio, quel Dio che il Cristo è venuto a rivelare: un Dio d'amore, un Dio che salva. E' questa la verità che Gesù, l'Uomo di Nazareth e il Cristo della fede è venuto a portare e a testimoniare; una verità che si incarna nella Sua persona; una verità che è tutt'uno con l'amore, che si rivelerà pienamente nel dono estremo di sé sulla Croce, per la redenzione di tutti gli uomini.
 
Cari Amici

Gesù di Nazareth, il Figlio di Dio,
    è Re da sempre;
    è Re degli uomini
    è Re dell'Universo;
    è il Verbo di Dio, l'Unigenito del Padre, fattosi uomo per amore;
    è il Messia promesso e atteso per generazioni.
 
Il cristiano gioisce di avere per Re e Signore il Principe della Pace, il Santo Dio, forte e immortale. Grazie al dono della fede in Gesù Cristo, il credente cammina sempre preso per mano da Lui, accompagnato dalla sua presenza, con il cuore ricolmo di Lui, sapendo di essere atteso in ogni momento per condividere la Parola e la mensa del Sacrificio. E’ una benedizione immeritata aver incontrato Gesù. Egli desidera incontrare ogni essere umano e ha bisogno della mediazione di testimoni fedeli, che lo rendano visibile nel mondo.
 
Gesù sarà il nostro re se sapremo accettare la sua autorità, ascoltare la sua Parola, praticare i suoi precetti. Fedeltà a Cristo Re dell’universo è ascoltare la sua voce, vivere le sue parole, attuare il suo progetto d'amore.
La nostra sudditanza è scandita dalla gioiosa adesione al suo Vangelo, da una incondizionata fedeltà, da una convinta comunione con lui.
Anche noi regneremo con Cristo se saremo capaci di assimilare Lui come colui che serve, che riconcilia e perdona e se saremo capaci di accogliere con gioia il dono stesso del Regno nel servizio ai fratelli.

L’appartenenza al Regno di Dio e il riconoscimento della sua sovranità su di noi e sull’Universo ci obbliga a lavorare per l’estensione di questo Regno, della sovranità di Dio e di Cristo poiché Egli sia conosciuto e riconosciuto come Re e Signore e l’umanità intera si costituisca come una sola famiglia che ha come Padre il Padre di Gesù Cristo e in solo corpo che ha come Capo Cristo Gesù nostro Dio e Signore e Re dell’universo.
 
Papa Paolo VI nel suo amore sconfinato per Gesù scrisse:  
 
O Cristo, nostro unico mediatore,
   Tu ci sei necessario per venire in comunione con Dio Padre, per diventare con Te, che sei Figlio unico e Signore nostro, suoi figli adottivi, rigenerati dallo Spirito Santo.
   Tu ci sei necessario, o solo e vero Maestro delle verità recondite della vita, per conoscere il nostro essere e il nostro destino, la via per conseguirlo.
   Tu ci sei necessario, o Redentore nostro, per scoprire la nostra miseria e per guarirla; per avere il concetto del bene e del male e la speranza della santità; per deplorare i nostri peccati e per averne perdono.
  Tu ci sei necessario, o Fratello primogenito del genere umano, per ritrovare la ragione vera della fraternità fra gli uomini, i fondamenti della giustizia, i tesori della carità, il bene sommo della pace.
  Tu ci sei necessario, o grande Paziente dei nostri dolori, per conoscere il senso della sofferenza e per dare ad essa un valore di espiazione e redenzione.
Tu ci sei necessario, o Cristo, o Signore, o Dio con noi, per imparare l'amore vero e per camminare nella gioia e nella forza della tua carità lungo il cammino della nostra via faticosa, fino all'incontro finale con Te amato, con Te atteso, con Te benedetto nei secoli" (Quaresima 1955).
 
Grati al Signore per averci fatto dono di un altro anno liturgico all'insegna dell'ascolto della sua Parola e nella partecipazione alla sua mensa eucaristica, rinnoviamo il nostro impegno di vita cristiana nella fedeltà totale alla fede e agli insegnamenti del Maestro, pronti a seguire il nostro Re con coerente entusiasmo, per testimoniare il suo Regno “eterno e universale: regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace”. (Prefazio)
 
Venga il tuo Regno, Signore!
 
O Dio, fonte di ogni paternità,
che hai mandato il tuo Figlio
per farci partecipi del suo sacerdozio regale,
illumina il nostro spirito,
perché comprendiamo che servire è regnare,
e con la vita donata ai fratelli
confessiamo la nostra fedeltà al Cristo,
primogenito dei morti
e dominatore di tutti i potenti della terra.

 

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