La vita eterna
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È sempre molto difficile dovere spiegare a qualcuno qualcosa che non si conosce direttamente, qualcosa che non conosce né colui che spiega è colui che riceve la spiegazione. Noi parliamo di vita eterna in un orizzonte di fede non perché qualcuno sappia cosa si. Il concetto terreno che abbiamo di eterno è di cosa che non ha principio né fine, cioè di cosa che dura indefinitamente. Infatti “Vita eterna” è un’espressione che si contrappone alla nostra esperienza di vita che finisce con la morte.
Parlare di cosa succeda nella vita eterna dopo la morte è sempre problematico perché non abbiamo documentazione e neppure testimonianze dirette, e dobbiamo sempre rifarci alle parole evangeliche, a San Paolo, e al magistero della Chiesa. Lo stesso Catechismo della Chiesa Cattolica ammette: “Questo mistero di comunione beata con Dio e con tutti coloro che sono in Cristo supera ogni possibilità di comprensione e di descrizione”. (1027)
Chiariamo innanzi tutto che «eterno» non è solo ciò che non ha principio né fine, ma anche ciò che una volta venuto all'esistenza non ne esce più. E gli uomini appartengono a questo secondo aspetto. Ciò che non ritorna nel nulla è eterno, e questa è la rivelazione e la promessa di Gesù agli uomini quando disse che sarebbe andato a preparare i posti per i suoi discepoli, perché siano anch'essi dove lui è (Gv 14,3).
Che cos'è dunque la «vita eterna»? Ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica: “Per il cristiano, che unisce la propria morte a quella di Gesù, la morte è come un andare verso di lui ed entrare nella vita eterna”. (1020)
Per esprimere e raccontare la vita eterna, le sante Scritture ricorrono al linguaggio simbolico, un linguaggio aperto, evocativo e allusivo, un linguaggio rispettoso del mistero, dell’alterità e della santità di Dio. È un linguaggio iconico, dunque poetico, e non dimentichiamo che solo la creatività poetica può osare dire Dio e cercare di evocare il suo Regno. Ecco perché, per raccontare la vita eterna, si è imposta soprattutto un’immagine biblica, simbolo della beatitudine eterna: il paradiso (parola di origine persiana che significa “giardino”).
Ma la vita eterna non è un luogo, ma è uno «stato» di comunione, un «contatto» dell'uomo con Dio, visto faccia a faccia, come egli è (1Gv). La vita eterna è l’eredità che Dio dà ai suoi eletti, ai credenti in suo Figlio Gesù Cristo. La persona umana entra nel vivo dell'essere di Dio e ne viene travolto dall'amore e dalla gioia senza fine. L'amore divino e umano che si fondono, producono nell'uomo un effetto talmente grande di gioia e pace che nessuno se ne vorrà più privare. È la testimonianza di quasi tutti i santi che sostengono che il momento più tragico per l'anima è al termine dell'estasi, ossia dal contatto con Dio. Ricorda ancora il Catechismo della Chiesa Cattolica: “Questa vita perfetta, questa comunione di vita e di amore con la Santissima Trinità, con la Vergine Maria, gli angeli e tutti i beati è chiamata « il cielo ». Il cielo è il fine ultimo dell'uomo e la realizzazione delle sue aspirazioni più profonde, lo stato di felicità suprema e definitiva”. (1024)
L'amore è la più grande e la più dignitosa attività che un uomo possa fare; amare significa conoscere l'altro nella sua pienezza e mentre l'altro viene conosciuto come altro, si impara a conoscere se stessi. I santi dicono che quando s'incontra Dio, nella luce di Dio, vedono se stessi e si rendono conto di chi sono e di quanta distanza c'è tra essi e Dio. La luce divina, mentre li fa brillare di conoscenza, disvela anche tutti i difetti dell'anima, che diventa trasparente all'amore divino. Ecco perché non ci si annoierà mai ad amare Dio per l'eternità: la nostra conoscenza non potrà mai percorrere il suo essere totalmente, e amandolo sempre più profondamente noi lo scopriremo nella ricchezza della sua vita trinitaria.
Questa intimità con Dio sarà l'attività più elevata dell'uomo e la gioia e la consolazione saranno talmente elevate che nessuno oserebbe rinunciarci. Amare sarà, dunque l'attività e l'impegno più oneroso che la vita eterna comporterà, perché l'ingresso nella vita divina è un'attività infinita.