Catechismo della Chiesa Cattolica
La fede professata: la divina Rivelazione (1)

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Quando iniziò a prendere corpo l'idea di un Catechismo universale, alcuni organi di stampa fecero da megafono a quanti paventavano una azione di totale livellamento sotto un'unica cappa teologica per tutta la Chiesa.

Chi scorrerà - senza pregiudizi - queste pagine, dovrà rendersi conto che si tratta della chiara esposizione della fede comune, con il vantaggio che vicini e lontani, cattolici e non, potranno trovare la dottrina cattolica nella sua inte­rezza senza oblii o reticenze, senza enfiagioni di opinioni personali o tagli interpretativi.

È un servizio alla verità nella carità e - si sa - laddove c'è verità c'è sempre libertà; l'autentica promozione umana.

Una prima impressione che ci ha favorevolmente colpi­ti, in questa parte attinente alla Rivelazione, ma - ovvia­mente - estensibile a tutto l'impianto, è quella della unita­rietà. Per unità intendiamo, unicità sorgiva, coerenza in­terna obiettiva, quindi armonia e rispondenza fra le parti.

È questione grave, questa, perché se l'unità viene dal­l'alto, essa non può subire manomissioni; se venisse dal basso, ossia, se venisse attribuita agli uomini, questa unità potrebbe assumere strutture diverse e cadrebbe in quel pieno relativismo che si risolve nella distruzione di tutta la realtà cristiana.

Se così fosse, il cristianesimo entrerebbe in un museo ar­cheologico. Se il Catechismo della Chiesa Cattolica sarà dif­fuso con passione, amato davvero, trasmesso con intelligen­za e se la fedeltà a esso si tradurrà in stesura dei Catechismi per le diverse fasce d'età, allora il rischio sarà scongiurato.

 

L'unità della Rivelazione, venendo da Dio, riflette l'uni­tà che è in lui, unità che nelle molte verità diviene armonia e perfezione di disegno. Non è concepibile che Dio lasci ca­dere nella sua Parola comunicata agli uomini, delle con­traddizioni o anche delle semplici dissonanze.

Se è vero Cristo, Figlio di Dio, se sono vere la sua missio­ne e la sua Parola, è certa l'unità obiettiva della dottrina.

Queste pagine del Catechismo della Chiesa Cattolica hanno il grande pregio di offrire alla materia la stessa unità impressa da Dio e questo è particolarmente meritorio nel coacervo dei vari tentativi condotti nell'ultimo trentennio di voler dare alla riflessione dottrinale un'unità diversa da quella che Dio le ha offerto, ponendo al suo centro ora un'affermazione, ora un'altra, componendola, magari, addi­rittura secondo un criterio evoluzionistico, con la disinvolta facilità con cui un buon fornaio impasterebbe il pane.

A questo punto qualcuno potrebbe chiedersi se l'unità obiettiva della dottrina possa essere percepita dagli uomi­ni che accettano la divina Rivelazione e se tale unità obiet­tiva rimanga salva nelle elaborazioni teologiche.

Si tratta sostanzialmente di due questioni distinte, an­che se, in qualche modo, subordinate tra loro.

L'intelligenza umana è in grado di percepire l'unità obiettiva della teologia, perché ha la capacità di percepire la verità obiettiva.

Dio, parlando e servendosi quindi di termini, di idee, di fattori familiari alla consuetudine mentale degli uomini, ha implicitamente dimostrato di essere garante della veri­tà, sia pure analogica, degli stessi.

In altre parole, Dio ha attestato l'obiettività del nostro apprendimento, delle nostre idee, del nostro raziocinio.

 

Se, per assurdo, così non fosse, Dio non avrebbe rivela­to nulla.

Chi volesse negare il valore obiettivo - ed è questo un punto nevralgico che il Catechismo risolve - dell'attività mentale umana, sarebbe conseguentemente costretto a ne­gare che Dio abbia mai detto qualcosa agli uomini, e a rite­nere che egli abbia fatto loro pervenire dei segni privi di si­gnificato.

Scorrendo le pagine in oggetto sperimentiamo con vero gusto come l'intelligenza - guidata dal magistero perenne - possa rilevare il fatto che ogni cosa si riduca alla Trinità, al mistero dell'Incarnazione e a quello della vita divina co­municata agli uomini.

È per questa coerenza che non si può toccare un dogma senza inevitabilmente toccare tutti gli altri; non si può es­sere nebulosi sul peccato originale senza sovvertire così tutto il fatto della redenzione.

Nel presente Catechismo - che potremmo qualificare anche come il Catechismo del Concilio Ecumenico Vatica­no II - le verità della Rivelazione si presentano come i punti del cerchio, che stanno tutti ugualmente distinti dal cen­tro. E questo cerchio si chiude non già all'intelligenza, per la quale non esistono porte sigillate da Dio, ma alla possibi­lità di perdersi.

Questa unità rivelata mantiene la verità in un sistema che è aperto all'approfondimento, ma è chiuso all'invenzio­ne arbitraria.

Chi vuoi negare quest'unità è costretto a negare tutto, a cominciare da Cristo.

 

Una seconda impressione che ci ha rallegrati è che que­sto volume è davvero formativo e non semplicemente infor­mativo o comunicatore di pulsioni emozionali. Un Catechismo deve essere uno strumento atto alla for­mazione del popolo di Dio. Questo, nella sua larga maggio­ranza, vive del suo Catechismo; spesso lo dimentica - anche per lungo tempo - ma, a tutte le età, un vero catechismo ha delle mirabili risorgive, che rendono più ricettivi alle divi­ne grazie illuminanti. Il maggior numero di quanti ritrovano il loro Signore dinanzi alla morte, lo ritrovano anche perché il Catechi­smo, in loro, non è morto. La massa dei fedeli non entra nelle discussioni teologi­che, ma vive la propria fede come un nutrimento che, in so­stanza, è semplice e buona catechesi. La conclusione è che la redazione di qualunque nuovo catechismo costituisce la più grande impresa dell'autenti­ca pastorale e, questo Catechismo, ne è un monumento. Alla deformazione della verità e alle più o meno colpe­voli dimenticanze, la più grande resistenza la fa il popolo fedele, se nutrito sapientemente del buon Catechismo.

 

Non possiamo dimenticare che le prime grandi scuole cristiane, celebri (per esempio Alessandria e Antiochia) e non celebri, furono quelle che prepararono un popolo cri­stiano capace di resistere per tre secoli alla pressione per­secutoria ereticale e, in positivo, capace di splendida espansione evangelizzatrice.

Nel IV secolo la vera barriera di resistenza compatta al-Parianesimo, protetto da qualche imperatore d'Oriente e d'Occidente, fu il popolo formato nell'umile e ordinaria ca­techesi. Questo senza nulla detrarre all'enorme merito di taluni santi dottori. Atanasio fu formidabile vincitore perché die­tro aveva l'umile popolo. Fu la catechesi che liberò in so­stanza - finché potè - l'Oriente dal pesante controllo dello Stato bizantino e tutto il mondo cristiano dalle querimonie di certi addottrinati.

Un Catechismo come il presente entra - con la sua attua­lità - in questo glorioso solco. Si può dire che senza il Catechismo della Chiesa Cattoli­ca la crisi di debolezza sarebbe stata troppo lunga e quindi difficilmente sanabile.

 

1. IMPOSTAZIONE GLOBALE

 

Solidità dottrinale

 

Si tratta di una esposizione chiara e organica della dot­trina cattolica nel suo insieme. La lettura di^queste pagine suscita l'intima gioia di scoprire - e non è certo cosa da poco - l'assenza di qualsiasi ambiguità e motivo di polivalenza in­terpretativa nella formulazione, e l'affermazione serena, positiva, degli articoli di fede più contestati sia nella cultu­ra contemporanea, sia in non pochi ambienti che ritengono di fare teologia. Ad esempio, la centralità del peccato origi­nale per avere intelligenza della redenzione, l'esistenza de­gli angeli e dei demoni, i dogmi dell'Immacolata Concezione e della perpetua verginità di Maria, la nozione di prova ulti­ma che dovrà subire la Chiesa all'epilogo della storia: sono altrettante verità incluse nel deposito rivelato, che vengono qui chiaramente e provvidenzialmente proposte.

 

II metodo espositivo è quello della fondazione di ogni affermazione nella Sacra Scrittura e nei Padri della Chie­sa, con la conseguenza di conferire particolare vivacità alla dottrina esposta. Tale metodo dovrebbe costituire uno strumento davvero utile nel doveroso cammino ecumeni­co, specie con i fratelli «protestanti», in quanto è possibile cogliere con chiarezza quale sia Pinterpretazione autentica che la Chiesa offre della parola di Dio. È da auspicare che, in quei paesi nei quali - come, per esempio, in Germania, Olanda, Stati Uniti, Svizzera - convi­vono diverse denominazioni cristiane, i cattolici, preti e so­prattutto laici, impegnati nel dialogo ecumenico, acquisti­no una conoscenza approfondita di questo Catechismo, in particolare, appunto, sotto l'aspetto ecumenico.

 

Le nozioni dogmatiche e teologiche

 

La Sacra Scrittura, i Padri, il Concilio Vaticano II (cfr. nn. 51-133;871-958) costituiscono, giustamente, la trama del prezioso testo, mentre minore è l'uso delle formulazio­ni di fede elaborate dai Concili precedenti e dai grandi dot­tori medioevali e questo, supponiamo, perché ad un testo catechistico non si chiede una terminologia tecnica. Alcune nozioni, tuttavia, diventate patrimonio comune della fede cattolica ed aventi comunque valore oggettivo, indipendente rispetto alle contingenze storiche, potranno corredare validamente la presentazione di questo Cate­chismo. Nella cristologia si rileva con piacere una pregevole e dettagliata presentazione biblica dei titoli messianici del Signore (cfr. nn. 422-463), seguita da una breve esposizione storica delle definizioni magisteriali a riguardo di Cristo (cfr. nn. 464-477). In fase di trasmissione, potrebbe, forse, giovare una breve spiegazione sia delle nozioni di natura, sostanza e persona, sia della loro applicazione nel mistero di Cristo. Qualcuno potrebbe obiettare che nozioni quali quelle ora ricordate siano di ardua accessibilità; ci pare tuttavia che alcuni brani di tipo esegetico, come per esempio quello di Gesù e la legge, non siano certamente di più facile ap­proccio.

 

Il medesimo rilievo si potrebbe fare in merito alla illu­strazione della SS. Trinità. Dopo una presentazione di am­pio respiro biblico (cfr. nn. 577-582), vengono citati docu­menti magisteriali sulla Terza Persona, cui seguono alcune precisazioni dogmatiche (cfr. nn. 245-255). Nel corso di es­se viene detto: «Per la formulazione del dogma della Trinità, la Chiesa ha dovuto sviluppare una terminologia propria ricorrendo a nozioni di origine filosofica: "sostanza", "persona" o "ipo­stasi", "relazione", eco. Così facendo, non ha sottoposto la fede ad una sapienza umana, ma ha dato un significato nuo­vo, insolito a questi termini assunti ora a significare anche un mistero inesprimibile...» (n. 251).

 

Certamente la strumentalità delle nozioni filosofiche adoperate dai Concili ecumenici e dai dottori della Chiesa non costituiscono soltanto una salvaguardia alla trascen­denza del messaggio rivelato: la fede si è come incarnata in queste formule dogmatiche che ci consentono di percepire qualcosa del mistero. Esse hanno dunque in se stesse un valore contemplati­vo; nel Catechismo sembrano rivestire una funzione emi­nentemente difensiva. Al n. 250 si dice: «Nel corso dei primi secoli, la Chiesa ha cercato di formulare in maniera più esplicita la sua fede trinitaria, sia per approfondire la pro­pria intelligenza della fede, sia per difenderla contro errori che la alteravano». I testi che dovranno riferirsi a questo Catechismo potranno utilmente evidenziare questa funzio­ne positiva di approfondimento e troveranno ai nn. 464 e 470 più ampia illustrazione della funzione difensiva.

 

Pensando ad un destinatario laico di media cultura, ci pare che il catechista potrà dedicare, alla presentazione dei dogmi trinitario e cristologico, ampie spiegazioni e, forse, potrà allargare il discorso alle tre nozioni fondamen­tali di processione, relazione e persona, analizzandone sommariamente il contenuto e mostrando come esse per­mettono di balbettare qualcosa sulla Trinità Santissima. In tale modo diverrebbero più intelligibili i nn. 253-255, nei quali si parla di distinzione reale fra le Persone ma sen­za addivenire, tuttavia, alla definizione dei termini. Detto

così potrebbe essere «troppo» per chi non abbia mai fatto teologia o filosofia e «non abbastanza» per lo stesso letto­re, tenendo conto di ciò che si può spiegare in termini semplici.

 

Il buon catechista, porgendo la materia a persone di media preparazione, sarà consapevole che «le missioni di­vine dell'Incarnazione del Figlio e del dono dello Spirito Santo sono quelle che particolarmente manifestano le pro­prietà delle Persone divine» (n. 258) ma saprà pure che ciò non impedisce che anche il semplice credente di cultura classica possa accedere alla SS. Trinità tramite l'analogia psicologica, come fanno sant'Agostino e san Tommaso. Su punti-chiave, quale quello trinitario, il ricorso a san Tommaso, da parte di chi porge il testo, potrà tornare assai vantaggioso alla chiarificazione. A tale proposito, sarebbe importante che i Catechismi locali auspicati dalla presente pubblicazione di portata storica altissima, fossero immuni dalla debolezza caratte­ristica anche nella migliore teologia contemporanea che, volendo giustamente essere biblica ed «esistenziale», non profitta dell'esplicitazione della fede maturata dopo i seco­li patristici, a danno dell'intelligibilità della fede e, dun­que, proprio del suo impianto «esistenziale».

 

Il confronto con la cultura dominante

 

L'esposizione si prefigge di essere una presentazione completa e pacifica della dottrina cattolica così come essa è, e questo intento eminentemente pastorale è realizzato perfettamente.

Non si può, tuttavia, obliare che il contesto culturale entro cui si muove la catechesi sia dominato dal noto pro­cesso di secolarizzazione che ha ormai investito il mondo intero. Inoltre, dopo il crollo del marxismo come ideologia, questo processo assume in modo pressoché universale (al­meno nel mondo occidentale e in quello orientale post-comunista, ma non pensiamo che la situazione sia poi trop­po diversa nel terzo mondo) la figura di un neo-illuminismo assai vago nella sua formulazione, ma chiaramente anti­cristiano per la sua triplice avversione nei confronti dell'idea stessa di verità dogmatica, dell'Incarnazione come cen­tro reale del cosmo e della storia, nonché della salvezza co­me dono gratuito.

Tale ideologia ha penetrato, a volte in modo esplicito, altre volte - ed è ben più pericoloso - come forma mentis, gli stessi ambienti cattolici: centri di formazione a tutti i li­velli, aggregazioni laicali, mezzi di comunicazione ecc.

 

In quanto questo Catechismo propone la dottrina rive­lata nella sua sinfonicità, esso costituisce un provvidenzia­le strumento per proporre alle anime la pienezza della veri­tà salvifica. Proprio per questo motivo, c'è da attendersi che venga attaccato in ogni modo dal potere mediatico.

Se così accadrà, viene da pensare all'opportunità che i Catechismi locali discendenti da questo confutino in modo esplicito alcuni errori dominanti evitando però accurata­mente, come sempre si dovrebbe fare, di scendere alla po­lemica. Ad esempio, nel trattato iniziale su Dio, un parago­ne con il dio dell'illuminismo impotente, quasi impersona­le, e senza autentiche esigenze etiche, non potrebbe essere indovinato?

E una messa in guardia dal «divino» di tipo gnostico o panteista, propugnato dalle sette? E laddove si tratta del peccato originale, non potrebbe risultare pastoralmente positivo rilevare la differenza fra la concezione cristiana del peccato come atto libero, e quella gnosticizzante, at­tualmente molto diffusa, come limite connaturale alla creaturalità, e dunque non veramente libero né respon­sabile?