La santità è la chiamata che Dio ci ha rivolto creandoci a sua immagine

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La solennità di Tutti i Santi indica l'origine e la meta del cristiano, e lo avverte che la vita è un pellegrinaggio. 
 
La santità di Dio è all'origine di tutto. Dio è santo. 
Questo fu rivelato al popolo d'Israele. 
Da questa verità ne consegue che l'uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio, è chiamato alla santità. «Siate santi perché io sono santo» (Lv 11,45). 
 
Gesù riprende questa "legge di santità" dal popolo ebraico e la riformula così: «Siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48). 
È un cambiamento leggero, ma significativo: ci propone, prima di tutto, l'immagine di Dio, che chiama Padre, e interpreta la santità in chiave di perfezione per farci comprendere che siamo potenzialmente in grado raggiungerla, poiché tutto nell'uomo tende alla perfezione del suo essere, alla pienezza delle sue capacità, se orienta al bene la sua libertà.
 
In questa prospettiva, ci è agevole comprendere come san Paolo, rivolgendosi ai cristiani delle sue comunità, li chiami "santi". 
Se ci pensiamo bene bene, questa è una giusta definizione del cristiano, che è stato santificato nel battesimo mediante la sua incorporazione in Cristo. 
È vero che questa santità ontologica del battesimo deve rendersi effettiva nella santità morale di ogni giorno: ma è proprio in questo che consiste l'esercizio della vita cristiana. Aspirare a essere ciò che già siamo per battesimo.
 
Coloro che sono giunti alla patria del cielo, i santi - canonizzati e non - hanno raggiunto la meta, e in loro risplende in modo definitivo la bellezza della santità di Dio. 
 
Il 1° novembre celebriamo in un'unica festa la moltitudine di coloro che hanno imitato il Padre celeste e, durante la loro vita terrena, hanno riflesso nel loro comportamento il modo di essere di Dio. Così san Pietro esorta i suoi cristiani: «Come è santo colui che vi ha chiamati, anche voi siate santi in ogni vostra condotta» (1 Pt 1,15). 
 
Mentre già contempliamo nella gloria coloro che ci hanno preceduto nella fede, guardiamo a noi stessi per ricordare la nostra condizione di "santi" sulla terra che camminano verso la loro destinazione finale. 
 
Oggi la parola "santità" suona strana, lontana dai nostri interessi. 
Parliamo di integrità, di equità, di giustizia, concetti che si sono sicuramente più familiare delle espressioni con cui la Bibbia definisce la santità, e cosa intenda Gesù per "perfezione" quando a essa ci invita. 
La santità è la chiamata che Dio ci ha rivolto creandoci a sua immagine. 
Comprendere la vita in questo modo è l'aspirazione della nostra natura, che non possiamo frustrare abbassando l'asticella.
 
I fedeli defunti, di cui si fa memoria il 2 novembre, sono già salvati, anche se attendono l'ultimo momento per vedere Dio faccia a faccia nello stato che la Chiesa chiama “purificazione”. 
Essi sono la chiesa purgante.
Li commemoriamo con pietà e preghiamo per loro con la chiara certezza che tra tutti i membri della Chiesa vi è un vincolo indistruttibile di carità. 
 
La commemorazione dei fedeli defunti ricorda a noi, che ancora siamo pellegrini in questo mondo, che ce n'è un altro, quello definitivo, al quale dobbiamo arrivare con la veste bianca del battesimo, pulita da ogni macchia, per contemplare il volto del Dio vivente, l'unico Santo tra tutti i santi. 
 
La santità è dunque partecipazione alla vita di Dio. 
Dio ha impresso la nostra dignità e il nostro destino. 
Ci ha donato suo Figlio perché potessimo vedere in lui ciò che Dio si aspetta e vuole da noi. 
Ci ha dato tutti i mezzi necessari per raggiungere l'obiettivo. 
E, mentre camminiamo, ci permette di vivere in costante purificazione attraverso i sacramenti, la preghiera e la pratica delle virtù. 
 
Non ci manca nulla per essere santi. 
Abbiamo anche una folla di intercessori che, dall'obiettivo, ci assicurano che è possibile raggiungerlo.
 
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