1° maggio
Festa del lavoro

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Il 1° maggio si celebra la Giornata del lavoro e nella Chiesa la memoria di San Giuseppe operaio. Benché possa sembrare una contraddizione celebrare la festa del Lavoro in un momento di grande congiuntura, non v’è dubbio che l’attuale situazione offre l’opportunità di:

      valorizzare il lavoro che tanti fratelli hanno perso e di cui tanti hanno l’incertezza per il domani;

      rendere grazie a Dio per il lavoro che ancora c’è

      considerarlo nella sua giusta misura e utilizzarlo conforme alla sua natura e ai fini per cui è stato creato.

 

Il lavoro è una nobile attività dell’essere umano per mezzo del quale egli collabora a che la natura produca e aumenti le proprie risorse, si perfezionino, si moltiplichino e siano messe a disposizione di tutta l’umanità per il bene del lavoratore stesso e della sua famiglia. E’ la forma di sviluppare le proprie facoltà e di sentirsi utili agli altri nella misura in cui il frutto del lavoro non debba essere accaparrato solamente dal protagonista del lavoro stesso.

 

La Chiesa nello stabilire la Festa di S. Giuseppe Artigiano nello stesso giorno della Festa del Lavoro non intende debilitare le giuste rivendicazioni dei lavoratori che devono poter lottare con mezzi legittimi per vedere soddisfatti i propri giusti diritti. La Chiesa proponendo come modello al lavoratore S. Giuseppe e in definitiva Gesù, che con San Giuseppe – sua padre creduto (putativo) – ha trascorso la sua esistenza come lavoratore manuale e semplice artigiano, desidera elevare il nostro sguardo e aiutarci a vedere sempre nel lavoro la persona del lavoratore, secondo modello che Dio ci ha dato nel proprio Figlio e in colui che sulla terra fece le veci di padre: appunto San Giuseppe.

 

In questo modo impareremo a considerare sempre il lavoro non solo come un fattore di produzione, o come un elemento fondamentale della economia e dello sviluppo dei popoli, o come una ragione rivendicativa, ma impareremo a vedere nel lavoro, in primo luogo e in prima istanza, la persona di colui che lavora.

 

Nell’attuale circostanza in cui la mancanza di lavoro e sotto gli occhi di tutti, la nostra solidarietà  si rivolge in primo luogo alle persone che non hanno lavoro e alle loro famiglie. Coloro che – grazie a Dio – sono in possesso di una attività lavorativa rendano grazie a Dio per questa possibilità che il lavoro offre di collaborare all’opera divina della creazione, della costruzione del mondo e non dimentichino mai la grande scuola della solidarietà.

Il lavoro ha in sé una “ipoteca sociale”.

E’ giusto pensare anche a chi non ha lavoro e una società giusta, così come una Chiesa solidale, dovrà “fare/creare” spazi lavorativi per coloro che non ne hanno senza porre nelle mani di pochi ogni possibilità produttiva.