Le formule del Catechismo della Chiesa Cattolica

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Nel Catechismo della Chiesa Cattolica, hanno una rile­vanza non trascurabile quelle formule che nel testo france­se sono denominato «en bref », e che nella versione italiana sono precedute dalla dicitura «In sintesi» e sono stampate con carattere corsivo.

Si tratta di formulazioni sintetiche, che riassumono, in forma semplice e concisa, tematiche importanti del crede­re, celebrare, vivere, pregare della Chiesa Cattolica.

Esse sono collocate, quando lo si ritiene necessario o anche semplicemente opportuno, al termine delle sezioni o dei capitoli o degli articoli che hanno una particolare im­portanza nell'impianto dottrinale cristiano.

 

NELLA STORIA

 

Fin dalle origini della Rivelazione cristiana, si trovano delle brevi esposizioni sistematiche, prima orali e poi scrit­te, che riassumono ed esprimono in modo essenziale e or­ganico i contenuti fondamentali della dottrina rivelata[1].

Si può anche constatare, a questo riguardo, che una del­le accezioni del termine «catechismo», che come sappiamo appare nel XIV secolo, indica l'insieme di domande-rispo­ste che raccolgono e presentano la struttura fondamentale della fede, al fine di facilitarne la comunicazione, la tra­smissione, la memorizzazione.

L'elaborazione e l'uso di tali formulazioni sintetiche si ricollega in un certo modo anche alla «traditio» dell'antica prassi del cammino catecumenale, ove risuonava questo sollecito e caldo invito, che è stato ripreso nell'attuale Rito dell'iniziazione cristiana degli adulti: «Carissimi: ascoltate le parole della fede. Sono poche, ma contengono grandi mi­steri. Accoglietele e conservatele con cuore sincero»[2].

 

Lungo i secoli, incessante è sempre stato l'impegno di formulare, in modo il più possibile chiaro e sintetico, i con­tenuti dottrinali della fede, così da favorire sia l'azione del­l'annuncio sia quella dell'apprendimento. Nel faticoso pro­cesso di elaborazione di tali formulazioni, complementare e indispensabile è il contributo dato, nella storia, da molte­plici fattori: lo studio e la ricerca infaticabile di catecheti e in generale di teologi; il fiorire di nuove teologie e litur­gie; l'«implantatio» delle pluriformi Chiese particolari, con le loro peculiari caratteristiche; il servizio autorevole e qualificato alla verità svolto dal magistero ecclesiale: l'a­zione annunciatrice di numerosi e indefessi catechisti; l'af­fermarsi di personalità particolarmente significative per santità di vita, per capacità testimoniale e per rilevanza so­ciale; i modi espressivi caratteristici di culture, di genera­zioni, di epoche.

Si sono così avute numerose, diversificate formulazioni che hanno caratterizzato e arricchito la plurisecolare tra­dizione catechistica. Ciò ha consentito tra l'altro di toccare con mano come il «depositum fidei», la sostanza dottrinale della fede cattolica, la quale rimane, in quanto arcano mi­stero, pur sempre come «avvolta d'oscurità»[3], si sia venu­ta delineando ed esplicitando sempre più lungo i secoli, grazie all'azione dello Spirito Santo. È infatti lo Spirito Santo che, per mezzo degli elementi testé citati e di altri ancora noti oppure sconosciuti, conduce la sua Chiesa alla comprensione piena della verità, che Dio in Cristo ha dona­to all'umanità.

 

Indubbiamente tale comprensione ed espressione della verità è condizionata dalla storia, e pertanto «il senso delle enunciazioni di fede dipende, in parte, dalla peculiarità espressiva usata in una data epoca e in determinate circo­stanze. "Altro è il deposito o le verità di fede, altro è il modo con cui vengono enunciate, rimanendo pur sempre lo stesso significato e il senso profondo "(GS 62). Inoltre avviene talo-ra che qualche verità dogmatica in un primo tempo sia espressa in modo incompleto, anche se falso mai, e che, in seguito, considerata in un più ampio contesto di fede o an­che di conoscenze umane, riceva più completa e perfetta espressione»[4].

Non si possono dunque considerare le formule, di cui ci si serve per esprimere il mistero, come le uniche possibili o le migliori in senso assoluto, quasi che le verità cristiane non possano esprimersi in nessun altro modo[5]. Tuttavia bisogna pur sempre affermare che le formulazioni sinteti-che, utilizzate così ampiamente nell'ambito catechistico, colgono autenticamente, anche se inadeguatamente, la ve­rità cristiana, la quale dunque ammette nei suoi rivesti­menti culturali, la possibilità di diversità e di variazioni, pur rimanendo sempre unica, permanente e immutabile.

 

LA «MEMORIA». NELLA PERSONA, NELLA SOCIETÀ, NELLA CHIESA

 

L'esistenza, l'uso, l'utilità, l'efficacia delle formulazioni «in sintesi» sono fondati sulla constatazione che la persona umana possiede la «memoria», la capacità cioè di appren­dere, memorizzare, ritenere e riesprimere concetti, parole, dati, fatti, avvenimenti. Tale capacità, innata, personale, universale, ha un ruo­lo e un'importanza particolarmente rilevante e significati­va anzitutto nella affermazione e maturazione dell'identità della persona. A questo riguardo non va dimenticato che ogni persona viene in questo mondo già dotata di un patrimonio biologi­co, genetico, cromosomico che essa riceve in eredità. Essa, nascendo, trova altresì un contesto socio-culturale e, so­prattutto, religioso, morale e spirituale, che è quello di una determinata epoca e luogo. Tutto ciò contraddistingue e qualifica in modo unico, irripetibile, personale, l'individuo.

 

È a partire da tale ricchezza «ricevuta» che la persona, attraverso l'apprendimento, l'interazione familiare, sociale, culturale, ecclesiale, attua e perfeziona le proprie capaci­tà naturali e soprannaturali; s'inserisce nel flusso della vita che le diverse generazioni si trasmettono in svariati modi, apportando un proprio contributo arricchente originale; si situa storicamente valorizzando quel patrimonio di conoscenze-esperienze-valori che, ereditato dal passato, la impegna nel presente e la fa protendere verso il futuro.

Nello stesso tempo la capacità di memorizzazione pre­sente nell'uomo[6] consente il progredire della comunità so­ciale, ai diversi livelli e nelle diverse latitudini.

Ogni comunità, ogni generazione, ogni epoca, ogni cultu­ra solo in quanto accoglie, rielaborandolo ed attualizzando­lo, tutto ciò che appartiene alla «memoria» di quanti l'han­no preceduta, può esplicare al meglio e al massimo le pro­prie potenzialità e può costruire un futuro ancora più ricco e positivo per le successive generazioni.

Ma è soprattutto nell'ambito cristiano che l'importanza della «memoria» è quanto mai fondamentale, per il nostro argomento.

Nessuno anzitutto può dimenticare che la fede è dono ri­cevuto: la persona non inventa la fede - qui intesa come «fides qua» - ma l'accoglie quale grazia che viene da Dio e che a lei giunge tramite persone, istituzioni, segni, avvenimenti, fatti e parole... che esprimono la chiamata personale di Dio all'incontro con lui, e che la invitano a credere, a dare la propria risposta di accoglienza e di adesione.

 

Ma anche la «fides quae», il contenuto oggettivo della fe­de, il sacro «deposito» rivelato da Dio e affidato al suo popo­lo, è proprietà, dono di Dio: di esso la persona non è padro­na arbitraria, ma piuttosto ascoltatrice docile, testimone fe­dele. Quanto nella fede è pertanto ricevuto, accolto, «memo­rizzato», è in grado, con l'aiuto dello Spirito e la collabora­zione della stessa persona e di altri, di coinvolgere e trasfor­mare tutta l'esistenza umana lungo l'arco delle diverse età e delle variegate situazioni.

Come pure va rilevato che tale dono di fede richiede, per esplicare tutte le sue potenzialità, di essere condiviso e rido­nato ad altri. Ora una delle modalità privilegiate di comuni­cazione, trasmissione della fede è la catechesi, la quale ha

come suo contenuto il mistero di Cristo, che è affidato alla «memoria» della Chiesa, che nei diversi secoli e continenti, l'accoglie, lo custodisce, l'annuncia, l'interpreta, lo celebra, lo vive, lo testimonia.

 

Nell'attuazione di tale ministero catechistico, un ruolo importante ha avuto ed ha tuttora la capacità di memorizza­zione insita nelle persone, e ciò vale sia per colui che annun­cia sia per il destinatario dell'annuncio. Una conferma di ta­le importanza sta nel fatto che ove, in qualche epoca o in qualche luogo, si è trascurata o negata la capacità mnemoni­ca della persona, si sono avuti danni, talvolta irrecuperabili, nello sviluppo armonico e integrale dell'identità cristiana della persona e nella vita della stessa comunità ecclesiale.

Risultano quanto mai vere ed ammonitrici, a questo ri­guardo, le parole di Giovanni Paolo II nella Catechesi tra-dendae: «I fiori della fede e della pietà non spuntano nelle zone desertiche di una catechesi senza memoria» (CT 55).

 

Pertanto, è proprio tenendo conto dell'importanza rile­vante che detta «memoria» ha per la vita della persona, della società, della Chiesa, che i redattori del Catechismo della Chiesa Cattolica, hanno voluto inserire in esso le «for­mulazioni in sintesi», le quali sono elaborate in maniera ta­le da facilitare il loro apprendimento e anche la loro me­morizzazione.

Tali formule, in quanto riprendono soprattutto testi particolarmente rilevanti e significativi della Sacra Scrit­tura, della Liturgia, dei Padri della Chiesa, del magistero, dei santi, possono essere giustamente ritenute come «la memoria della Chiesa». Attraverso queste citazioni risplen­de infatti la profonda ricchezza e la variegata bellezza del «dato rivelato» quale è stato accolto, annunciato, celebra­to, pregato, vissuto nelle diverse epoche e luoghi, da perso­ne, da comunità ecclesiali, da culture, in modo pluriforme e tuttavia sempre identico nel suo significato originario e perenne.

Il «passato» della vita di fede ecclesiale in tal modo, an­che attraverso le formulazioni sintetiche, continua a essere vivo e a far sentire il suo vigore esplicativo ed espressivo nel presente, si offre quale guida che illumina e orienta l'attualizzante impegno di inculturazione della fede nel contesto attuale.

 

CARATTERISTICHE

 

Le formule «in sintesi», presenti nel Catechismo della Chiesa Cattolica, sono il frutto di un impegno faticoso, sof­ferto, multidisciplinare che ha visto al lavoro vescovi, teo­logi, catecheti e catechisti, liturgisti, pastoralisti, pedago­gisti, psicologi. Nessuno infatti, che abbia una qualche co­noscenza ed esperienza di catechesi, sottovaluta la difficol­tà di trovare formulazioni che abbiano nello stesso tempo le caratteristiche della fedeltà e della completezza dottri­nale, della sinteticità espressiva e della chiarezza linguisti­ca, della possibilità e facilità di memorizzazione, della comprensibilità e dell'attualità culturale.

Si può dunque comprendere quali difficoltà e quale im­pegno abbiano caratterizzato il lavoro dei redattori del Ca­techismo, verso i quali si può anche usare un po' di benevo­la comprensione quando si rilevi che il loro sforzo non sempre è stato coronato da pieno successo.

Circa la natura e le caratteristiche di tali formulazioni, si possono individuare i seguenti elementi:

 

a) Tra le formulazioni sintetiche sono da considerarsi e da annoverarsi anzitutto e prima di tutto quelli che sono i capisaldi della struttura quadripartita del Catechismo: per la prima parte, i simboli della fede[7] (soprattutto quello apostolico, illustrato alla luce di quello niceno-costantino-politano); per la seconda parte, i sacramenti; per la terza parte, i Comandamenti (oltre alle beatitudini e alle virtù); per la quarta parte, la preghiera del Padre Nostro.

Tali capisaldi, che riprendono una delle più diffuse ed antiche tradizioni catechistiche[8], consentono di esporre la dottrina cattolica, distribuendola in maniera organica, si­stematica, gerarchica, evidenziandone i complementari contenuti essenziali e fondamentali.

 

b) Le formulazioni, che nel testo appaiono introdotte dalla dicitura «in sintesi» e che sono in corsivo, attingono preferibilmente i loro contenuti da fonti bibliche, liturgi-che, patristiche, magisteriali, testimoniali. Ciò fa risaltare la stretta connessione, la complementare circolarità che sussiste tra le suddette fonti cristiane, le quali si illumina­no e si chiariscono a vicenda, mentre conducono a una comprensione e a un'esplicitazione sempre più profonda e limpida del mistero cristiano. Emerge così una sapiente coniugazione, un'arricchente simbiosi di continuità e di novità nell'enunciato dottrinale cattolico.

 

c) Esse condensano l'essenziale della dottrina cattolica, quale è creduta, annunciata, celebrata, vissuta, pregata dalla Chiesa cattolica. Cercano di enucleare la sostanza dottrinale «tam de fide quam de moribus». Per questo uno sforzo notevole è stato fatto per evitare il più possibile che soprattutto nelle formulazioni entrassero elementi conte­nutistici appartenenti a teorie, opinioni, ipotesi teologiche, che hanno diritto di cittadinanza sì in riviste, dispute, scuole teologiche, ma non propriamente in un Catechi­smo (CT 61), e soprattutto in questo Catechismo della Chiesa Cattolica.

 

d) Esse inoltre sono strettamente connesse ai rispettivi paragrafi che le precedono.

Riguardo al modo di realizzare e di esprimere l'indisso­lubile legame tra esse (testo) e i paragrafi (contesto), che le precedono e che illustrano la dottrina cristiana di una cer­ta tematica, ai redattori si ponevano diverse possibilità di scelta, riconducibili fondamentalmente a due: o ampliare quanto già detto, o limitarsi a sintetizzare il già espresso. La commissione, incaricata dal Santo Padre di elabora­re il Catechismo, interpellata espressamente al riguardo, ha dato come indicazione ai redattori, quella di evitare di introdurre attraverso tali formule, elementi nuovi impor­tanti dottrinalmente, che non fossero già contenuti nei pa­ragrafi precedenti, invitandoli quindi a riesprimere in for­ma sintetica, nelle formulazioni, quanto già detto prece­dentemente, in modo esplicito o implicito.

 

e) Attesa la notevole importanza che ha il linguaggio nell'azione-comunicazione catechistica, un'attenzione par­ticolare è stata data al tipo di linguaggio utilizzato nelle formulazioni «in sintesi», e in generale in tutto il Catechi­smo. I redattori hanno preferito quel tipo di linguaggio che è stato denominato «attestativo», il quale ha consentito di esporre la fede della Chiesa in modo più positivo che nega­tivo, più sereno che polemico, più testimoniale che argo­mentativo. Ne è così derivata una presentazione catechisti­ca che risponde meglio alle esigenze della nuova evangeliz­zazione e alle attese dell'uomo d'oggi[9].

 

FINALITÀ

 

Molteplici e nello stesso tempo complementari sono le finalità che dette formule si prefiggono:

 

a) Nei confronti del «depositum fidei»

• Tali formulazioni hanno come scopo quello di espri­mere, in modo essenziale e sintetico, la sostanza dottrinale della fede cristiana, aiutando a individuare il nucleo fonda­mentale che la fede cristiana propone circa una determina­ta tematica.

Considerate nel loro insieme, tali formulazioni consen­tono di enucleare quel «minimum» indispensabile («non omnia sed totum»), che ogni cattolico, per essere e dirsi ve­ramente tale, deve conoscere, vivere, testimoniare.

Evidenziano la semplicità (non il semplicismo) e nello stesso tempo la complessa poliedricità del mistero cristiano, che nella sua insondabile ricchezza e nella sua stupenda arti­colazione si offre in modo unitario e sintetico alla persona, che l'accoglie nella fede. Consentono altresì di riesprimere con un linguaggio più attuale e maggiormente coinvolgen­te l'uomo di oggi, la sostanza della fede cristiana.

 

  Distinguendo nell'ambito della dottrina cattolica ciò che è fondamentale, essenziale, immutabile da ciò che è se­condario, transitorio, periferico, favoriscono una organica sistemazione dei contenuti e delle verità di fede, facendo ri­saltare che tutto il contenuto catechistico si riconduce e si riconnette ad «un nucleo centrale dove tutto deve essere so­spinto da una forza centrifuga e rinviato da una forza centri­peta e il centro si chiama: Gesù»[10]. Si da così significato e gerarchia di valore alle diverse affermazioni, integrando gli elementi nuovi con quelli già acquisiti, evitando di disper­dere l'annuncio veritativo in una serie di nozioni, dottrine, informazioni, senza rispetto della struttura e dell'organici­tà del mistero cristiano, della sua essenzialità e della sua in­cisività. Questa sistematizzazione, che tiene conto del posto che ogni verità occupa nel panorama del mistero cristiano e che esprime il legame col nucleo generatore, fondante e ispiratore, richiama la stretta connessione circolare che esi­ste tra mistero di Dio e mistero della persona; tra parola di Dio ed esperienza umana; tra problemi fondamentali tra­scendentali e situazioni contingenti; tra Bibbia-Tradizione-magistero della Chiesa e scienze umane.

 

  La ricerca di precisione dottrinale e di formulazione integra e completa della verità cristiana, che ha caratteriz­zato l'elaborazione di tali formule, ha anche contribuito e contribuirà ancora a far crescere la conoscenza del mistero cristiano, ad esplicitare maggiormente verità già contenute in germe nel deposito rivelato, a riesprimere in un modo più accessibile alla mentalità odierna il significato perenne dell'asserto di fede. Attraverso dunque tali formulazioni cresce sia la percezione della realtà e della Parola divina trasmessa, sia la loro comunicazione e trasmissione.

 

b) Nei confronti dei lettori

• Tali formulazioni, appartenendo a una sana e adegua­ta pedagogia della fede, guidano l'itinerario personale di fede, in vista del raggiungimento di una piena maturità cri­stiana ecclesiale. Lo scopo definitivo infatti della catechesi, e perciò an­che delle formule catechistiche, «è di mettere qualcuno non solo in contatto, ma in comunione, in intimità con Cri­sto: egli solo può condurre all'amore del Padre, nello Spiri­to Santo, e può farci partecipare alla vita della Santa Trini­tà» (CT 5). «Tutta la finalità della dottrina e dell'insegnamento deve essere posta nell'amore che non finisce»[11].

Le formule catechistiche coinvolgono pertanto tutta la persona: promuovono la crescita, a livello di conoscenza, del seme di fede deposto dallo Spirito Santo col primo an­nuncio e con la catechesi; offrono modalità concrete di «professioni di fede» a livello personale e comunitario; in­vitano alla sincera conversione del cuore; guidano la tra­sformazione della vita della persona così che, alla sequela di Cristo, essa possa pensare, giudicare, amare, agire in conformità con la sua Parola.

Mentre suscitano e sorreggono convinzioni e atteggia­menti di fede, costituiscono nello stesso tempo occasioni, momenti, contenuti di dialogo con Dio nella preghiera per­sonale e comunitaria. Tali espressioni sintetiche, molte delle quali manifestano anche letterariamente una bellezza non comune, alimentano, favoriscono la preghiera, diven­tando guide alla e nella preghiera.

Nei confronti poi di colui che si avvicina per la prima volta alla fede e desidera conoscere i contenuti essenziali e fondamentali propri della Chiesa cattolica, offrono l'op­portunità di un approccio semplice ed essenziale.

 

• Le formulazioni sintetiche offrono inoltre spunti per l'ulteriore approfondimento conoscitivo della verità cri­stiana. In quanto si rivolgono alle facoltà intellettive della persona umana («fides quaerens intellectum»), sollecitano, attraverso la riscoperta delle ragioni della fede, un appro­fondimento razionale del contenuto di fede, una sua pene­trazione dottrinale, la quale può essere realizzata attraver­so le forme di indagine e di riflessione proprie del pensie­ro. Tale riflessione può avvenire con modalità diversificate a seconda delle persone, ma anche in tempi successivi da parte della stessa persona, con quella gradualità che rispecchia il crescere della persona nelle diverse fasi della sua esistenza, nella pluralità delle sue vicende.

Le formule catechistiche «sono da considerare in tutto il loro valore pedagogico: non solo come strumento didatti­co per la memoria, ma come momenti di annuncio autenti­co della fede, di proposta autorevole, illuminante e stimo­lante per l'intelligenza» (RdC 177).

 

e) Nei confronti della Chiesa

Le formulazioni catechistiche si offrono anche quale strumento concreto, anche se pur sempre insufficiente, di comunione nell'unica fede.

In un mondo multiculturale, pluralista, secolarizzato, da più parti emerge sempre più insistentemente e diffusa­mente l'esigenza, la necessità di ritrovarsi uniti con gli al­tri credenti in Cristo nell'enucleare, nel professare, nel te­stimoniare l'unica fede nei diversi ambienti, continenti, si­tuazioni. Tale desiderio trova un concreto ed efficace stru­mento di realizzazione nel Catechismo, e in particolare nel­le formule «in sintesi».

Ciò che lungo i secoli, nei diversi luoghi, lo Spirito San­to ha suggerito alla Chiesa nei suoi pastori e nei suoi fedeli attraverso la riflessione intellettuale, la meditazione oran­te, la celebrazione devota, la carità operosa, la testimo­nianza coraggiosa, viene raccolto e sistemato in forma sin­tetica e organica, per essere offerto alla «memoria» dell'at­tuale e delle future generazioni, consentendo di realizzare quella comunione sincronica e diacronica che caratterizza l'essere e l'agire della Chiesa. Si ha così un importante aiu­to, proprio attraverso l'acquisizione e l'utilizzo di un lin­guaggio comune di fede, veicolato da tali formulazioni, per promuovere, esprimere e garantire quell'unità della fede della Chiesa (communio sanctorum), che è frutto e riflesso dell'unità trinitaria.

Mentre esprimono correttamente, anche se non perfet­tamente ed esaustivamente il contenuto dottrinale in un linguaggio che è attento al contesto culturale odierno, le formule, proponendo un modo comune di professare la fe­de, significano ed attuano la cattolicità della Chiesa, che è «tutte le lingue del mondo, unite in un'unica liturgia, o come un coro armonioso che, sostenuto dalle voci di stermi­nate moltitudini di uomini, si leva secondo innumerevoli modulazioni, timbri e intrecci per la lode di Dio da ogni punto del globo, in ogni momento della storia»[12].

 

d) Nei confronti dell'azione catechistica

Tra i numerosi e notevoli benefici che le formule appor­tano all'azione catechistica sia dal punto di vista dell'inse­gnamento sia da quello dell'apprendimento (ad esempio il superamento della precarietà e della frammentarietà sia nell'annunciare sia nell'accogliere la fede), non va sottova­lutata la seguente: le formule consentono una opportuna verifica, da parte del catechista, della capacità e del livello di apprendimento del soggetto destinatario dell'annuncio (il catechizzando). Attraverso questo meccanismo di feed-back, il catechista ha così anche la possibilità di conoscere e verificare la qualità, il contenuto, il grado di efficacia del­la sua stessa comunicazione.

 

NECESSITÀ DI UNA LORO ULTERIORE MEDIAZIONE

 

Le formulazioni, offerte in questo Catechismo come modelli espositivi riassuntivi della fede cattolica, nell'esse­re proposti alla capacità memorizzante della persona, ne­cessitano, e per loro natura e nelle intenzioni espresse an­che esplicitamente più volte dai loro compositori, di un ul­teriore e indispensabile adattamento. Hanno bisogno di una opportuna e complementare mediazione secondo le personali esigenze e concrete capacità dei destinatari. E ciò è richiesto sia per raggiungere le finalità stesse che det­te formule nel Catechismo della Chiesa Cattolica si prefig­gono, sia per rispettare le peculiari caratteristiche delle di­verse culture, delle pluriformi Chiese particolari, delle va­riegate categorie di persone, a cui si indirizzano.

 

Tale opera di adattamento, di mediazione, di inculturazione si attua a diversi livelli.

 

1) Anzitutto a livello dei redattori dei Catechismi locali, nazionali e diocesani.

Ogni lingua ha proprie originali caratteristiche quanto al linguaggio, al ritmo, alla cadenza, alla musicalità. Ogni cultura, ogni lingua utilizza mezzi ed espedienti vari, figure letterarie e poetiche diverse, per realizzare nel migliore dei modi le varie fasi del processo implicato nella capacità di memorizzazione della persona: l'apprendimento mnemoni­co, la ritenzione, il richiamo, la riespressione. Alla luce di ta­li esigenze e usanze, è quanto mai indispensabile che i redat­tori dei catechismi locali effettuino un'opera di opportuni e adeguati adattamenti dei contenuti dottrinali espressi nelle formule proposte dal Catechismo della Chiesa Cattolica.

 

2) Ma anche al catechista è richiesto un intelligente la­voro di adattamento, di mediazione riguardo a tali formu­le. Egli dovrà «promuovere una ricerca che, lasciando intat­to l'essenziale nella sua organica completezza, trovi ogni volta le formulazioni più adatte alle diverse categorie di fe­deli e soprattutto di ogni singola persona, attese le sue ca­ratteristiche peculiari e originali. Essa è segno di fedeltà al­la parola di Dio, inesauribile nella sua ricchezza, e al dialo­go con gli uomini, le cui esigenze sono, almeno in parte, va­ne e mutevoli» (RdC 75). Nel proporre al destinatario della cate­chesi le formule da mandare a memoria, egli dovrà tener opportunamente conto sia della loro collocazione e della loro importanza nell'impianto oggettivo, organico e siste­matico del mistero cristiano, sia delle possibilità soggetti­ve concrete del destinatario, della sua psicologia, della sua vocazione e situazione esistenziale, del ritmo e delle tappe significative della sua crescita, del contesto socio-culturale in cui è inserito, del livello di fede maturato... Si tratta di proporre al catechizzando quelle formulazioni che «in un determinato contesto possono essere integrate nel pensiero e nella vita dei vari ascoltatori, proponendole secondo quanto conviene alla situazione e al dovere di stato di ciascuno»[13].

Gradualità, fedeltà alla centralità della persona, sele­zione oculata e attenta all'integralità del mistero e alla si­tuazione concreta relazionale del soggetto... sono solo alcu­ni dei criteri-guida che illuminano e animano il lavoro cate­chistico. Il rispettare, il perseguire tutto questo fa parte della sapienza e dell'arte dell'essere e del fare il catechista.

 

 

 



[1] Per un rapido panorama storico di questo aspetto, si veda: Giovanni Paolo II, Catechesi tradendae, 10-13.

[2] Trad. it. di «Traditio Symboli», in: Rituale Romanum, Orda Initiationis Christianae adultorum, T.P.V. 1972, p. 76, 186.

[3] Concilio Vaticano I, Costituzione Dogmatica, Dei filius, cap. 4. 276

[4] Congregazione per la Dottrina della Fede, Mysterium ecdesiae, 1973, p. 12.

[5] Le formule «possono e debbono venir intese come espressioni significative, le quali peraltro costituiscono solo degli accenni all'Inesprimibile e non la sua coartazione nel nostro mondo concettuale» (J. Ratzinger, Introduzione al Cristiane­simo, Brescia 1969, p. 133).

[6] Cfr. anche san Tommaso, S. Th., I, q.78, a.4.

[7] Quanto mai significative ed attuali sono le seguenti parole del vescovo san Cirillo di Gerusalemme: «Cerca di ritenere bene a memoria il Simbolo della fede. Esso non è stato fatto secondo capricci umani, ma è il risultato di una scelta dei punti più importanti di tutta la Scrittura. Essi compongono e formano l'unica dottrina della fede. E come un granellino di senape, pur nella sua piccolezza, con­tiene in germe tutti i ramoscelli, così il Simbolo della fede contiene, nelle sue bre­vi formule, tutta la somma di dottrina che si trova tanto nell'Antico quanto nel Nuovo Testamento» (San Cirillo di Gerusalemme, Catechesi 5 sulla fede e sul sim­bolo 12-13; PG 33, 519-523).

[8] Non va dimenticato che il catechismo pubblicato nel 1566, come frutto maturo del Concilio di Trento e più conosciuto come Catechismo di San Pio V op­pure come Catechismo Romano, aveva utilizzato tale struttura quadripartita, di­ventando modello per tanti altri catechismi successivi.

[9] Cfr. Giovanni Paolo II, Costituzione Apostolica, Fidei depositum.

[10] Pio XII, Discorso dell'11-1-1953.

[11] Concilio di Trento, art. X.

[12] Giovanni Paolo II, Slavorum Apostoli, n. 17.

[13] San Tommaso, Summa theologica, II-II, q.2, a.7.