I fedeli laici nella Chiesa per una vera corresponsabilità e collaborazione

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Non c’è Chiesa, sia a livello diocesano che nazionale, che non si interroghi sul futuro della pastorale anche nell’orizzonte della scarsità dei sacerdoti. Abbiamo riflettuto noi pure, da queste pagine, su questa realtà che preoccupa, senza dubbio alcuno, i responsabili delle comunità diocesane. Il Sinodo sulla situazione sociale ed ecclesiale in Amazzonia si è concluso con alcune proposte destinate certamente ad aprire un vivace dibattito. L’occasione è opportuna per riprendere quanto un caro amico Cardinale ha affermato e di cui personalmente sono convinto da tempo: prima di pensare a nuove forme di ministeri è importante puntare l’attenzione sul popolo di Dio.
 
Ho dedicato gran parte del mio ministero sacerdotale alla formazione dei fedeli laici in vista della evangelizzazione e della catechesi e sono sempre più persuaso che le indicazioni e gli auspici del Concilio Ecumenico Vaticano II sull’apostolato dei fedeli laici e sul sacerdozio comune dei fedeli battezzati siano ancora molto lontani dall’essere raggiunti. Sembra, dunque, urgente la necessità evangelica e anche l’opportunità ecclesiale di tentare ogni sforzo per costruire una Chiesa che coincida effettivamente con il Popolo di Dio, secondo le indicazioni conciliari.
 
Non possiamo dimenticare che la più approfondita presa di coscienza sulla dignità cristiana, l’appartenenza ecclesiale e la responsabilità missionaria del fedeli laici è stato uno dei frutti più importanti del Concilio Vaticano II.
Parlare, dunque, dei fedeli laici è parlare dei cristiani: è parlare della Chiesa cattolica. Nulla della Chiesa è loro estraneo. Parlare dei fedeli laici è, allo stesso tempo, parlare dei loro mondi di incarnazione nella società globale del nostro tempo. Di conseguenza, una Chiesa tutta ministeriale necessita che vengano meglio espressi e valorizzati i carismi dei fedeli laici, grazie ai quali si manifesta il volto della Chiesa in uscita! Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha riservato una grande riflessione al riguardo. Il sacerdozio comune dei battezzati è la base non solo della vita cristiana, ma anche della stessa vita ecclesiale. Mi parrebbe, dunque più importante, prima di pensare a nuove forme di ministeri, ritrovare questo grande slancio del popolo di Dio che ha mostrato il Vaticano II.
 
Promuovere il ruolo dei fedeli laici nella Chiesa è un compito tutto da esplorare dopo 50 anni di Concilio Vaticano; ed è l’immediata via da percorrere con coraggio per il futuro delle nostre comunità cristiane. Essi derivano la loro piena dignità da Cristo in quanto membra vive delle Chiesa/Popolo di Dio. Affermare che la Chiesa è ‘popolo di Dio’ significa assegnare piena centralità al sacerdozio battesimale: «Il popolo di Dio è unico, come unico è il Signore, unica la fede e il battesimo. Comune è la dignità di tutte le membra derivante dalla loro rigenerazione in Cristo» (LG 32).
 
L’affermazione dell’uguale dignità di tutti i cristiani, e quindi anche dei fedeli laici, in forza del battesimo, che incorpora a Cristo e alla Chiesa, è certamente una delle novità maggiori del concilio Vaticano II. In forza del sacerdozio battesimale, ogni credente è chiamato a farsi carico della responsabilità della missione e concorrere, per parte sua, all’edificazione della comunità cristiana. I fedeli laici, anche i forza del loro battesimo, pertanto, possono essere i primi evangelizzatori proprio nelle pieghe della vita sociale e civile.
 
Dal suo riferimento a Cristo (LG 7) il fede laico altri non è che il cristiano testimone. Se la Chiesa è la comunione di tutti i credenti in Cristo, la partecipazione attiva all’edificazione della Chiesa è compito di tutti i fedeli laici credenti soprattutto nelle realtà temporali. La presa di coscienza della corresponsabilità dei fedeli laici nella Chiesa è uno dei punti nevralgici della recezione del concilio Vaticano II che ha evidenziato profeticamente la piena appartenenza alla Chiesa di tutti i battezzati, riconoscendone la comune condizione di testimonianza e servizio, pur nella diversità di carismi, di ministeri e di condizioni di vita.
 
E’ fondamentale, pertanto recuperare in modo fattivo e più consapevole la partecipazione dei fedeli laici alla vita della Chiesa e anche alle responsabilità che questa comporta. Sarà necessaria, in prima battuta, una interazione continua fra tutti i membri del popolo di Dio in uno scambio fraterno in cui ciascuno, secondo i carismi ricevuti e ministeri conferiti, si fa carico del bene della Chiesa e degli uomini.
 
Ma diciamolo francamente: occorre ancora camminare sulla via che ci conduca a questa fraternità e a questa libertà! Si tratta del riconoscimento da dare ai fedeli laici, ma ancora troppo poco praticato a tutti i livelli, compreso quello parrocchiale. Il Concilio lo aveva affermato con chiarezza: «I pastori riconoscano e promuovano la dignità e la responsabilità dei laici nella Chiesa; si servano volentieri del loro prudente consiglio, con fiducia affidino loro degli uffici in servizio della Chiesa e lascino loro libertà e margine di azione, anzi li incoraggino perché intraprendano delle opere anche di loro iniziativa» (LG 37). Recepire anche solo questo capoverso permetterebbe di realizzare una Chiesa in cui i fedeli laici si sentano corresponsabili e quindi impegnati a formarsi e a coinvolgersi con le necessità della Chiesa, mentre i ministri sarebbero sempre più consapevoli che il loro compito è suscitare e stimolare nei fedeli laici una partecipazione attiva alla vita della Chiesa, riconoscendo loro un ruolo centrale nella missione evangelizzatrice.
 
Questo punto è decisivo non solo per la struttura interna della Chiesa, ma anche per dare efficacia all’azione evangelizzatrice. Infatti, riconoscere la dignità e la vocazione evangelizzante dei fedeli laici permette alla Chiesa intera di “sfruttare” la loro propria condizione di vita per incontrare gli uomini e le donne che non vanno alla Chiesa e rivolgere loro la buona notizia del Vangelo.
 
Occorre davvero ripensare i fedeli laici ripensando la Chiesa!
E il passaggio è obbligato: occorre passare
-         da una Chiesa centrata su se stessa a una Chiesa centrata sul servizio del Regno di Dio;
-         dalla preminente sacramentalizzazione al primato della evangelizzazione;
-         dal clericalismo alla corresponsabilità di tutti i battezzati;
-         dall’improvvisazione individualistica a una pastorale progettuale, organica e contestualizzata;
-         dall’attivismo alla sapienza della croce come misura della propria efficacia/efficienza.
 
La vita della Chiesa e le condizioni della storia premono sulla coscienza ecclesiale per recuperare effettivamente i fedeli laici e spingerli in avanti. La Chiesa vive immersa nella storia degli uomini che è la sua stessa storia, quindi non si comprende mai se non a partire dal Vangelo e dalla storia stessa che la provoca e la interroga. La Chiesa è, perciò, costretta dalla storia a ripensare il ruolo dei tanti laici credenti con i quali camminare e sentirsi compagna degli uomini del suo tempo come un sol popolo che cammina nella storia e che è costituito da tutti i battezzati. In questo modo la Chiesa si sentirà “in uscita”, si collocherà nella storia, anche attraverso l’identità propriamente ecclesiale dei fedeli laici. Ricorda, infatti, il Concilio che proprio i fedeli laici portano la Chiesa «in quei luoghi e in quelle circostanze, in cui essa non può diventare sale della terra se non per loro mezzo» (LG 33).
 
I laici battezzati sono così la figura esemplare se si pensa la Chiesa in stato di missione. In una Chiesa così rivolta all’esterno, china sui bisogni quotidiani e concreti di tutti, pronta a riformarsi e chiamata a stringersi in unità anche per discernere ciò che è da credere e da far, è chiaro che i fedeli non possono che essere protagonisti. «Essere discepolo significa avere la disposizione permanente di portare agli altri l’amore di Gesù e questo avviene spontaneamente in qualsiasi luogo, nella via, nella piazza, al lavoro, in una strada» (EG 128).
 
Puntare l’attenzione sul popolo di Dio e, in questo contesto, sui fedeli laici è un compito prioritario prima ancora che pensare a eventuali ministeri. Evangelii gaudium ricorda che «l’evangelizzazione è compito della Chiesa» (EG 111) in cui «ciascun battezzato, è un soggetto attivo di evangelizzazione. La nuova evangelizzazione deve implicare un nuovo protagonismo di ciascuno dei battezzati» (EG 120). A conservare questa dimensione strutturante la vita ecclesiale hanno sempre pensato i fedeli laici, per loro condizione esistenziale immersi nella compagnia degli altri, fianco a fianco con loro.
 
La recuperata dignità ecclesiale dei fedeli laici non giungerà al proprio scopo fino a che non sbilancerà la Chiesa intera verso l’esterno, ma questo non accadrà fino a che la Chiesa – e i fedeli laici in primo luogo – non scopriranno che hanno qualcosa di prezioso da amare e servire, offrendo anzitutto il vangelo. Ma ciò evitando la tentazione della clericalizzazione dei fedeli laici. La grande chiamata dei fedeli laici è fondamentale per la missione della Chiesa per portare Cristo evangelizzando dall’interno verso l’esterno».
 
L'attuale riscoperta dei ministeri e la loro espressione nella vita della Chiesa in un'ottica di comunione ecclesiale stentano davvero a decollare. L'auspicio del concilio ecumenico Vaticano secondo resta legato alla crescita organica del popolo di Dio. Afferma lo stesso concilio Vaticano secondo: «La Chiesa non vive in maniera piena, non è segno perfetto di Cristo tra gli uomini, se oltre la gerarchia non vi si trova di lavoro di un laicato di vero nome. Non può infatti il Vangelo penetrare ben addentro nella mentalità, nel costume, nelle attività di un popolo senza la presenza dei fedeli laici. Perciò bisogna dedicare ogni cura alla formazione di un maturo laicato cristiano» (AA 21).
 
Occorre pertanto che il popolo dei fedeli laici è pastori rispondano a una duplice esigenza: l'esigenza della fedeltà e l'esigenza della creatività. La comunità cristiana non può riscoprire forme di ministeri adatti al mondo di oggi e di domani senza essere fedeli ai meccanismi fondamentali che la Chiesa da sempre ha riconosciuto e senza esplorarne a fondo le ricchezze intramontabili. Ma questa stessa comunità deve avere anche l'audacia di realizzare tutto ciò che il Signore domanda di interpretare e di interpretare attraverso gli appelli del mondo nuovo.
 
Tra fedeltà e creatività l'antinomia è solo apparente. La vera fedeltà non è immobilismo stantio, ma dinamismo consapevole. La fedeltà non si colloca mani sul piano della sterilità della ripetitività, ma su quello del rinnovamento sotto l'azione creatrice dello spirito della Pentecoste. Essa fa appello al passato non come un modello che concorrono riprodurre servilmente ma con una vera sorgente di vita che ha praticamente inesplorati. È la fedeltà che sospinge la Chiesa a ricercare per ogni epoca le modalità concrete dei servizi ecclesiali necessari alla sua missione. In tal modo i ministeri che la Chiesa intende coprire all'uomo d'oggi possono trovare propizia concretizzazione almeno su una scala più ampia nei ministeri di fatto.
 
Occorre tornare alle radici vitali della Chiesa per cogliervi l'originalità e il fondamento dell'unica parola di Dio che anima la comunità ecclesiale. Essa torna alle sue origini per scoprire ogni giorno di più la rivelazione del suo essere, per andare gioiosamente incontro al suo Signore e incontrando e riproporlo alla storia degli uomini. Ricordava il Papa Giovanni Paolo II in Christifideles laici: «I pastori devono riconoscere promuovere i ministeri, gli uffici e le funzioni dei fedeli laici che hanno il loro fondamento sacramentale del battesimo della confermazione nonché per molti di loro del matrimonio» (23).
 
Per questo prima ancora di pensare a modificare le strutture perenni e i ministeri della Chiesa occorre rilanciare la vera ministerialità del popolo di Dio, occorre ridisegnare il volto di un'autentica Chiesa missionaria, occorre evangelizzare il senso vero di una chiesa tutta fatta di ministeri in una corresponsabilità diversificata, occorre farsi gli itineranti e in uscita per raggiungere ogni uomo in ogni ambiente in cui egli udì, soffre, lavora.
 
I servizi che i fedeli laici possono offrire alle proprie comunità possono essere individuati a partire dalla partecipazione dei fedeli laici stessi alle funzioni profetica, sacerdotale e regale di Cristo, in virtù del battesimo e della confermazione. L'elenco ha valore solo esemplificativo, è volutamente aperto, ma non generico. Nel redigere le tre tavole fanno riferimento ai documenti del Concilio Vaticano II, ai libri liturgici rinnovati dopo il Vaticano II, al Codice di diritto canonico (1983), al Catechismo della Chiesa Cattolica (1997), alle esortazioni Evangelii nuntiandi (73-74), Familiaris consortio (23, 28, 53) e Christifideles laici (33-36).
 
Funzione profetica. Il concilio Vaticano II ha messo in luce in più testi la concreta partecipazione dei fedeli laici alla funzione profetica. Tra i fattori di crescita e sviluppo della Tradizione, accanto al magistero, vengono elencati la teologia e «l’esperienza data da una più profonda intelligenza delle cose spirituali» (Dei Verbum 8), due ambiti che vedono come soggetti responsabili tutti i christifideles, inclusi quindi i fedeli laici. Una delle più grandi sfide, ma anche realizzazioni, della nostra epoca è l'opera di ravvivare la fede dei singoli e delle comunità, perché la trasmettano ad altri e con forme diverse la mantengano viva all'interno della comunità stessa.
 
«Comprendere» e «esprimere» il contenuto della fede cristiana è compito anche dei fedeli laici. In Lumen gentium 12, si trova un altro testo importante. La costituzione parla del sensus fidei, cioè della capacità, propria di tutti i cristiani, perché donata con l’iniziazione cristiana, di sapere e conoscere le cose di Dio. Il testo aggiunge: «La totalità dei fedeli che hanno ricevuto l’unzione dello Spirito Santo non può sbagliarsi nel credere e manifesta questa proprietà che gli è particolare mediante il senso soprannaturale della fede di tutto il popolo quando dai vescovi fino agli ultimi fedeli laici esprime l’universale suo consenso in materia di fede e di costumi» (LG 12).
 
I fedeli laici partecipano nel modo loro proprio della funzione profetica di Cristo e compiono tale missione:
-      annunciando Cristo con la parola soprattutto nella catechesi parrocchiale;
-      introducendo nella conoscenza e nello studio della sacra Scrittura;
-      collaborando alla formazione catechistica, all'insegnamento delle scienze sacre, alla formazione relativa agli strumenti della comunicazione sociale;
-      approfondendo la dottrina sociale della Chiesa, diffondendone lo studio e mostrandone le possibili attuazioni;
-      animando di spirito cristiano le realtà temporali.
 
Funzione sacerdotale. Nel Concilio Vaticano II è maturata la consapevolezza del ruolo attivo dei fedeli laici nelle celebrazioni liturgiche, nelle quali si compie l’ufficio sacerdotale di Gesù Cristo. Le azioni liturgiche, afferma la costituzione Sacrosanctum concilium, «non sono azioni private, ma celebrazioni della Chiesa (…) e appartengono all’intero corpo della Chiesa, lo manifestano e lo implicano» (26). Coloro che hanno ricevuto il battesimo e la cresima costituiscono un’assemblea sacerdotale che partecipa dell’offerta di Cristo al Padre. La celebrazione eucaristica è azione di Cristo e del popolo di Dio gerarchicamente ordinato.
I fedeli laici partecipano nel modo loro proprio della funzione sacerdotale di Cristo e compiono tale missione:
-      servendo e collaborando alla buona riuscita delle celebrazioni liturgiche e svolgendo in esse la propria parte secondo la natura del rito e le norme liturgiche;
-      promuovendo la conoscenza della liturgia e l'attiva partecipazione alle celebrazioni liturgiche;
-      promuovendo la spiritualità liturgica dei fedeli laici;
-      assumendo, nell'assemblea eucaristica e nella celebrazione degli altri sacramenti, i servizi e i ministeri liturgici stabiliti;
-      assistendo, in qualità di delegati, ai matrimoni;
-      prendendo cura degli ammalati e dei sofferenti;
-      guidando le esequie ecclesiastiche;
-      proferendo le benedizioni previste nei libri liturgici;
-      distribuendo la sacra comunione quali ministri straordinari dell’eucarestia;
-      amministrando il battesimo.
 
Funzione regale. Il tema della funzione regale dei fedeli laici è stato approfondito in celebri testi: Lumen gentium 36-37; Christifideles laici 14, ai quali rinvio.
I fedeli laici partecipano nel modo loro proprio della funzione regale di Cristo e compiono tale servizio nella Chiesa:
-      collaborando con i pastori nell'edificazione delle comunità ecclesiali;
-      esercitando gli incarichi, gli uffici e i ministeri che a loro vengono affidati;
-      cooperando a norma del diritto nell'esercizio della potestà di governo;
-      cooperando con la propria presenza nei Concili provinciali, nei Sinodi diocesani, nei Consigli pastorali, nei Consigli per gli affari economici, negli organismi di carità e di solidarietà;
-      cooperando a norma del diritto nei tribunali ecclesiastici;
-      partecipando nell'esercizio della cura pastorale della parrocchia;
-      collaborando nell'elaborazione, attuazione e verifica dei programmi pastorali;
-      riconducendo tutto a Cristo, Signore della storia.
 
Nella prospettiva della fede dell'avvenire di Dio comporta sempre un esodo. Anche se ogni esodo comporta attività, ma una chiesa adulta probabilmente ha tempi lunghi e forse esodi faticosi. Ma questo provvidenziale cammino di speranza non si arresti per la nostra mancanza di fede in colui che «fa nuove tutte le cose» (Ap 21,5).
 
La prospettiva di sinodalità permanente si configura come lo strumento più idoneo per avviarsi verso quella ecclesiologia di comunione, comunque sempre da conquistare e confermare: una sinodalità capace di coinvolgere tutti i membri del Popolo di Dio. La valorizzazione del „ministero laicale è la condizione principale, per camminare verso una tale Chiesa sinodale.
Sta a tutti noi contribuire ad aprire spazi, in nome della vera comunione, a una Chiesa fedele al Vangelo. Senza dimenticare mai che la Chiesa è forza profetica quando riprende la Parola e attualizza la vita buona del Vangelo con una logica fraternità, di perdono e di riconciliazione. Infatti, la carità è l’evangelo praticato, e l’evangelo è la carità annunciata.
 
Nel rilanciare il ruolo, la collaborazione e la corresponsabilità dei fedeli laici secondo le indicazioni del Concilio ecumenico Vaticano II valgano anche per la Chiesa di oggi e per ciascuno l'incoraggiamento e la promessa di Yavé: «siate forti, fatevi animo, non temete non vi spaventate; il Signore tuo Dio cammina con te; non ti lascerà che non ti abbandonerà» (Dt 31,6).
 

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