I magnifici 7
Alla riscoperta dei Sacramenti
Riconciliazione, peccato e perdono

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Una conversione sincera ha il coraggio di mettere in luce che le nostre vie – pensieri, parole, opere e omissioni – non sono molto spesso le vie di Dio.
Mettere in luce che assai spesso ci allontaniamo da Dio, dal suo amore, dalla strada che conduce a Lui: in una parola che pecchiamo.

La nostra conversione in tanto sarà sincera in quanto ci condurrà a lasciarci riconciliare con Dio e con la Chiesa madre nel sacramento della Riconciliazione, che è il “luogo” e il cammino ordinario per riconquistare l’amicizia e la comunione con Dio.

Oggi vi sono molti uomini e donne che non si accostano al Sacramento della Penitenza, o lo celebrano di tanto in tanto, o lo fanno “senza sapere quello che dicono e quello che fanno”.

Al contrario sono molti coloro che partecipando all’Eucarestia, anche molto di rado o in occasioni specialissime, quali funerali, matrimoni, prime comunioni o cresime, si accostano a ricevere la Santa Comunione.
Forse che oggi siamo più santi dei cristiani di ieri, che pur ricorrevano con frequenza alla confessione?
Forse che confessarsi è passato di moda?
La ragione fondamentale dello scarso apprezzamento del sacramento della Riconciliazione o Penitenza è riposto in quella affermazione che Paio XII pronunciò nel lontanissimo, ormai, 1956: “Il più grande peccato del mondo è che l’uomo ha perso il senso del peccato”.

Il senso del peccato è, dunque, complementare al senso di Dio. È come la sua ombra. Chi ha perso il senso di Dio non può avere il senso del peccato, anche se gli rimane il senso morale. Ogni essere umano normale è dotato del senso morale; il senso del peccato invece esige per lo meno un minimo di fede in un Dio che è Padre, e Padre che ama.

Inoltre, perdere il senso del peccato vuol dire mandare all'aria tutta la storia della salvezza. Se non c'è il peccato infatti, da cosa ci salva Cristo offrendo se stesso sulla Croce? Non ha senso più nulla.
E’ logico, dunque che chi non ha coscienza e senso del peccato non si pone neppure la questione della confessione proprio perché non credono di aver fatto nulla di male, di essere cioè senza peccato.

Si può ben affermare che il vero pericolo per l’uomo contemporaneo è l’affievolimento, la perdita e/o la crisi del senso religioso, del senso di Dio, così come dei princìpi e delle norme morali ed etiche.

L’assenza della coscienza di responsabilità dinnanzi alle nostre azioni e/o omissioni e della colpa successiva sono tanto pericoloso come l’assenza del dolore quando uno è ammalato. “Questo senso del peccato ha la sua radice nella coscienza morale dell’uomo e ne è come il termometro”, scriveva Giovanni Paolo II in Riconciliazione e penitenza. (18)

E’ pur vero che a nessuno piace il dolore. Tuttavia è grazie a esso che, quando siamo ammalati, comprendiamo che qualcosa non funziona nel nostro organismo; per questo andiamo dal medico, il quale formula una diagnosi e offre i rimedi per la cura.

Avere il senso del peccato significa percepire rapidamente ed esattamente che un determinato comportamento è cattivo: è ciò che si chiama delicatezza di coscienza. Il senso del peccato è dunque anche la coscienza cristiana che ogni colpa morale è un modo di rivolgersi a Dio dicendogli di no.

Alla luce di quando esposto, possiamo bel dire che il senso del peccato è complementare al senso di Dio.
Quanto più è presente Dio nel cuore e nella mente di una persona, tanto più quella persona ha coscienza del proprio peccato.
Quanto meno è presente Dio, tanto meno si avverte il senso del peccato.

La Commissione teologica internazionale si è espressa con queste parole:“Ogni peccato è in rapporto con Dio: è allontanamento da Dio e dalla sua volontà, assolutizzazione dei beni creati. La consapevolezza e la comprensione del peccato possono quindi ottenersi unicamente mediante l’annuncio di Dio e del suo messaggio di salvezza, attraverso il risveglio di un rinnovato e approfondito senso di Dio. Solo quando si comprende chiaramente che il peccato è in rapporto con Dio, si può anche capire come il perdono del peccato non può venire se non da Dio” (29 giugno 1983).

Il concetto appena espresso è evidentissimo leggendo la vita di tanti santi e sante che hanno coronato la vita della Chiesa. Essi, più si avvicinavo a Dio, più erano inebriati dall’intimità divina, tanto più si sentivano fragili e peccatori, bisognosi di misericordia e di perdono.

Gli è che Dio è come una luce potente che illumina “a giorno” ogni ambiente e permette di vedere perfettamente ogni più piccola cosa: tanto le cose di grande valore, quanto quelle che di valore ne hanno pochissimo.

Lo Spirito Santo  illumini la nostra mente e il nostro cuore per recuperare il senso di Dio e il senso della nostra fragilità e del nostro peccato e credere la remissione dei peccati
Per perdonare basta Dio, perché Dio è amore.
Ma per riconciliarsi bisogna essere in due.
Il Padre non può gettare le braccia al collo del figlio prodigo se questi non torna liberamente a lui.

La divina misericordia è un amore più potente del peccato, più forte della morte!

 

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