Quaresima: le opere di misericordia corporale

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Le 14 opere di misericordia sono state chiamate il "breviario dei nostri doveri verso il prossimo", un tempo appreso a memoria e ripetuto in diverse occasioni e oggi un poco abbandonato. La misericordia che Gesù ha vissuto e predicato diventa beatitudine: "Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia" (Mt 5,7) e imperativo: "Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro" (Lc 6,36). Il catechismo distingue tra opere di misericordia spirituale e opere di misericordia corporale, fissando due gruppi di sette, cifra simbolica del linguaggio biblico per esprimere la compiutezza e la totalità.


Le opere di misericordia corporali traggono fondamento dal capitolo 25 del vangelo di Matteo dove, per la maggioranza, sono elencate in maniera esplicita per indicare il giudizio che verrà compiuto sul credente alla fine dei tempi. Per chi ha realizzato queste azioni – come anche a quanti si sono sentiti esonerati dal doverlo fare - risuonerà la parola del Signore: “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli lo avete fatto a me” (Mt 25,40).

 

Dar da mangiare agli affamati

 

– “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il premio preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare” (Mt 25,35).

– “Signore, quando ti abbiamo ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare?” (25,37).

– “In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose ad uno solo dei miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. (Mt 25,40).

Questa prima opera di misericordia corporale chiede anzitutto di aprire gli occhi sulla fame e sulla povertà del mondo dove la fame comporta non solo assenza di cibo, ma anche impossibilità a curare la salute, ad accedere alla scuola, ad avere un lavoro e un reddito. La permanenza della povertà nel mondo ci dice che la misericordia deve diventare costume di vita, deve portarci a verificare lo stile dei nostri consumi, ad evitare tutto ciò che è superfluo per destinarlo ai poveri ai quali appartiene, a praticare perciò non solo l'elemosina, ma la condivisione, la comunione con gli altri. Dar da mangiare agli affamati, infatti, invita all’astensione da consumi superflui, ci sprona a fare qualche digiuno serio, per devolvere una somma adeguata in denaro per vincere la fame nel mondo. La misericordia di Cristo, infatti, alla quale facciamo riferimento, nella fede, è stata ed è condivisione.

 

Dar da bere agli assetati 

 

– “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il premio preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché ho avuto sete e mi avete dato da bere(Mt 25,35).

– “Signore, quando ti abbiamo visto assetato e ti abbiamo dato da bere?” (25,36).
– “In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose ad uno solo dei miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” . (Mt 25,40).

Dar da bere agli assetati è la seconda opera di misericordia corporale, ed è un invito ad astenerci dalle bevande costose, a soffrire anche un po’ la sete pensando a quanti nel mondo del 2000 muoiono ancora di sete, e a offrire una somma adeguata di denaro per estinguere la sete nel mondo. Donare acqua è un’opera molto attuale che deve impegnare non solo le nazioni ricche ma anche la chiesa e i singoli cristiani a prendere forti iniziative per debellare il flagello della sete che colpisce molte popolazioni e della siccità che brucia le loro campagne. La mancanza di acqua richiama all'attenzione la situazione catastrofica in molte zone del pianeta, dove da anni piove sempre meno e dove le sabbie del deserto avanzano, seminando la morte. Senza acqua non si può vivere, non si può coltivare, è impossibile l'igiene, problematica la prevenzione come anche la cura delle malattie. Questo disastro ecologico è da imputare in parte non trascurabile – dicono i biologi – all'opera nefasta dell'uomo. Noi stessi rischiamo di distruggere con le nostre mani il nostro ambiente umano. Il Signore ritiene dato a sé un bicchiere d'acqua fresca offerto ai fratelli più umili e bisognosi. 

 

Vestire gli ignudi

 

– “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il premio preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ero nudo e mi avete vestito” (Mt 25,36).
– “Signore, quando ti abbiamo visto nudo e ti abbiamo vestito?” (25,39).
– “In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose ad uno solo dei miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”
(Mt 25,40).

Vestire gli ignudi. Gente che non ha la sufficienza per coprirsi ce n’è sempre nel mondo. Lo diceva tanti e tanti secoli fa anche il libro di Giobbe (24,7): “Nudi passan la notte, senza panni, non hanno da coprirsi contro il freddo”. Ci sono nudità da intendersi in senso letterale come impossibilità, cioè, di coprirsi per difendersi dal freddo, e per presentarsi dignitosamente agli altri: è la nudità più umiliante, segno e frutto di estrema povertà. E' opera di misericordia donare un vestito, indumenti intimi, calzature a chi ne è privo. E' misericordia vera se gli indumenti donati sono in ottimo stato, possibilmente nuovi, acquistati con nostro sacrificio, magari risparmiando sui nostri vestiti, evitando l'esibizionismo del capo firmato. Certa carità, fatta con vestiti vecchi e rattoppati, liberandoci di cose inutili che noi non indosseremmo mai, viene identificata dalla gente semplice come "carità pelosa". C'è anche una nudità che coincide con l'assenza di un tetto. Nelle grandi città ci sono i cosiddetti "baraccati". Le baracche sono l'ultimo anello di una serie di abitazioni chiamate eufemisticamente "improprie". Impropria significa molto spesso: umidità che deturpa e consuma, assenza di servizi igienici, promiscuità per la ristrettezza dei locali, rischio di malattie infettive. Le baracche non ci sono ovunque; abitazioni improprie esistono in ogni città. La carità in questi casi deve procedere strettamente collegata con la giustizia e deve tradursi nell'impegno politico perché il diritto alla casa sia una realtà per ogni uomo.

 

Ospitare i pellegrini

 

– “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il premio preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ero carcerato e siete venuti a trovarmi” (Mt 25,36).

– “Signore, quando ti abbiamo visto in carcere e siamo venuti a trovarti?” (Mt 25,39).
– “In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose ad uno solo dei miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”
(Mt 25,40).

La mentalità attuale, consumistica ed egoista, è in netto contrasto con la carità cristiana e solo le opere di misericordia possono aiutare a trovare una coscienza e una coerenza evangelica. Nella realtà odierna ospitare i pellegrini non è offrire un semplice aiuto, ma aprirsi alla persona e non soltanto ai suoi bisogni.

Accogliere il pellegrino, lo straniero, è fare loro spazio nella propria città, nelle proprie leggi, nella propria casa, nelle proprie amicizie, mentre spesso oggi l'aridità d'animo non è sensibile alle necessità del fratello che si trova in stato di bisogno.

La mentalità attuale, consumistica ed egoista, è in netto contrasto con la carità cristiana e solo le opere di misericordia possono aiutare a trovare una coscienza ed una coerenza evangelica. Nella realtà odierna ospitare i pellegrini non è offrire un semplice aiuto, ma aprirsi alla persona e non soltanto ai suoi bisogni. Accogliere il pellegrino, lo straniero, è fare loro spazio nella propria città, nelle proprie leggi, nella propria casa, nelle proprie amicizie, mentre spesso oggi l'aridità d'animo non è sensibile alle necessità del fratello che si trova in stato di bisogno.

 

Visitare gli infermi

 

"Venite benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il premio preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ero malato e mi avete visitato”. (Mt 25,36).
- "Signore, quando ti abbiamo visto ammalato e siamo venuti a visitarti? (Mt 25,39).

- "In verità vi dico: Ogni volta che avete fatto questo a uno di questi più piccoli, l'avete fatto a me"(Mt 25,40).

La quinta Opera di Misericordia Corporale: Visitare gli infermi, torna di grande attualità in questo Anno Santo, sebbene sia valida in tutti i tempi della vita di un cristiano. C'è sempre qualche malato o anziano cui regalare un po’ di quella vita che la malattia ruba. Visitare è testimoniare una vicinanza concreta che non esige parole inutili ma anche solo una mano da tenere stretta, una carezza da regalare, una preghiera da fare insieme. Il vero amore ci costringe a cambiare radicalmente il nostro modo di pensare e di agire e ci sospinge a costruire la nostra vita sul fondamento della nuova vita in Cristo. Il malato ha bisogno di umanità. La sua condizione lo rende particolarmente sensibile all'affetto, al colloquio, al rapporto personale. C'è qui un grande spazio per l'esercizio della misericordia, soprattutto per i malati che non hanno nessuno e che, per la lontananza dalla propria residenza, più difficilmente vedono parenti e amici. Dovunque ci sono malati, lì il Signore dà appuntamento ai cristiani. Quando avviciniamo un infermo o un anziano incontriamo sempre Gesù.

 

Visitare i carcerati

 

– “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il premio preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ero carcerato e siete venuti a trovarmi” (Mt 25,36).

– “Signore, quando ti abbiamo visto in carcere e siamo venuti a trovarti?” (25,39).
– “In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose ad uno solo dei miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”
(Mt 25,40).

Ci troviamo di fronte a un mondo conosciuto soltanto attraverso i giornali e la televisione per alcuni episodi sconcertanti che avvengono nelle carceri, e per le tristi vicende di coloro che per il desiderio di sfrenata libertà e cupidigia, rovinano se stessi e le loro famiglie. Possiamo affermare che è dovere dei discepoli di Gesù Cristo conoscere questo triste affare e usare misericordia, almeno nel profondo del nostro cuore. Visitare i carcerati oggi non vuole significare soltanto andare dentro un carcere, ma anche aiutare e sostenere con partecipazione e condivisione i congiunti che sono fuori, in un carcere invisibile costituito dall'emarginazione e dall'indifferenza in cui sono costretti a vivere. L'impegno quindi è importante e anche oneroso: sarà tanto più significativo per quanto, attuato con spirito di comprensione e di partecipazione, potrà rappresentare prevenzione verso il crimine ed educazione alla libertà, bene comune e irrinunciabile.

 

Seppellire i morti

 

La settima opera di misericordia corporale è: Seppellire i morti. Quest’opera di misericordia ci porta a vivere intimamente la Pasqua di Cristo nei fedeli che muoiono.
Partecipando al Rosario e alla santa Messa insieme ai familiari del defunto, tutta la Chiesa prega per i suoi figli incorporati, per mezzo del Battesimo, a Cristo morto e risorto, perché con lo stesso Signore nostro Gesù passino dalla morte alla vita. Così i nostri defunti vengono accolti in Paradiso, in compagnia di tutti gli angeli e i santi.

I gesti che si compiono in quella occasione, come l'aspersione con l’acqua benedetta, l’incensazione e la processione che accompagna il defunto in chiesa e al cimitero, e tutte le preghiere che si innalzano a Dio, ci dicono con chiarezza che quei corpi attendono la beata speranza della risurrezione. Partecipare ai funerali, non per semplice convenienza, ci viene data la possibilità di immergerci nella riflessione sulla morte, sulla caducità della vita e sulla vanità di tutta la nostra superbia.