60 anni del Concilio Vaticano II
Nostra Aetate

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Papa Francesco ha chiesto che in preparazione dell'Anno Santo del 2025
il corrente anno sia dedicato alla riscoperta dell’insegnamento conciliare

Prepararsi al Giubileo del 2025 riprendendo tra le mani i testi del Concilio Ecumenico Vaticano II
è l’impegno” che il Papa chiede a tutti i credenti come momento di crescita nella fede.


 


DICHIARAZIONE SULLE RELAZIONI DELLA CHIESA
CON LE RELIGIONI NON CRISTIANE


 

 

Era il settembre 1960, quando il Santo Padre Giovanni XXIII nell'Udienza concessa al Cardinale Agostino Bea affidava al Se­gretariato per l'unione dei cristiani l'incarico di preparare una di­chiarazione riguardante le relazioni della Chiesa verso il popolo ebraico. E certamente Papa Giovanni era ben lungi dall'immaginare che da questo primo incarico, dopo lunghe peripezie, sareb­be venuta fuori la dichiarazione sull'atteggiamento della Chiesa verso le religioni non cristiane.


Nel dicembre 1962, il Papa, rispondendo di proprio pugno a un parere inviatogli in merito dal Presidente del Segretariato per l'unione dei cristiani, scriveva: « Letto con attenzione questo rap­porto del Cardinale Bea ne condividiamo perfettamente la gravita e la responsabilità di un nostro interessamento » (23 dicembre 1962).


Così, a causa di vari motivi, si dovette addivenire a un prov­videnziale allargamento della visuale in modo da comprendere tutte le religioni non cristiane. Le cose si svilupparono in tal modo che infine la dichiarazione fu accettata ottenendo più del no­vantasei per cento di voti favorevoli.

Lo scopo di questa Dichiarazione è pienamente concorde con le intenzioni generali del Concilio: desiderio di fare regnare la pace fra tutti i cristiani (Decreto conciliare sull'ecumenismo), deside­rio di fare regnare la pace fra tutte le religioni (Dichiarazione sulla libertà religiosa e sulle religioni non cristiane), desiderio di fare re­gnare la pace fra tutti gli uomini di buona volontà (La Chiesa nel mondo contemporaneo).


Sono gli stessi pensieri che muovevano lo spirito di Papa Giovanni nell'enciclica Pacem in Terris e lo stesso concetto fu espresso in modo così eloquente da Paolo VI nel suo discorso di apertura della IV sessione del Concilio: «La Chiesa proclama l'a­more, amore che dobbiamo estendere a tutti gli uomini nel no­stro tempo», e nel suo memorabile discorso del 4 ottobre alle Nazioni Unite.


Certo il consolidamento della pace e della fraternità fra tutti i credenti deve essere una delle basi più ferme per costruire la pa­ce universale. Così che l'unico scopo di questa Dichiarazione è di precisare tutto ciò che può dare l'avvio ad un dialogo fraterno nonché ad una mutua comprensione nel senso della famiglia umana.


Non si tratta qui di uno studio comparativo sulle grandi reli­gioni, il Concilio ha inteso dare un orientamento alla ricerca teo­logica delle grandi religioni, che dovrebbe avere come primo sco­po quello di determinare i rapporti tra la religione cristiana e le altre religioni. Così si potrà aprire un dialogo anche in tale cam­po. A questo titolo Nostra Aetate si rivelò sommamente necessaria.


La simpatia con la quale è stata accolta, specialmente dai fra­telli cristiani separati dalla Sede Apostolica, dimostrò subito quanto i cristiani tutti aspettassero che una voce si alzasse per proclamare il messaggio di pace e di fraternità universale che il cristianesimo vuoi fare sentire al mondo. Il Concilio ha risposto a questa aspettativa.


La Dichiarazione sui rapporti della Chiesa con le religioni non cristiane si articola fondamentalmente in cinque grandi tratti:

1.   Gli uomini hanno una sola origine e un solo fine. Gli uomini attendono dalle varie religioni le risposte sui mas­simi problemi della vita, della morte e del destino umano.


2.  Il senso nativo di Dio e la risposta delle religioni (Indui­smo, Buddismo). La Chiesa rispetta le varie religioni. Pur restando fedele alla predicazione del Cristo essa esorta i fedeli affinché, mediante il dialogo e la collaborazione, si adoperino allo sviluppo dei valori che già si trovano nei seguaci delle diversi fedi.


3.  La Chiesa guarda con stima ai Musulmani, la cui credenza ha punti di contatto con la tradizione ebraico-cristiana ed esorta a dimenticare le inimicizie passate e a promuovere insieme la giustizia e la pace.


4.  La Chiesa riconosce che gli inizi della sua fede e della sua elezione sono nella stirpe di Abramo, ricorda che ha ricevuto l'Antico Testamento da quel popolo con cui Dio strinse l'Antica Alleanza, ricorda che da esso vennero Cristo (secondo la carne) Maria e gli Apostoli. Pur avendo la maggior parte degli Ebrei rifiutato il Vangelo, essi restano, tuttavia, carissimi a Dio e la Chiesa attende il gior­no in cui tutti i popoli acclameranno il Signore.
Considerati i le­gami specialissimi che legano cristiani ed ebrei, il Concilio raccomanda la mutua conoscenza e stima.
La morte di Cristo non può essere imputata a tutti gli ebrei allora viventi né agli ebrei del nostro tempo. Gli ebrei non debbono essere presentati come reietti, quasi che ciò scaturisse dalla Scrittura. La Chiesa deplora ogni manifestazione di antisemitismo. Cristo ha subito la morte a causa dei peccati degli uomini e la sua croce va predicata come segno di amore universale.


5. Non possiamo invocare Dio Padre se non ci comportiamo da fratelli nei confronti di tutti gli uomini. La Chiesa nega ogni fondamento alle teorie discriminatorie e condanna ogni persecu­zione o divisione per motivi di razza, di colore, di condizione o di religione ed esorta i cristiani a vivere nella pace affinché siano veramente figli del Padre che è nei cieli.

 

La Dichiarazione Nostra Aetate fu approvata da 2310 Padri il 28 ottobre 1965 con 2221 voti favorevoli, 88 voti contrari e 1 vo­to nullo.
 

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