Il matrimonio: Gesù contro Mosè?

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Uno degli atteggiamenti di confronto di Gesù con i farisei è sempre stato il rapporto con la Legge mosaica. Per gli ebrei Mosè era il supremo legislatore perché aveva ricevuto i precetti della legge direttamente da Dio sul monte Sinai. Nel corso del tempo, questi precetti avevano dato luogo a diverse interpretazioni e adattamenti, in modo tale che i farisei sostenevano di poter pervenire alla loro corretta comprensione. 
Gesù, considerato un maestro, non ebbe mai alcuna difficoltà a entrare in queste discussioni, mentre i farisei cercavano ogni occasione per tendergli un tranello e poterlo accusare di essere un detrattore della Legge mosaica. 
Una di queste occasioni fu quella presentata nel vangelo della domenica XXVII del tempo ordinario - anno B - sul matrimonio. I farisei «per metterlo alla prova» gli chiesero se il divorzio fosse lecito o no. Ma Gesù rispose alla domanda con un'altra domanda: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?» I farisei replicano che Mosè «ha permesso di scrivere un atto di ripudio …».
La trappola era stata ben preparata. Gesù non avrebbe mai potuto disconfermare Mosè; ma al contempo voleva perdere l'opportunità di esprimere un chiaro insegnamento sul tema.
E, infatti, la risposta di Gesù rivelò non solo la sua saggezza, ma altresì la sua capacità di aggirare la trappola tesa. Marco riferisce le parole del Giovane Rabbi di Nazaret: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto» (Mc 10, 5-9). 
Rifacendosi al momento della creazione e citando il testo della Genesi, Gesù fece riferimento al disegno di Dio su Adamo ed Eva. L'uomo e la donna, considerati fin dalla loro origine, sono fatti per diventare una sola carne. Con questa espressione l'autore sacro definì la realtà naturale del matrimonio come Dio lo ha pensato fin dall'inizio. 
Senza dirlo espressamente, Gesù ha distinto tra il progetto originale di Dio e l'adattamento che Mosè aveva fatto riguardo al divorzio. Dal punto di vista giuridico, Gesù fece una distinzione tra la legge divina e la legge positiva di Mosè. D'altra parte, aggiungendo che Mosè concesse il libello del ripudio «per la durezza del cuore» del popolo ebraico, fece notare che la ragione ultima di tale concessione fu l'incapacità di comprendere il disegno originario di Dio.
L'insegnamento di Gesù sul matrimonio si situa, dunque, nell'ordine stesso della creazione, o in quello che è stato chiamato legge naturale o diritto naturale, concetti che la cultura attuale ha messo in discussione. 
Le ultime parole di Cristo non lasciano spazio a dubbi: «l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». 
Chiaramente queste parole sono impegnative. Esse rivelano la straordinaria grandezza dell'amore umano che, nel matrimonio, trasforma la realtà di due persone in una sola carne. Custodire quella comunione di vita, che tra i cristiani diventa sacramento, è un'esigenza dell'amore coniugale. 
L'uomo e la donna che vogliono vivere l'intima alleanza che Dio ha stabilito creandoli e ordinandoli l'uno all'altra, sanno di dover lottare ogni giorno contro il peggior nemico dei rapporti umani: l'egoismo. Ciò che Gesù chiama «la durezza del cuore» è la chiusura interiore che rende incapace l'uomo ad accogliere la volontà di Dio e a vivere orientato al suo compimento. Chiudersi alla volontà di Dio significa anche chiudersi all'altro, al prossimo e al più vicino, che, nel matrimonio, è il proprio coniuge. 
Così Mosè fu costretto ad "ammorbidire" la legge di Dio concedendo il divorzio. Ma Gesù, supremo rivelatore del Padre, ricordò che in principio non fu così. Gesù corresse la Legge mosaica, e lo fece appellandosi allo stesso Dio che si è rivelato a Mosè. 
 

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