La sindrome della capanna

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Tra le tante sindromi a disposizione del vocabolario psicoterapeutico si annovera la “sindrome della capanna”. E’ quella che si sta impossessando di almeno alcuni italiani al termine della fase del confinamento e dell’inizio della fase 2.
 
Ma che cos’è la “sindrome della capanna”? E’ la difficoltà di abbandonare una situazione di “protezione/contenimento” inizialmente anche forzata o dovuta a cause costringenti, e che quando il costringimento viene a cadere la ripresa di una conduzione di vita abituale potrebbe creare smarrimento. Può capitare di passare dalla frustrazione dell’isolamento allo stress di dover tornare alla normalità.  E’ la paura di affrontare la vita precedente, uscire di nuovo e lasciare la casa che, nel frattempo. era diventata un rifugio di protezione e sicurezza.
 
Sembra infatti che la fase 2, apparentemente attesa come un “liberi tutti” non sia stata così anelata, desiderata, attesa, vissuta da tutti almeno in questa fase iniziale. L’idea di tornare "all’esterno", alla conduzione di una vita abituale  può spaventare e mettere ansia. I 70 giorni circa di confinamento, dopo il primo disagio dovuto alla forzatura, hanno creato una garanzia di sicurezza e di protezione. Il bollettino di guerra che tutte le sere veniva dato con grande dispiego di media, attraverso il quale si annunciavano le migliaia di contagiati, le migliaia di morti, le centinaia di intubati, la mancanza di letti in terapia intensiva e quant’altro, nutrivano positivamente la condizione di quarantena. Le mura domestiche, divenute “capanna”, hanno garantito sicurezza e protezione; hanno evitato il contagio; hanno liberato dal pericolo. Ora, giunto il momento di riprendere la vita nelle proprie mani abbandonando “il rifugio”, rischia di creare lo stesso panico che allora aveva creato, in  molti, i domiciliari. Per cui la sindrome è quella di voler rimanere a casa dove ci si sente al sicuro e lontani da qualsiasi minaccia esterna.
 
Il fatto è che il cornavirus fa paura. E tanta! Uscire di casa dice che tu non sei più il solo responsabile di te stesso. C'è in circolazione  molta gente che, stando alle immagini che le reti sociali fanno giungere nelle nostre case, assume comportamenti non tropo consoni alle indicazioni sanitarie che sono date. Quindi la tutela della mia salute non dipende più solo da me “chiuso nella mia capanna”, ma da atti scriteriati e sconsiderati di chi si crede invincibile. Il tutto amplificato dai cosiddetti ”esperti” che prevedono una recrudescenza di ritorno dovuta proprio a comportamenti anti-sanitari.
 
Da non escludere l’agitazione dovuta al riadattamento nei confronti di un nuovo cambio di vita: mascherine, gel, guanti, posti limitati sui mezzi pubblici. Faceva molta impressione ieri Roma abitata da mascherine! Fa molta impressione entrare nelle chiese e vedere i posti assegnati con foglietti prestampati, gel all’ingresso, servizio di accoglienza per assegnazione del posto. Qualcuno parla, addirittura, di prenotazione del posto per la partecipazione alla messa festiva.
 
Non voglio essere ottimista a tutti i costi. Mi viene spontaneo assicurare quando dovessero essere colpiti da “sindrome della capanna” che tutto sarà dimenticato assai rapidamente. Il nostro cervello ha una capacità di adattamento impressionante. Ci abitueremo alle mascherine, al lavaggio frequente delle mani, alla distanza personale. Sono, tuttavia, convinto che resteranno delusi coloro che ora predicano per slogan: “nulla sarà come prima”!  Diffidate gente, diffidate! Andrò contro corrente, ma non so immaginare davvero due persone che si voglio bene, due amici, due persone che non si vedono da tempo  rinunciare a un abbraccio e a una stretta di mano!
 
E credo che un abbraccio e una stretta di mano non sia fatale! Pur con tutte le prudenze del caso. E’ iscritta nel cuore dell’uomo la cultura della prossimità. L'uomo è persona in relazione! Ogni cultura sotto qualsiasi longitudine e latitudine ha la relazione come attitudine fondamentale.
Perfino lo strofinamento del naso degli esquimesi!
Come pensare alle prossime vacanze senza che i giovani al mare, ai monti, in pianura  rinuncino a un seppur minimo contatto tra loro?
 
Questo non significa rinunciare o snobbare la prudenza; ma … est modus in rebus.
Nella normalità delle relazioni rispettiamo ciò che ci viene indicato e proposto, ma non cediamo la timore del “si stava meglio quando si stava peggio”, ossia non lasciamoci prendere dalla “sindrome della capanna”!
 
Se tutti ci comporteremo con serietà e prudenza ci sarà posto anche per una stretta di mano, indice del fatto che la persona è fatta per avvicinarsi, non per allontanare o allontanarsi.

 

 

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