Il Direttorio Generale

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Il Direttorio Generale
per la Catechesi
 
 

Dopo la ''Nota dottrinale su alcuni aspetti dell'evangelizzazione'' pubblicata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede che  – da quel che si sussurra – fu pensata e voluta dall’allora cardinale Joseph Ratzinger, prefetto di quel Dicastero, le riflessioni sulla evangelizzazione e sull’impegno di tutti per la difesa e diffusione del messaggio cristiano si sono moltiplicate.
Ogni vero credente, stupito e conquistato dall'amore di Cristo, dovrebbe essere desideroso di comunicare il dono ricevuto.
D’altronde, il battezzato è, per natura sua, evangelizzatore e missionario, cioè inviato a recare il lieto annunzio tra i suoi, sul posto di lavoro, in famiglia, ecc…
 
In questo contesto desidero proporre agli amici una riflessione su uno strumento che è scarsamente conosciuto, purtroppo, ma che è una vera pietra miliare per l’evangelizzazione e la catechesi.
Infatti ogni credente dovrebbe fare riferimento a questo testo per assumere chiara e decisa consapevolezza nell’opera della evangelizzazione e della testimonianza cristiana.
 


IL DIRETTORIO GENERALE PER LA CATECHESI
 
 
Il Direttorio  Generale per la Catechesi è stato pubblicato il 15 agosto 1997 e consegnato alla Chiesa quale strumento valido e legittimo per l'orientamento dell'azione catechistica.
Dopo quanto il Concilio Vaticano II aveva prescritto chiedendo cioè la redazione di un Direttorio per l’istruzione catechistica del popolo cristiano (CD 44) la Congregazione per il Clero aveva pubblicato l'11 aprile 1971 il Direttorio  Catechistico Generale.
 
Oltre trent'anni dopo, alla luce dei documenti del magistero relativi alla catechesi che da quella assise sono scaturiti, era necessario rivedere la stesura dell'antico Direttorio per assumere i concetti espressi essenzialmente in Evangelii Nuntiandi di Paolo VI e in Catechesi Tradendae di Giovanni Paolo II.
Altre fonti per la stesura di un nuovo Direttorio sono certamente anche nei valori catechesi di altri documenti del magistero: Redemptor hominis, Dives in Misericordia, Dominum et vivificantem, Redemptoris Missio.
 
Ma è certamente il Catechismo della Chiesa Cattolica che con la proposta del suo alto depositum fidei ha imposto non già la revisione dell'antico Direttorio, ma la redazione di un nuovo testo, sensibile al segno dei tempi e attento del significato profondo e insieme dei fatti e degli interventi magisteriali che hanno accompagnato il cammino della Chiesa dal 1971 al 1997.
 
Il lavoro del Direttorio  è stato un lavoro di bilanciamento di due principali esigenze:
·        da una parte la contestualizzazione della catechesi nell'evangelizzazione postulata in particolare dai documenti citati;
·        dall'altra l'assunzione dei contenuti della fede proposti da catechismo della Chiesa cattolica.
 
Il tutto doveva essere indirizzato al mondo contemporaneo che, dal 1971 aveva compiuto una quasi "rivoluzione copernicana" quanto a cultura, sociologia, modo di vivere, mutazione di valori con tutto ciò che questo ha significato per l'etica, la morale, la partecipazione alla comunità ecclesiale, l'adesione magistero della Chiesa; in una parola il rapporto con Dio. Si pensi solo per un istante al fenomeno del secolarismo, al fascino pericoloso e ambiguo della New Age e delle sette; all'appropriazione soggettiva e sincretista della fede; al pluralismo religioso e culturale che sfida l'unità e l'unicità dell'annuncio;
 
Il Concilio aveva già fatto lettura della caratteristica fondamentale del mondo contemporaneo: la categoria del mutamento. Si legge nell’esposizione introduttiva di Gaudium et Spes:: “l’umanità vive oggi un periodo nuovo della sua storia, caratterizzato da profondi e rapidi mutamenti che progressivamente si estendono all’intero universo” (4). Provocati dall’intelligenza e dall’attività creativa dell’uomo, in particolare dalle scienze e dalle tecniche, tali mutamenti si ripercuotono sull’uomo stesso e producono “un’accelerazione tale della storia, da poter difficilmente esser seguita dai singoli uomini” (ivi).
 
La parabola del seminatore, infatti è stata la fonte ispiratrice del nuovo testo che, a ragione, oggi consideriamo la magna charta dell'evangelizzazione e della catechesi.
L'interpretazione del mondo contemporaneo è stata fondamentale per la redazione del Direttorio, così come è fondamentale nel porsi dell'annuncio. Le contingenze storiche non possono mai, né essere trascurate, né sottese se si vuole riservare all'uomo contemporaneo un annuncio inculturato e pertinente.
 
Pur con le preoccupazioni appena descritte, Il Direttorio  Generale per la Catechesi ha affrontato direttamente il "campo del mondo”, indirizzando a una moltitudine innumerevoli di uomini e donne, bambini, adulti e anziani  l’invito a ritrovare nel loro cuore l'amore per Dio, l'amicizia con Cristo, la familiarità nella comunità ecclesiale, per vivere da " figli nel Figlio ", al fine di ... conoscere, amare, servire Dio in questa vita e goderlo poi nell'eternità.
 
Il Direttorio  Generale per la Catechesi ha ormai dieci anni.
Ha presentato con rigore la natura, le finalità, gli scopi della catechesi. Ha suggerito concrete indicazioni anche a livello metodologico, presentando con un linguaggio suggestivo la pedagogia di Dio, la pedagogia di Cristo, la pedagogia della Chiesa affinché l’atto catechistico sia sempre mirato alla conoscenza di Cristo.
 
Il cristocentrismo, infatti, ha una grande influenza e una significativa sporgenza in tutto il testo. Gesù è pienezza della rivelazione e fonte primaria della catechesi. Il mistero di Cristo è, nel messaggio rivelato, non un elemento in più accanto ad altri, ma è il centro a partire dal quale tutti gli altri elementi si gerarchizzano e si illuminano.
E tanto è vero questo che il Direttorio  afferma: "lo scopo definitivo della catechesi è di mettere qualcuno non soltanto in contatto, ma in comunione, in intimità con Gesù Cristo " (DGC 80).
 
Il fine della catechesi non è solo trasmissione di conoscenze, ma esperienza di crescita, di maturazione, di sviluppo della vita di Cristo in noi. Si tratta allora, a partire dalla conversione iniziale di una persona al Signore, di aiutare colui che si è appena convertito a conoscere meglio questo Gesù, al quale si è abbandonato: conoscere il suo mistero, il regno di Dio che gli annuncia, le esigenze, le promesse contenute nel suo messaggio evangelico, le vie che egli ha tracciato per chiunque lo voglia seguire.
E per un bisogno di chiarezza il Direttorio scrive: “Rispetto alla finalità della catechesi, che mira a promuovere la comunione con Gesù Cristo, è necessaria una presentazione più equilibrata di tutta la verità del mistero di Cristo” (DGC 30). E ancora: “E’ compito proprio della catechesi mostrare chi è Gesù Cristo: la sua vita e il suo mistero e presentare la fede cristiana come sequela della sua Persona” (DGC 41)
 
Da questa imprescindibile premessa discendono i compiti della catechesi: favorire la conoscenza della fede, incoraggiare l'educazione liturgica della celebrazione dei sacramenti, far maturare e rafforzare gli abiti virtuosi del battezzato mediante una coerente ed illuminata formazione morale, educare alla preghiera, educare alla vita comunitaria, iniziare alla missione.
 
Per il Direttorio sono essenzialmente quattro i grandi capitoli di ogni catechesi: conoscere, celebrare, agire, pregare. Si tratta di approfondire e di assimilare la lex credendi, la lex orandi, la lex agendi che è la vera struttura della catechesi.
 
Questo breve accenno è sufficiente per dire che dopo Il Direttorio Generale per la Catechesi deve considerarsi superata ogni riflessione riguardante l’epistemologia della catechesi, la ricerca della sua identità, i suoi obiettivi, le mete, la natura di essa.
 
Il Direttorio  ha dato risposte meditate e concrete. Ne ha delimitato e indicato gli ambiti e i contesti; ha descritto il metodo e la pedagogia; ha individuato i destinatari suddivisi per fasce d'età; ha evidenziato con chiarezza i luoghi e le vie della catechesi a partire dalla comunità cristiana; ha indicato la Chiesa particolare quale prima responsabile della catechesi e nella Chiesa particolare il vescovo, i presbiteri, i genitori, i religiosi, i catechisti.
Ha riservato una degna presentazione circa l'organizzazione della pastorale catechistica nella Chiesa particolare.
 
Questo elenco succinto dei contenuti del Direttorio  Generale per la Catechesi dovrebbero essere sufficiente per comprendere lo status attuale della proposta catechistica.
Indulgere, quindi, sullo status quaetionis della catechesi e della catechetica significa sottrarre tempo prezioso alla programmazione, alla preparazione di efficaci catechisti e all’atto catechistico.
 
Con Il Direttorio  Generale per la Catechesi, la catechesi è! Inutile tornare a chiedersi “che cosa sia”.
Il contesto è delineato; gli obiettivi sono mirati; le vie e i luoghi sono individuati; i destinatari sono noti.
Ora si tratta di avere il coraggio di fare.
 
Mi piace questo verbo: “fare”.
Se non avessi il timore di essere dissacrante, vorrei dire quasi che deve considerarsi concluso il tempo della riflessione. La catechesi è da fare trovando il modo migliore e ogni opportuno mezzo per dire la fede all'uomo contemporaneo, pur tra le mille difficoltà; e raggiungere quest'uomo nei luoghi in cui egli vive e lavora, ama e soffre.
 
Invece mi pare che la catechesi sia diventata in questi ultimi anni la cenerentola della teologia pastorale.
 
E’ viva tra i parroci e gli addetti al settore la sensazione che la catechesi non abbia più il suo vestito! Il rischio più evidente (e l’analisi delle trasformazioni in atto lo dimostra) è che la catechesi torni ad essere il solo catechismo dei ragazzi e le parrocchie incentrino la loro azione formativa di nuovo su questa cifra sociologica.
Indubbiamente la catechesi sembra aver perso anche l’unico punto di riferimento che la scelta degli anni ’70 aveva almeno teoricamente individuato: una catechesi per la maturità di fede e la vita cristiana.
Ora essa sembra servire quasi essenzialmente al progetto di iniziazione sacramentale con la tentazione strisciante a essere nuovamente spiegazione dei sacramenti.
Anche per questo aspetto il Direttorio invita a porre al centro della riflessione la qualità della trasmissione e della formazione della fede.
Non è l’assicurazione della dimensione sacramentale della iniziazione cristiana che conta, ma la proposta di una istanza catecumenale per un processo formativo che riguarda la modalità di gestione del processo più che la struttura esterna della organizzazione.
 
Diversamente sarà sempre più facile constatare come dopo anni di annuncio e di catechesi, i fanciulli, dopo aver ricevuto il sacramento della confermazione, spariscono totalmente o quasi dalla comunità cristiana.
Già oggi i dati sembrano essere sconfortanti: se è vero che dalle nostre Parrocchie passa circa il 98% dei fanciulli per essere ammessi alla messa di prima comunione e successivamente al sacramento della Confermazione, ma solo il 6% di essi, al termine del percorso, si integra nella comunità cristiana che celebra l’eucarestia domenicale e festiva, vuol dire che qualcosa non funziona.
 
E forse c’è da riflettere sulla trasmissione della fede: sul come dire la fede, quale fede diciamo!
Credo che, seguendo le indicazioni del Direttorio Generale per la Catechesi occorra rendere l’iniziazione cristiana come un processo di vita nuova che il fanciullo deve vivere e non come un periodo di tempo che egli deve comunque trascorrere in parrocchia prima di ricevere la prima comunione e la cresima. Che cresca o non cresca nella fede poco importa purché trascorra un paio d’anni in parrocchia tale periodo.
Il Direttorio parla di iniziazione cristiana come di un progetto scandito da tappe, quasi sul paradigma dell’antico catecumenato, con alcuni momenti di vera verifica (scrutini?)… 
 
Sembra fondamentale avviare un cambio radicale del sistema catechistico che passi certamente attraverso il paradigma catecumenale suddiviso per tappe, come auspicato dal nostro Direttorio.
 
Passando oltre, non è difficile constatare come sia pressoché impossibile avviare con stabilità una catechesi per i preadolescenti e i giovani.
E che dire di una catechesi destinata agli adulti?
 
Alla luce di una tale constatazione è indispensabile e necessario e urgente il coinvolgimento della comunità.
In questo momento stimo che il rapporto tra catechesi e comunità si stia normalizzando sul minimo.
 
Si pensi solo alla prima comunità: quella familiare. Essa non garantisce, né assicura un accompagnamento nella fede dei figli che frequentano il catechismo di iniziazione cristiana.
Spesso per i genitori attendere che si compia il tempo previsto per il conferimento dei sacramenti dell'iniziazione cristiana diventa un peso sopportato solamente perché sia resa possibile la convenzione tradizionale della prima comunione e della cresima di figli.
Certamente la comunità ecclesiale dovrebbe riservare un minimo di preparazione ai genitori rendendoli:  
-    consapevoli e responsabili del servizio alla vita che Dio ha posto nelle loro mani;   
-   illuminando il loro originario compito educativo in qualità di catechisti e primi maestri della fede per i loro figli.
-    aiutandoli a passare da una richiesta dei sacramenti dell’iniziazione cristiana, fatta per tradizione, ad una richiesta motivata delle ragioni della fede,
-    promuovendo nei genitori una fede adulta propria di cristiani laici che hanno per vocazione la famiglia;
-    abilitandoli alla testimonianza di fede nella famiglia, nella Chiesa e nella società.
 
Di fronte a tante sordità ed estraneità all'annuncio del Vangelo e alla sua manifestazione nella vita di ogni giorno non è difficile capire la delusione, l'amarezza, la preoccupazione di molti operatori della catechesi a partire dai primi responsabili nella comunità parrocchiale quali sono appunto, i parroci.
 
Eppure per un credente non è possibile cedere alla sfiducia; il cristiano è sempre chiamato a "a rendere ragione, a chi la domanda, della speranza che in voi".
La presenza di molte migliaia di catechisti nella Chiesa è ancora imponente e la partecipazione alla catechesi dell'età infantile è largamente maggioritaria. Si tratta allora di rilanciare la catechesi nel solco della fedeltà al Vangelo così come proposto dal Direttorio  generale della catechesi.
 
Si tratta certamente di porre la catechesi in quella centralità che le riserva il Direttorio nella parte quinta quando tratta di catechesi nella Chiesa particolare. Non vi è possibilità di equivoco: "l'annunzio, la trasmissione è l'esperienza vissuta del Vangelo si realizzano nella Chiesa particolare o diocesi… la catechesi e un'azione evangelizzatrice basilare di ogni Chiesa particolare….
Nell'insieme dei ministeri dei servizi, con i quali la Chiesa particolare mette in atto la sua missione evangelizzatrice, occupa un posto di rilievo il ministero della catechesi.
 
Una chiesa che non evangelizza, una chiesa che non pone la catechesi al centro del proprio servizio ecclesiale, è una chiesa che certamente trascura il primo e prioritario suo compito, il primo e prioritario suo dovere; è una chiesa destinata a soffocare.
 
L’invito è quello di ripartire da Cristo per proclamare la buona novella agli uomini della nostra società, dei nostri tempi. L'evangelizzazione costituisce la missione essenziale della Chiesa. “Guai a me se non predicassi il Vangelo” (1 Cor 9,16). “Evangelizzare,  infatti, è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare, vale a dire per predicare ed insegnare, essere il canale del dono della grazia, riconciliare i peccatori con Dio, perpetuare il sacrificio del Cristo nella S. Messa che è il memoriale della sua morte e della sua gloriosa risurrezione”. (Ecclesia in Europa,  45). 
 
Attuare il Direttorio diventa allora la priorità di ogni Chiesa locale. Attuare il Direttorio è compito verso il quale nessuno vescovo, nessun sacerdote può esimersi.
Il Concilio Vaticano II rileva l'importanza imminente che nel ministero episcopale hanno l'annunzio della trasmissione del Vangelo... nel ministero profetico dei vescovi l'annunzio missionario e la catechesi costituiscono due aspetti, intimamente uniti.
 
Ma anche i presbiteri sono educatori della fede (PO 6). Hanno pertanto un dovere preciso perché i fedeli della comunità si formino adeguatamente e raggiungono la maturità cristiana.
Al parroco spetta, per grave dovere e acuta responsabilità, l'impostazione di fondo e il coordinamento della catechesi, il discernimento delle vocazioni per i servizio catechistico e la formazione dei catechisti, la sensibilizzazione delle famiglie a tessere per i propri figli primi educatori della fede con la parola e con l'esempio.
 
Tutto questo non è un di più nel ministero del parroco, è il primo e il principale compito, anzi dovere di colui che ha la responsabilità derivata dall'autorità del vescovo di assicurare il deposito della fede alla propria comunità cristiana.
 
Per questo la parrocchia deve diventare il primo focolare della catechesi in quanto è la realizzazione storica del dono della comunione che è frutto dello Spirito.
La comunità cristiana è l'origine, il luogo, la meta della catechesi. E’ sempre dalla parrocchia che nasce l'annunzio del Vangelo che invita gli uomini e le donne a convertirsi e a seguire Cristo.
Ed è sempre  la stessa parrocchia, la stessa comunità cristiana che accoglie coloro che desiderano conoscere il Signore e impegnarsi in una nuova vita.
Essa accompagna i catecumeni e i catechizzandi nel loro itinerario catechistico e, con materna sollecitudine, li rende partecipi della propria esperienza di fede e li incorpora nel proprio seno.
 
Con analoga tensione la comunità cristiana deve farsi carico delle famiglie della propria parrocchia perché diventino al loro interno autentiche scuole di evangelizzazione e catechesi per i loro figli.
 
Il Direttorio  ha a tale riguardo parole cordiali ma decise. Ricordano che la famiglia come luogo di catechesi ha una prerogativa unica: trasmettere il Vangelo radicandolo nel contesto di profondi valori umani. Su questa base umana è più profonda l’iniziazione nella vita cristiana: il risveglio al senso di Dio, i primi passi nella preghiera, l'educazione della coscienza morale e la formazione del senso cristiano dell'amore umano concepito come riflesso dell'amore di Dio creatore e padre.
Insomma, si tratta di una educazione cristiana più testimoniata che insegnata, più occasionale che sistematica, più permanente e quotidiana che strutturata in periodi.
In questa catechesi familiare risulta sempre più importante l'apporto dei nonni. La loro saggezza, i loro senso religioso sono, molte volte, decisivi per favorire un clima veramente cristiano.
 
Per una catechesi efficace, sistematica, organica e per tutte le età , la comunità cristiana deve poter contare su operatori della catechesi e catechisti preparati e qualificati.
Nella parte quinta, il Direttorio dedica alla formazione dei catechisti alcune delle pagine sue più belle. Lo afferma senza timore: “Per il buon funzionamento del ministero catechistico nella Chiesa particolare, è fondamentale poter contare, innanzitutto, su una adeguata pastorale dei catechisti”(233) e aggiunge: “qualsiasi attività pastorale, che non faccia assegnamento per la sua realizzazione su persone veramente formate e preparate, mette a rischio la sua qualità. Gli strumenti di lavoro non possono essere veramente efficaci se non saranno utilizzati da catechisti ben formati. Pertanto, l'adeguata formazione dei catechisti non può essere trascurata in favore dell'aggiornamento dei testi e di una migliore organizzazione della catechesi” (234).
 
I catechisti, per adempiere al servizio della Parola e per essere in grado di promuovere la crescita dei destinatari nella vita di fede, hanno bisogno di un'adeguata preparazione. Nessuno nasce catechista e nessuno diventa tale per sviluppo spontaneo. Ma ogni cristiano può diventare catechista grazie a un itinerario di formazione che ne stimoli la crescita e la stabilità e ne corregga gli inevitabili limiti.
 
Il presbitero non potrà disattendere questo impegno che oggi, soprattutto, diventa tra i principali della cura d'anime. E' un compito caratteristico, peculiare, proprio del presbitero nell'azione catechistica. Come Gesù si dedicò alla formazione dei Dodici, così il parroco dovrebbe spendere le migliori energie di mente e di cuore per una formazione idonea e pertinente dei catechisti. «Tra i compiti del presbitero nella catechesi e in particolare del parroco vi è quello di «suscitare e discernere vocazioni per il servizio catechistico e, come il catechista dei catechisti, badare alla loro formazione, dedicando a questo compito la massima sollecitudine» (DGC 225).
 
Nessun parroco dovrebbe disattendere questo compito. E nessun parroco dovrebbe affidare l'esercizio della catechesi a chi non è convenientemente preparato. Non è sufficiente, in questo campo, la buona volontà del singolo che si dichiara disponibile alla catechesi. «La formazione cerca di abilitare i catechisti a trasmettere il Vangelo a coloro che desiderano affidarsi a Gesù Cristo. La finalità della formazione richiede, pertanto, che il catechista sia reso più idoneo possibile a realizzare un atto di comunicazione: «scopo essenziale della formazione catechistica è quello di abilitare alla comunicazione del messaggio cristiano» (DGC 235).
 
E' la stessa vocazione profetica che richiede ai catechisti una solida spiritualità ecclesiale, una seria preparazione dottrinale e metodologica, una costante comunione con il Magistero, una profonda carità verso Dio e verso il prossimo. E' ciò che il Direttorio Generale per la Catechesi definisce incisivamente: l'essere, il sapere, il saper fare del catechista.

Primo responsabile e animatore della formazione dei catechisti è il parroco. A lui i catechisti debbono guardare come a un testimone per la sua competenza teologica e per la sua spiritualità. Sarà suo compito coordinare la pastorale catechistica, animare gli incontri di formazione, seguire anche spiritualmente i catechisti in formazione, anche in merito al discernimento che a lui spetterà per il conferimento del mandato per il servizio della Parola.
 
* * *
A dieci anni dalla sua pubblicazione, il Direttorio Generale per la Catechesi attende ancora di trovare l’applicazione più concreta dei suoi principi ed enunciati, attraverso orientamenti e Direttori nazionali, regionali o diocesani, che sono di competenza specifica delle Conferenze Episcopali Nazionale o Regionali o dei singoli Pastori.
 
Era ed è questo lo scopo dichiarato fin dalla Prefazione del Documento: “finalità immediata del Direttorio è quella di aiutare la redazione dei Direttori Catechistici e dei Catechismi” (11). Mentre nel corpo del Documento si afferma: “E' compito degli Episcopati elaborare, a livello nazionale, strumenti di carattere più riflessivo e orientativo che forniscono i criteri per una idonea e adeguata catechesi. Tali sono chiamati in vari modi: Direttorio catechistico, Orientamenti catechistici, Documento di base, Testo di riferimento, ecc.
 
Destinati prevalentemente ai responsabili e ai catechisti, chiariscono il concetto di catechesi: la sua natura, finalità, compiti, contenuti, destinatari, metodo. Questi Direttori, o testi di orientamenti generali stabiliti dalle Conferenze Episcopali o emanati sotto la loro autorità, devono seguire lo stesso processo di elaborazione e di approvazione previsto per i catechismi. Essi, cioè, prima della loro promulgazione, devono essere sottoposti all'approvazione della Sede Apostolica.
 
Queste linee direttive o orientamenti catechistici sono abitualmente un elemento di grande ispirazione per la catechesi delle Chiese locali e la loro elaborazione è raccomandata e conveniente, poiché, fra l'altro, costituiscono un importante punto di riferimento per la formazione dei catechisti. Questa tipologia di strumento è intimamente e direttamente collegata con la responsabilità episcopale” (DGC 282).
 
E’ appena il caso di sussurrare che, dopo dieci anni, questo invito è rimasto pressoché inascoltato.


Un regalo per Natale!


Il Direttorio Generale per la Catechesi
Editrice Libreria Vaticana
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