Emergenza educativa
Il ruolo dell’educatore
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Quarta Parte
Chi, a titoli differenti, si assume la responsabilità dell'azione educativa non può sottovalutare mai che ogni educando va sempre considerato come persona: cioè come soggetto originale e irripetibile.
Ecco perché ogni individuo necessita di un proprio itinerario educativo.
Tra i diversi modelli pedagogici che propongono le scienze dell'educazione, quello che maggiormente può sembrare più adatto appare essere il modello non direttivo.
Che cosa significa?
Per modello non direttivo si intende la rinuncia ad assumere una qualsiasi direzione del processo educativo, per puntare unicamente sul valore che la relazione stabilita con l'educando assume in termini di sostegno e di rilancio delle capacità individuali di sviluppo autonomo.
Con una descrizione plastica si potrebbe dire che l'azione educativa non direttiva è paragonabile a un educatore che con pazienza e disponibilità cammina alle spalle dell'educando, con le braccia tese, senza imbrigliarlo e quasi senza farsene accorgere, pronto a sostenerlo in caso di inciampo o di caduta.
Si tratta, come si deduce dall'esempio, di lasciar camminare il soggetto lungo le strade della vita, sperimentando la quotidianità delle esperienze, non sostituendosi ad esso, consentendogli di vivere, pronti, tuttavia a intervenire energicamente e anche con determinazione in caso di pericolo.
L'intervento, anche quello dei genitori è educativo, quando non si pone come imperativo di cose da eseguire o di comportamenti da acquisire, ma quando diventa servizio per il processo di autodeterminazione e autoformazione dell'educando per aiutarlo a liberarsi dai propri condizionamenti e sviluppare la capacità di determinazione.
L'azione educativa si esprime nella fermezza e nella vigilanza e si esercita mediante l'esempio. La funzione dell'educatore è essenzialmente una funzione di esemplarità o meglio di testimonianza.
Attraverso tale esempio l'educatore suscita nell'educando comportamenti motivati dando concreta manifestazione della propria realizzazione in ordine alla propria personalità e nei confronti della realtà sociale in cui vive e opera.
È assai facile comprendere che sarebbe anti-educativo chiedere al proprio figlio assunzioni di responsabilità e/o attuazioni di comportamenti, nei confronti dei quali il genitore per primo è inadempiente.
Come si può pensare di educare un figlio al rispetto per gli altri, alla stima verso il prossimo, alla solidarietà e alla giustizia, all'onorare gli impegni assunti, se proprio il genitore non da testimonianza concreta di ciò che chiede e propone?
Viene qui in mente il proverbio, che tante volte si cita: le parole volano, gli esempi trascinano! O ciò che ricordava, molto sovente, quel grande educatore che fu S. Giovanni Bosco ai suoi collaboratori: «Quello che più conta è la predica del buon esempio!».
Vi sono, poi, alcuni atteggiamenti, che certamente non favoriscono una azione educativa costruttrice di personalità. E sono atteggiamenti che mettono in discussione il ruolo stesso degli educatori.
· L’educatore iper-esigente è portato a esigere una certa perfezione sulla base di un suo schema perfettivo, che quasi mai egli vive a fondo e in pienezza. Tale atteggiamento suscita nell'educando sintomi di ansia, insicurezza, dubbio e, non di rado, complessi di inferiorità, in quanto non si sente mai all'altezza di quanto gli si chiede, perché da lui si esigono spesso compiti più alti delle sue capacità.
· L’educatore iper-indulgente soddisfa ogni minimo desiderio, gratifica e accontenta in ogni modo. Pronuncia delle affermazioni, detta degli orientamenti da osservare, ma poi non sa resistere alle richieste del soggetto e cede. Il risultato sarà quello di aver contribuito a formare personalità incapaci di qualunque scelta che costi il benché minimo sacrificio. Tali soggetti pretenderanno tutto e subito e lo chiederanno anche con arroganza e prepotenza.
· L’educatore identificatore dimentica che ogni individuo è persona unica e irripetibile, dotata di personalità propria e costringe l'educando a conformarsi passivamente e in modo remissivo ai desideri e ai voleri dell'educatore. Un tale progetto educativo, se così lo si può chiamare, non sortirà alcun buon risultato, anzi: l'individuo sarà quasi sicuramente un soggetto privo di propria capacità di discernimento e di valutazione.
· L’educatore svalutatore svaluta l'educando nelle sue capacità creative, nelle sue qualità intellettive, fisiche, etiche, sociali, minimizzando o ridicolizzando i risultati conseguiti, con la triste conseguenza di aver trasmesso un forte senso di inferiorità e di insicurezza, e a tratti anche di disistima personale.
· L'educatore antagonista è colui che in qualche modo respinge l'educando, anche con sottili e pericolosi giochi psicologici di derisioni, di rifiuto, di emarginazione. Con il risultato di ingenerare sentimenti di abbandono, con conseguente aggressività per essere accettato.
Ma qui concludiamo questa prima panoramica, forse un poco tecnica, relativa all'educazione e al ruolo degli educatori, per considerare un altro aspetto della dinamica educativa: quello del metodo.
il metodo educativo
Ha scritto Louis Evely nel suo Educare educandosi: «L'educazione è un'arte: ciò che essa richiede di più è previdenza e tatto. Dimenticando le proprie ambizioni, i pregiudizi personali, l'educatore si mette appassionatamente al servizio di colui che vuole educare».
Non è certo impresa facile proporre un metodo educativo. Sia perché, lo si è detto, nell'educazione non ci sono facili ricette; sia anche perché i modelli pedagogici, oltre che, rispondere a certe sensibilità, si configurano molto e in un certo senso sono mediati da correnti ideologiche di differente orientamento.
Pur tuttavia, nell'economia di questo volume, una proposta sembra doveroso formularla.
Ci riferiamo al sistema preventivo di San Giovanni Bosco, pur non disattendendo il fatto che egli aveva prevalentemente, quali destinatari, giovani in situazione istituzionalizzata: i celebri oratori.
Il nostro itinerario, invece, si riferisce a una realtà educativa nell'ambito familiare.
Il sistema preventivo fonda la sua peculiarità sull'attenta preoccupazione per gli individui, le singole personalità degli educandi, ciascuno dei quali è al centro di un processo educativo fatto di inviti, proposte, possibilità, scelte, decisioni.
Don Bosco era solito ripetere: «Lasciate ai giovani piena libertà di parlare di cose che maggiormente loro aggradano: il punto sta di scoprire in essi i germi delle loro buone disposizioni e procurare di svilupparli. E poiché ciascuno fa con piacere soltanto quello che sa di poter fare, io mi regolo con questo principio e i miei giovani lavorano tutti non solo con attività, ma con amore». Secondo gli insegnamenti del santo di Valdocco la confidenza, la fiducia, l'amore, la collaborazione, sono le condizioni per ogni autentico rapporto educativo.
La radice del sistema educativo di don Bosco è l'amore, che nell'educatore diventa ragione e amorevolezza e nell'educando confidenza spontanea e spontanea collaborazione.
L'amorevolezza trasforma il rapporto educativo in rapporto filiale e l'ambiente educativo in una famiglia.
Perciò l'amorevolezza è considerata come il principio informatore. Tutte le più diverse problematiche della pedagogia sono affrontate e risolte dal santo dei giovani dalla sua pedagogia del cuore. Infatti ogni atto educativo deve essere soffuso di carità e di amorevolezza.
La pratica del sistema preventivo trova fondamento, secondo l'espressione stessa di don Bosco, nelle parole dell'apostolo Paolo: “la carità è paziente... tutto copre, tutto spera, tutto sopporta” (1Cor 13, 4-7).
Sulla base di tali considerazioni - e visto soprattutto che siamo alla ricerca di un modello educativo da proporre alla famiglia, chiamata ad essere comunità educante - accostiamo più da vicino il sistema preventivo di don Bosco. L'amorevolezza è precisamente l'amore dell'educatore verso l'educando e mentre tende al progetto educativo, al tempo stesso si preoccupa che il giovane si senta amato. L'amorevolezza implica dunque la carità soprannaturale, cioè il vero e spirituale amore di Dio e del prossimo.
Ma un secondo elemento che corrobora il sistema preventivo: è la ragionevolezza, che è fatta di adattamento e di intelligente comprensione.
Essa include pure l'affetto, cioè il palpito umano della benevolenza e dell'affezione. Infatti, chi si propone come guida, deve possedere la chiarezza delle idee e della verità e non cedere alla suggestione emotiva o alla pressione del sentimento. Essere ragionevoli - nell'orizzonte educativo - significa, in sostanza, evitare stranezze, avere buon senso, usare semplicità e naturalezza, evitare artifizi.
Del resto, l'equilibrio tra la ragione e il cuore è il punto più difficile da stabilirsi e da mantenere in ogni prassi educativa impegnata e consapevole. La ragione sta all'inizio di tutto il processo educativo nella forma del preavviso leale e senza ambiguità. Il ragazzo deve sapere prima chiaramente ciò che deve fare e deve esser aiutato a ricordarlo.
Ma non è sufficiente preavvisare. Occorre che la ragionevolezza sia anche condivisa dall'educando, sino a diventare coscienza di una effettiva e personale responsabilità. Il metodo della ragione è insieme il metodo della persuasione e del convincimento.
Il sistema preventivo raccomanda di farsi amare e non di farsi temere. Non omette mai di raccomandare la carità, i modi affabili e - in certi casi - anche la tolleranza nell'esigere l'obbedienza.
La disciplina è per il grande educatore obbedienza a un ordine razionale, al quale tutti sono tenuti.
Anche la correzione deve essere permeata d'amore.
Ragione e amorevolezza trovano così un'applicazione concreta nei momenti più delicati dell'opera educativa. Di grande valore psicologico e pedagogico è l'atteggiamento della paziente attesa da adottarsi prima della correzione. I mezzi coercitivi non sono mai da adoperarsi, ma sempre e solo quelli della persuasione e dell’affetto. Il castigo non deve essere dato se non dopo aver esauriti tutti gli altri mezzi, e se c'è speranza di qualche profitto per l'interessato. In ogni caso, deve essere ragionevole e amabile nel tempo e nel modo.
Sono princìpi fontali che non perdono mai nulla della loro efficacia e rimangono validi itinerari per una adeguata e costruttiva azione educativa.
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