Il risposo un bene

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Il risposo un bene
e una necessità
cascata
Il lavoro è una dimensione essenziale dell’essere umano. Ben lo sa chi non ce l’ha, chi non lo trova, o chi lo perde. L’intelligenza, la competenza e lo spirito di servizio differenziano il lavoro umano dallo sforzo degli animali
Lo riscopriamo ora, mentre si constata che il superamento della crisi economica è strettamente legato alla cultura dello sforzo, dell’eccellenza e, ovviamente, ai valori dell’onestà, della solidarietà e del servizio del bene comune.
Ma sarebbe un errore pensare che l’essere umano sia fatto unicamente per lavorare e quanto più e meglio lavori tanto più diventi più uomo! L’esperienza dimostra che quando si lavora con tali schemi, invece di ottenere questo risultato, si finisce con l’attentare al fisico, alla psiche, si sottrae tempo alla famiglia, alle amicizie e perfino allo spirito.
L’uomo deve lavorare molto e bene. Ma ha ogni diritto (e dovere) di riposarsi quel tanto che sia sufficiente per recuperare le forze fisiche e il suo equilibrio mentale e psicologico. Il riposo, pertanto, tempo perso e sprecato, ma un tempo necessario per condurre una vita in armonia con la nostra dignità di persone umane e con la nostra condizione di figli di Dio.
Durante il periodo della cosiddetta “società contadina” l’uomo è stato in contatto con la natura e coltivando la terra, si affaticava sì fisicamente, ma recuperava agevolmente quella stanchezza fisica durante il sonno, durante il riposo nel giorno di domenica – che per i cristiani è da sempre giorno di riposo e di santità – e in occasione delle feste infrasettimanali sia religiose che civili.
Il passaggio alla società industriale e urbana ha dato luogo a un lavoro più snervante e più faticoso per lo spirito e la psiche. A questo si unisce la spossatezza causata dal quotidiano pendolarismo da casa al luogo del lavoro, il logoramento causato dal traffico urbano sempre più incontrollabile, dalla velocità della vita moderna, dalla pressione di un futuro incerto. Senza dimenticare il logorio che implica il lavoro a orario e sotto la pressione di urgenze permanenti che finisco per non diventare più “urgenze”!
E’ assai facile motivare il fatto che l’uomo moderno si affatica molto di più che l’uomo delle generazioni precedenti e che – di conseguenza – ha davvero bisogno di maggior tempo per conseguire un po’ di riposo del corpo e soprattutto dellospirito.
Forse questo spiega, almeno in piccola misura, il fatto che la società abbia avvertito la necessità di allargare la durata del fine settimana, facilitato i cosiddetti “ponti” e garantitoil diritto alle ferie. La conseguenza è che l’uomo contemporaneo dedica una buona parte della propria vita al riposo. Di conseguenza il fattore “riposo” deve essere preso sul serio e considerarlo sempre più come fattore di umanizzazione, e per i cristiani, come fattore di santificazione.
Le vacanze estive debbono essere iscritte in questo contesto e profittare di esse per un vero riposo fisico e psichico e per coltivare la nostra formazione umana e spirituale, alimentare e soddisfare il nostro estro artistico, dedicarci agli sport favoriti, ecc. Un ingrediente che non dovrebbe mai mancare durante il tempo delle nostre vacanze è il contatto con la natura, la quale – ricorda sant’Agostino – è il terzo libro che ci parla di Dio insieme al libro della Scrittura e al libro della nostra coscienza.
Una dimensione speciale merita il maggior tempo dedicato alla famiglia, ai figli, alle amicizie, a Dio!
Ma certamente le vacanze non possono e non devono essere un tempo di disumanizzazione con comportamenti che offendono la nostra condizione di persona e la nostra dignità di cristiani.
Trascorrere bene le vacanze non ha nulla a che fare con la frivolezza, la superficialità, la banalità, la trasgressione morale. Le vacanze estive sono tempo provvido e propizio per “fare il pieno”, non per svuotarsi e tornarecasa più stanchi di quando si è partiti!