60 anni del Concilio Vaticano II
Perfectae Caritatis
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Papa Francesco ha chiesto che in preparazione dell'Anno Santo del 2025
il corrente anno sia dedicato alla riscoperta dell’insegnamento conciliare.
Prepararsi al Giubileo del 2025 riprendendo tra le mani i testi del Concilio Ecumenico Vaticano II
è l’impegno” che il Papa chiede a tutti i credenti come momento di crescita nella fede.
DECRETO SUL RINNOVAMENTO DELLA VITA RELIGIOSA
Il decreto conciliare Perfectae Caritatis è indirizzato a tutti gli istituti di perfezione, i cui membri professano di perseguire la perfezione cristiana sotto la disciplina speciale dei consigli evangelici di castità, di povertà e di obbedienza. Quindi riguarda non solo le cosiddette Religioni dove si emettono i tre voti pubblici semplici o solenni; si estende anche alle Società senza voti pubblici, sia di vita comune, che prive di tale vita comune, quali sono le Società di Vita apostolica, secondo l'ordinamento della Costituzione Apostolica Provida Mater.
Per sua finalità e tenore, Perfectae Caritatis s'inserisce armoniosamente nel grandioso quadro dell'opera rinnovatrice del Vaticano II.
Fondamento teologico dello stato di perfezione
La Commissione Preparatoria dei Religiosi fu, fin dall'inizio dei suoi lavori, sollecita nel porre in piena evidenza e maggior ridevo il fondamento teologico dello stato di perfezione e la sua organica inserzione nella compagine ecclesiastica. Infatti, lo stato di perfezione non è una creazione puramente giuridica del potere gerarchico della Chiesa. Emerge nella sua sostanza dal Vangelo stesso, scaturisce dalla dottrina e dagli esempi del Divino Maestro e Fondatore della Chiesa.
Perciò, nonostante il suo compatto apparato giuridico e la sua stretta dipendenza ecclesiale, non sembra lecito vedere nello stato di perfezione un semplice aggiunto contingente venuto in tempo opportuno a completare e arricchire l'organizzazione della Chiesa. Nella sua essenza, appartiene alla struttura stessa della Chiesa, essendo un elemento, non della Ge-rarchia, ma della compagine ecclesiale voluta da Cristo, non per modo di precetto imposto a tutti, bensì con chiaro e premente invito alle anime generose capaci di abbracciarne gli obblighi come di gustarne i pregi.
Perciò, nonostante il suo compatto apparato giuridico e la sua stretta dipendenza ecclesiale, non sembra lecito vedere nello stato di perfezione un semplice aggiunto contingente venuto in tempo opportuno a completare e arricchire l'organizzazione della Chiesa. Nella sua essenza, appartiene alla struttura stessa della Chiesa, essendo un elemento, non della Ge-rarchia, ma della compagine ecclesiale voluta da Cristo, non per modo di precetto imposto a tutti, bensì con chiaro e premente invito alle anime generose capaci di abbracciarne gli obblighi come di gustarne i pregi.
Onde prestare maggior forza al fondamento teologico dello stato di perfezione, la Commissione Preparatoria dei Religiosi ha chiesto ed ottenuto dalla Commissione Teologica che esso venisse trattato nella Costituzione dogmatica Lumen Gentium. Così è sorto il Capitolo VI De Religiosis, che descrive, tra l'altro, il fondamento teologico dello stato di perfezione e della professione dei consigli evangelici.
Indole pastorale del Decreto
Tenendo conto dell'orizzonte prefissato, il decreto Perfectae Caritatis non doveva essere un trattato dottrinale e neppure giuridico, della vita religiosa, ma un'opera pastorale del rinnovamento vitale degli istituti di perfezione, proponendo norme pratiche, benché generali, al fine di stimolare e guidare la loro attività al riguardo.
Inoltre, il Decreto intende far splendere, quasi in luce copiosamente derivata dal Vangelo, la vita religiosa, rinnovando anche i suoi concetti e presentandola nell'armoniosa e vitale sintesi della vita spirituale intimamente unita alla persona di Gesù Cristo.
Norme fondamentali del rinnovamento
Come norma suprema s'impone il seguire Cristo verso la santità, sulla via, specialmente dei consigli evangelici, mostrataci nel Vangelo, istruiti dai suoi insegnamenti e attratti dai suoi esempi (2, a). Per altro, gli istituti religiosi nascono dal cuore dei loro Fondatori, i quali, ispirandosi al Vangelo e docili agli impulsi dello Spirito Santo, danno loro vita, quasi trasfondendo in essi la propria anima. Quindi nessun istituto può autenticamente rinnovarsi senza ritornare a chi l'ha ideato, costituito, orientato, animato, assegnandogli un compito speciale e sacro da svolgere nella Chiesa (2, b).
Tuttavia, appartenendo alla Chiesa, essi devono in qualche modo commensurarsi alle sue dimensioni (2, e).
Ma perché il rinnovamento proceda sicuro, è necessario sempre tener conto della gerarchia dei valori. La vita religiosa è ordinata anzitutto a seguire Cristo sulla via dei consigli evangelici, coltivando l'unione spirituale con Dio nella perfetta carità; quindi, il primo posto spetta al rinnovamento spirituale delle anime (2, e). Perciò viene rilevato che l'aggiornamento delle costituzioni, benché opportuno, rimarrebbe sterile senza il rinnovamento effettivo interiore (2-4).
Consolidamento delle istituzioni dello stato di perfezione
Passando in rassegna le principali forme di vita religiosa, il Decreto ne esalta l'eccellenza e ne rivendica l'utilità. Gli istituti di vita contemplativa, comunemente detti di clausura, conservano, come prima, il loro posto privilegiato nel Corpo mistico di Cristo; sono dunque da mantenersi ed incoraggiarsi, considerando che la loro vita di preghiere e di penitenze non è soltanto culto divino e santificazione dell'anima, ma anche autentico apostolato (7). Gli istituti dediti alle attività esterne attraggono più facilmente l'attenzione e la stima. Però, è indispensabile che i loro membri si applichino a ricavare dalla vita religiosa interna stessa l'ispirazione e il sostegno dell'apostolato (8). La vita monastica, prima forma di vita religiosa organica, che lungo il corso dei secoli si acquistò insigni benemerenze verso la Chiesa e la società, è giustamente lodata e incitata a continuare nel suo genuino spirito sia in Oriente che in Occidente la sua provvida missione (9).
Confermate varie forme dello stato di perfezione, il Concilio con la stessa sollecitudine ed autorità appoggia i recenti istituti secolari, i cui membri si consacrano autenticamente, con la professione dei consigli evangelici, al servizio di Dio e della Chiesa, che servono secondo un ordinamento adatto alla loro condizione secolare e rispondente all'ambiente sociale che hanno missione di impregnare di vita cristiana (11).
Rinvigorimento della prassi dei consigli evangelici
Il rinnovamento della vita religiosa non può essere effettivo senza un certo rinvigorimento della prassi dei consigli evangelici, il Concilio pone nella luce evangelica l'eccellenza e il pregio della castità, della povertà e dell'obbedienza « di cui Cristo è il modello » (25), e corregge alcune opinioni errate che turbano gli istituti religiosi.
Afferma che la continenza è normalmente possibile, purché prudentemente vigilata. Lungi dal recare danno alla personalità, la sublima al di sopra della condizione puramente umana; perciò, il celibato consacrato a Dio è da abbracciarsi « anche come un bene per lo sviluppo integrale della propria persona » (12).
La povertà religiosa non è unicamente disaffezione interna dai beni terreni; è privazione effettiva di quanto non è necessario o veramente utile, sia per l'individuo che per la comunità. Anzi una rinuncia al proprio patrimonio da chi ha voti semplici potrà essere permessa dalle Costituzioni (13).
L'obbedienza non è semplice disciplina dell'ordine sociale e delle opere da compiere; è sottomissione filiale e universale della propria volontà, per il tramite dei Superiori, alla volontà di Dio Padre nostro, a somiglianza di Cristo ubbidiente in tutto e fino alla Croce.
Così intesa, l'obbedienza religiosa, non è avvilimento della persona, ma sublimazione della medesima in quanto l'unisce intimamente e amorevolmente a Dio in cui « la fa pervenire al suo pieno sviluppo » (14).
Conclusione
Dopo aver offerto alcune norme concrete e di proficuo rinnovamento [cf. 15-24], il Concilio conclude esprimendo con compiacenza la sua stima verso lo stato di perfezione di questo genere di vita verginale, povero e ubbidiente, di cui Gesù Cristo è l'esemplare. Nutre la speranza che i Religiosi, fedeli alla loro vocazione e pronti ad eseguire le norme del Decreto Perfectae Caritatis, «progrediranno ogni giorno più ed apporteranno frutti di salvezza sempre più abbondanti » (25).
Il Decreto Perfectae Caritatis fu approvato da 2325 Padri il 28 ottobre 1965 con 2321 voti favorevoli e 4 voti contrari.
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