Lettera di san Paolo apostolo a Filemone
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Premessa
Questa riflessione non ha la pretesa di essere un approfondimento scritturistico-esegetico, ma solamente uno strumento catechistico/pastorale, attraverso il quale provocare nel lettore il desiderio di conoscenza e l’interesse per scoprire le meraviglie degli scritti dell’Apostolo Paolo.
Questa lettera di Paolo al suo amico Filemone occupa un posto unico tra gli scritti del Nuovo Testamento. È la lettera paolina più breve ed è connotata da un carattere assolutamente personale.
L'Apostolo, ormai vecchio, è imprigionato in un carcere. Timoteo e altri collaboratori sono al suo fianco, ma egli, a causa della delicatezza della questione di cui si occuperà, preferisce scrivere il proprio pugno e la propria lettera.
Filemone era un ricco cittadino romano, capo di una delle chiese che Epafra aveva stabilito a Colossi e amico di Paolo. Filemone era persona generosa e ben posizionata che Paolo stesso aveva probabilmente condotto alla fede in Gesù Cristo. E a sua volta divenne collaboratore di Paolo nell’espansione del Vangelo.
Filemone aveva uno schiavo di nome Onesimo, che un giorno fuggì in cerca di libertà.
Infatti, il motivo immediato di questa breve, ma preziosa missiva, sorse il giorno in cui Onesimo si presentò a Paolo, probabilmente cercando aiuto e protezione. La situazione di Onesimo era molto compromessa all'epoca, poiché era uno schiavo fuggito dalla casa del suo padrone, in questo caso, Filemone. Le leggi del tempo, considerando l’atto criminale, lo punivano con enorme durezza, persino con la morte.
Il rapporto così stabilito tra Paolo imprigionato e Onesimo ha dato al tema una svolta radicale diventando schiavo della fede di Gesù Cristo (v. 10). E Paolo, il prigioniero, doveva porre il problema a Filemone dalla prospettiva insolita che lui, il proprietario frustrato dello schiavo ribelle, dovrebbe riceverlo di nuovo nella sua casa, ma non come schiavo, ma come un fratello amato ... sia nella carne che nel Signore.
Avendo deciso l’apostolo che la cosa più opportuna sarebbe stato il ritorno dai Onesimo: «Te lo rimando, lui che mi sta tanto a cuore» (Fil 1,12), e sottolinea: «Se dunque tu mi consideri amico, accoglilo come me stesso» (Fil 1,17). In questo modo costringe l’uno e l’altro a riscoprire se stessi e a mettere alla prova la fede di entrambi.
A ben vedere la lettera non include molto testo dottrinale. Tuttavia, la supplica di Paolo a Filemone di riconciliarsi con lo schiavo Onesimo dimostra come le dottrine del Vangelo si applichino alla vita quotidiana. In questo caso, mostrano che il nostro rapporto con Gesù Cristo ci porta in un rapporto di carità e di amore con il prossimo e sottolineano l'importanza della misericordia e del perdono.
Con la soluzione data al problema, Paolo si pronuncia indirettamente contro la schiavitù, considerando il caso di Onesismo dalla prospettiva della legge dell’amore. Essa esige, nel nome di Cristo Gesù, che tutte le barriere siano demolite e che tutte le differenze di classe siano cancellate.
L'inclusione di questa lettera personale nel canone della Sacra Scrittura suggerisce che Filemone abbia ricevuto Onesimo come fratello nella fede. Questa lettera insegna che il Vangelo unisce i cristiani al di sopra del porprio passato e delle differenze sociali
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