La Messa in TV

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Quando ne ho l’opportunità, mi piace seguire la Messa domenicale che ogni giorno festivo trasmettono alcune Reti televisive. Lo faccio con un senso critico, lo ammetto. E’ il prezzo che si deve pagare per quello che comunemente chiamano “deformazione professionale”.
E devo confessare subito che la mia impressione è francamente deludente.
A ben osservare balza immediatamente agli occhi la “artificiosità” della celebrazione televisiva.  La trasmissione della Santa Messa “è montata” quasi come se si trattasse di uno spettacolo. Quindi la prima domanda è: perché non irradiare una celebrazione “normale”, di una “normale” santa Messa domenicale, celebrata in una “normale parrocchia” del nostro Bel Paese?
 
Il fatto che la Messa venga trasmessa mediante la televisione non dovrebbe essere motivo di introdurre elementi superflui, inutili, inesistenti nelle messe domenicali che si celebrano nelle singole parrocchie, e che solo contribuiscono - il più delle volte - a soddisfare spurie esigenze di protocollo e un certo desiderio di protagonismo da parte di tutti “gli attori”.
Non voglio fare il critico per il gusto di ... criticare; desidero esprimere alcune considerazioni anche con il desiderio di condividerle con i miei amici lettori.

Quello che cattura immediatamente la mia attenzione è il basso livello di partecipazione da parte dell'assemblea. Basta osservare le facce assenti e gli atteggiamenti di noia dei presenti per avere un resoconto fedele della situazione. Confesso che lo spettacolo non è né edificante, né commovente. Può essere qualsiasi cosa, ma certamente non si tratta di una celebrazione esemplare. Al saluto liturgico e agli inviti alla preghiera a malapena si ottiene una risposta assai debole da parte dell’assemblea. La proclamazione delle letture non sempre rivesta il senso della proclamazione  richiesta dalla Parola di Dio che non va mai “letta”, ma proclamata.
Anche i gesti liturgici del celebrante, come il saluto, l’invito per lo scambio della pace, l'elevazione dei doni nella dossologia a conclusione della preghiera eucaristica e, soprattutto, il gesto emblematico dello spezzare il pane, mancano, quasi sempre, della potenza espressiva e della carica emotiva. Allo spettatore arrivano  gesti di routine, insignificanti, piatti, incapaci di suscitare emozioni. Al contrario il sacerdote presidente deve sempre ricordare l’importanza della mediazione per facilitare e far sperimentare l’incontro con il Signore. Il presbitero presidente è guida e animatore della comunità!
 
 
 
Il tema dei canti  richiede una considerazione speciale. Tralascio e non prendo neppure in considerazione la presenza nelle celebrazioni eucaristiche  di gruppi di giovani che finiscono per monopolizzare e sostituire la grande assemblea dei fedeli con l’uso delle loro chitarre (!!!). Ma assai spesso la medesima osservazione può essere fatta nei confronti delle corali, dei cori e dei cori parrocchiali, il cui ruolo, è più simile a un concerto, piuttosto che un vero servizio alla comunità ecclesiale riunita in assemblea per celebrare l'Eucaristia. Non intendo minimamente mettere in discussione la generosità e la dedizione di codesti gruppi. Sono i pastori gli educatori alle e delle celebrazioni che dovrebbero regolare e correttamente indirizzare il contributo di queste cori perché siano gli animatori e i sostenitori del canto di tutta l’assemblea non annullandone la partecipazione al canto.
 
 
Ma la riflessione sul canto nella celebrazione eucaristica non sarebbe completa se non si operasse una riflessione sui canti eseguiti. Credo che la riforma liturgia del Concilio Vaticano II non sia ancora stata recepita al riguardo. Spesso si ascolta l’esecuzione di brani che con il momento liturgico in cui eseguiti non c’entra assolutamente nulla! Bellissime melodie, splendide esecuzioni; ma assolutamente non pertinenti. Ho fatto mio da sempre uno slogan semplice e fin’anche ovvio che desidero condividere per l’ennesima volta: Non cantare nella messa, ma cantare la messa! Signore pietà, Salmo responsoriale, Alleluia, Santo, la Dossologia (Per Cristo…), Tuo è il regno, Padre nostro, Agnello di Dio dovrebbero essere sempre e normalmente cantati nelle Messe della domenica. E la dove c’è – lodevolmente  - un coro, le parti debbono essere dialogiche: il coro canta e l’assemblea risponde. Nelle feste più solenni si potrà cantare  il Gloria e il Credo anche nella splendida melodia gregoriana, che il Concilio non ha abolito, ma anzi incoraggiato!
 
C’è  lo spazio per eseguire dei canti idonei ai momenti celebrativi: ingresso, presentazione dei doni, comunione, canto finale prima della benedizione. Con l’avvertenza che parole e musica siano una vera colonna sonora del momento celebrativo. Non si possono eseguire dei canti sol perché sono  melodiosi! 

E che dire poi dei commentatori delle sante messe televisive? Veri disturbatori della celebrazione sacra. Loro devono far sentire che ci sono. Devono dire qualcosa. Di banale, di ovvio, di "visibile"... Ma loro la devono esprimersi lo stesso! Ne va della loro "esistenza". Che bisogno c'è di spiegare quello che le telecamere fannoi vedere? Se il sacerdote incensa l'altare (e si vede!) che senso ha che il commentatore dica: "ora il sacerdote incensa l'altare....". E' banale! E' ovvio! E' disturbante.
Ma l'ìapice dell'assurdità è dato allor quando  lo speaker (per esempio in piazza san Pietro), invita al raccolgimento e al silenzio. Il solerte commentatore ripete: "Siamo invitati al silenzio"!. Ma di fatto lui il silenzio non lo fa perché ci mette dentro almeno un pezzo della predica fatta dal Papa.... Assurdo! Davvero occorrerebbe mandare a scuola di lkiturgia i commentatori TV!

 
Il mio desiderio che anche augurio è che le celebrazioni domenicali televisivi costituiscano un modello da imitare. Ciò non vuol dire limitarsi ad applicare rigorosamente le norme rituali, ma che siano capaci di offrire agli spettatori una scintilla di emozione e di entusiasmo spirituale; che i canti, eseguiti da tutta la grande assemblea, risuonino come un inno alla gioia, pieno di lirismo e di poesia, invitando lo spettatore alla lode e al rendimento di grazie. L'ideale sarebbe che l'alto livello di partecipazione e la forza espressiva dei gesti e parole del gruppo, fossero sempre in grado di trascendere e rompere gli schemi dettati dalla moda, in modo che l'intera comunità dei telespettatori si senta coinvolta e presente nella ricca esperienza spirituale rappresentata sugli schermi.
 
 
In breve, la messa del TV non dovrebbe mai essere uno spettacolo, ma diventare un richiamo irresistibile e commovente all'esperienza del mistero.


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