Poche confessioni
Molte comunioni

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Ogni attento osservatore delle celebrazioni liturgiche avrà notato un fenomeno diffuso che sta diventando normale. 
Vale a dire:
  • Il numero dei fedeli che accedono al sacramento del perdono è diminuito in modo allarmante.       
  • Il numero dei fedeli che si accostano alla Comunione è notevolmente aumentato.
  • Non poche celebrazioni sacramentali (battesimi, matrimoni, funerali...), per molti partecipanti sono meri atti sociali che coronano, tuttavia, con l’accostarsi alla comunione.
Oggi si ha proprio l’impressione che molti di quelli che partecipano alla Messa, anche a giudicare dalla scarsità delle confessioni, si accostino alla comunione senza farsi grandi problemi circa i propri peccati e, più che altro, senza aver fatto alcun esame di coscienza. In questo contesto è evidente che manca la capacità di discernere. Inoltre, si rischia di perdere la gioia della conversione.
 
L'insegnamento della Chiesa, basato sulla Parola di Dio, è stato costante nel corso dei secoli. Ha sempre insegnato che per ricevere la Comunione bisogna essere in grazia di Dio – ossia, senza peccato grave sulla coscienza - e osservare il digiuno pertinente.
 
Non è esagerato affermare che molti di coloro che si accostano alla Comunione non abbiano le condizioni necessarie: sia per ignoranza, per mancanza di fede, per routine, perché sono in situazione di peccato grave, e magari da tanti anni non si confessano.
Questa prassi sta portando a una banalizzazione del sacramento principale della Chiesa e a una distorsione della coscienza di molti battezzati.  Prendere coscienza di questo fenomeno è urgente e della massima responsabilità.
 
San Paolo, divinamente ispirato, ha scritto che «chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna» (1Cor 11,27.29).

Di qui la necessità che la nostra anima sia purificata da ogni peccato mortale, affinché Cristo possa essere ricevuto da noi. 
Di qui la necessità – inoltre - della confessione sacramentale per tutti coloro che notoriamente sono in peccato grave. 
Ricevere in comunione il Corpo e il Sangue di Cristo senza essere perdonati dalla confessione sacramentale è un peccato gravissimo chiamato sacrilegio. 

Proprio la consapevolezza della grandezza e della bellezza del dono ci spinge a non accostarci al Sacramento in una condizione indegna e quindi, come puntualizza il Concilio, ciascuno deve esaminare se stesso con sincerità e desiderio di conversione, e confessare i peccati gravi di cui avesse consapevolezza, soprattutto in vista della propria conversione e della vita eterna.
 
Chiunque è in peccato grave, chiunque non è in grazia santificante - la stessa che si ottiene con l'assoluzione personale nel sacramento della confessione -, chiunque vive in questo stato, non si confessa e riceve la comunione sacramentale sta "mangiando e bevendo la propria condanna", secondo la Parola di Dio. Pertanto, è essenziale essere in grazia santificante per ricevere la Comunione. 
 
Se questa è una constatazione a livello teologico pastorale, ve n’è un’altra a livello teologico morale. Sì: poiché è sempre più evidente che il peccato più grave dell’uomo contemporaneo è che l’uomo ha perso il senso del peccato.
 
Come pastore oso sperare che se uno avesse consapevolezza di essere in stato peccato grave (mortale) non si accosterebbe alla comunione. Infatti coloro che non credono o non obbediscono alla morale che la Chiesa insegna, coloro che non desiderano seguire le norme morali che Dio esige e che il magistero della Chiesa custodisce non dovrebbero - per nessuna scusa - avvicinarsi a ricevere la Santa Eucaristia.

Pertanto, è essenziale essere in grazia santificante per ricevere la Comunione. 
Pertanto credo sia estremamente improrogabile ricordare alla nostra buona gente quali siano i peccati che i comandamenti di Dio considerano “mortali”.
 
La nostra buona gente dovrebbe ricordare ancora che
  •         la bestemmia è peccato grave (secondo comandamento) cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica 2148
  •         giurare il falso è peccato grave (secondo comandamento) cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica 2151-2154.
  •     non santificare la domenica mancando alla messa festiva è colpa grave, a meno di non essere impediti per seri motivi (terzo comandamento) cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica 2172
  •         uccidere (interruzione volontaria della gravidanza, l’eutansia, il suicidio) è peccato grave (quinto comandamento) cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica 2279-2283
  •        ledere l’onorabilità del nostro prossimo con calunnie, maldicenze, ingiurie e diffamazioni è colpa grave (quinto comandamento) cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica 2475-2476
  •        degradare l’amore compiendo i segni della sessualità che sono tipici solo della coniugalità al di fuori del matrimonio è peccato grave (sesto comandamento) cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica 2331-2391
  •        Il ricorso ai mezzi artificiali per il controllo della maternità è colpa grave (sesto comandamento) cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica 2366-2370
  •           Convivere senza aver contratto matrimonio è colpa grave (sesto/nono comandamento) cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica 2353
  •         Il furto è colpa grave.  Il settimo comandamento esige la promozione della giustizia e il rispetto dell'integrità della creazione (settimo comandamento) cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica 2415-2430
  •           Le relazioni extraconiugali sono peccato grave (sesto/nono comandamento) cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica 2520.
Com'è triste e preoccupante constatare che molti di coloro che si definiscono buoni cristiani, vivono contro la Legge di Dio, o quanto meno nell’indifferenza, o si costruiascono una propria etica.
E con queste colpe commesse e senza cambiare atteggiamento o confessarsi, non si può ricevere il Dio vivente presente nell'ostia consacrata.
 
È l'infelice modernismo e la dittatura del relativismo che ha permeato la mente e il cuore di tanti buoni cristiani che sempre più credono in un in un falso “dio bonario” fatto a loro piacimento, misura e convenienza.
Ma è altrettanto triste venire a sapere che molti preti compiacenti risolvono tutto con un: “recita un atto di dolore e alla prossima occasione ti confesserai”, quando sanno benissimo che “una prossima occasione non ci sarà”.
 
È urgente, oggi, che i pastori tornino a insegnare questa dottrina ben codificata nel Catechismo della Chiesa Cattolica, ma dimenticata da molti o sconosciuta soprattutto alle nuove generazioni. 
 
È davvero contrastante vedere tanti comunicandi e i confessionali vuoti. Difficile che tutti siano in stato di grazia tanto da non richiederanno la confessione, se si dice che anche un santo “peccherebbe sette volte al giorno”.
 
Spero che nessuno dei miei lettori dica che questo è un discorso “vecchio, superato, tradizionalista”, di una vecchia teologia e catechesi.
Non mi difendo. Invito a dare uno sguardo fugace al Catechismo della Chiesa Cattolica.
 
Invece, non prendo neppure in considerazione l’affermazione che taluni fanno: “Se la Chiesa non si modernizza un po’ perderà tutti i suoi potenziali clienti”.
In questo caso rinvio alle parole stesse di Gesù: «Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno» (Mt 24,35).

 

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