Gaudete et exultate
Capitolo 1
La chiamata alla santità
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In preparazione alla Solennità di Tutti i Santi,
proponiamo una sintesi dei capitoli della Esortazione apostolica
del Santo Padre Francesco
GAUDETE ET EXULTATE
sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo,
del 19 marzo 2018 <+>
Dopo aver premesso, in poche righe di introduzione, che l’umile obiettivo della Esortazione apostolica è quello di “far risuonare ancora una volta la chiamata alla santità, cercando di incarnarla nel contesto attuale, con i suoi rischi, le sue sfide e le sue opportunità” (GeE 1) il Santo Padre Francesco chiarisce che il suo quinto documento magisteriale (due Encicliche: Lumen Fidei, Laudato sii’; due Esortazioni apostoliche: Evangelii gaudium, Amoris Laetitia) non vuole essere “un trattato sulla santità, con tante definizioni e distinzioni che potrebbero arricchire questo importante tema” (GeE 1). Egli preferisce proporre una descrizione della santità come l’aveva profilata il Concilio Vaticano II nella Lumen Gentium.
E avvia la riflessione nel primo capitolo che ha per titolo “La chiamata alla Santità”. Papa Francesco entra subito in medias res e avendo in mente che il Signore ha indicato a tutti la via della santità come via ordinaria per i battezzati, rasserena il lettore scrivendo di non pensare solo a quelli già beatificati o canonizzati. Con parole molto toccanti scrive: “Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della Chiesa militante. Questa è tante volte la santità “della porta accanto”, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio, o, per usare un’altra espressione, “la classe media della santità” (GeE 7). La santità va dunque cercata nella vita ordinaria e non in modelli ideali, astratti o sovrumani.
Al riguardo Papa Francesco sparge concetti che muovono davvero il cuore e la mente del lettore. Con il suo scritto esprime il convincimento che “la santità è il volto più bello della Chiesa” (GeE 9). E ribadisce con incisività che “Tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove si trova.
Sei una consacrata o un consacrato? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione.
Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa.
Sei un lavoratore? Sii santo compiendo con onestà e competenza il tuo lavoro al servizio dei fratelli.
Sei genitore o nonna o nonno? Sii santo insegnando con pazienza ai bambini a seguire Gesù.
Hai autorità? Sii santo lottando a favore del bene comune e rinunciando ai tuoi interessi personali” (GeE 14).
Sei una consacrata o un consacrato? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione.
Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa.
Sei un lavoratore? Sii santo compiendo con onestà e competenza il tuo lavoro al servizio dei fratelli.
Sei genitore o nonna o nonno? Sii santo insegnando con pazienza ai bambini a seguire Gesù.
Hai autorità? Sii santo lottando a favore del bene comune e rinunciando ai tuoi interessi personali” (GeE 14).
E continua: “Ogni santo è una missione; è un progetto del Padre per riflettere e incarnare, in un momento determinato della storia, un aspetto del Vangelo” (GeE 19). La santità sta nel vivere i misteri della vita di Cristo, “nel morire e risorgere continuamente con Lui” (GeE 20). E suggerisce: “Permetti [allo Spirito] di plasmare in te quel mistero personale che possa riflettere Gesù Cristo nel mondo di oggi” (GeE 23), in una missione per costruire il regno dell’amore, della giustizia e della pace universale.
Fatte queste considerazioni il Santo Padre Francesco descrive “l’attività che santifica”. E indica: “non è sano amare il silenzio ed evitare l’incontro con l’altro, desiderare il riposo e respingere l’attività, ricercare la preghiera e sottovalutare il servizio… Siamo chiamati a vivere la contemplazione anche in mezzo all’azione, e ci santifichiamo nell’esercizio responsabile e generoso della nostra missione” (GeE 26). E continua il Papa: “un impegno mosso dall’ansietà, dall’orgoglio, dalla necessità di apparire e di dominare, certamente non sarà santificante. La sfida è vivere la propria donazione in maniera tale che gli sforzi abbiano un senso evangelico e ci identifichino sempre più con Gesù Cristo” (GeE 28).
Il primo capitolo conclude con una bella affermazione: “più vivi, più umani”. Con vera premura il Papa sembra fugare le preoccupazioni di coloro che ascoltano questo insistente invito alla santità. Scrive papa Francesco: “Non avere paura della santità. Non ti toglierà forze, vita e gioia. Tutto il contrario, perché arriverai ad essere quello che il Padre ha pensato quando ti ha creato e sarai fedele al tuo stesso essere” (GeE 32).
Siamo tutti chiamati alla santità, qualsiasi sia il nostro ruolo. Anzi: “Ogni cristiano, nella misura in cui si santifica, diventa più fecondo per il mondo” (GeE 33). Anzi: “La santità non ti rende meno umano!” (GeE 34).
Oltre alle grandi sfide, la santità cresce attraverso piccoli gesti: rifiutarsi di spettegolare, ascoltare con pazienza e amore, dire una parola gentile a un povero.
Oltre alle grandi sfide, la santità cresce attraverso piccoli gesti: rifiutarsi di spettegolare, ascoltare con pazienza e amore, dire una parola gentile a un povero.
Papa Francesco conclude il primo capitolo con parole che dicono la bellezza della santità: “la santità è l’incontro della tua debolezza con la forza della grazia” (GeE 34).
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