Dedicato ai catechisti

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Questo è il periodo in cui, generalmente, iniziano le attività catechistiche in ogni parrocchia. Ai catechisti e a quanti si pongono a servizio dell’educazione della fede desidero dedicare alcune riflessioni al fine di sostenere il loro servizio d’amore alla comunità cristiana, soprattutto alle giovani generazione nella catechesi di iniziazione.
 
 
IL SERVIZIO ECCLESIALE DEL CATECHISTA
 

Il catechista è un operatore pastorale che anima e orienta un itinerario di formazione cristiana organi­co, sistematico e permanente nella comunità a cui appartiene e in nome di questa.
Sono catechisti, innanzitutto, i Vescovi, quali missionari chiamati ad annunciare autorevolmente e au­tenticamente la parola di Dio.
A essi si affiancano i sacerdoti, quali educatori della fede, che hanno il compito di «riconoscere e alimentare la vocazione di ciascun cristiano, come pure di assegnare compiti spe­cifici nel servizio della Parola» (RdC 197).
Accanto a questi vi sono sia i religiosi, sia le famiglie, sia i laici che si impegnano in una catechesi permanente.
     Il catechista è un portavoce della comunità eccle­siale, in quanto riconosciuto da questa, quale chia­mato al servizio della Parola, e da questa mandato a svolgere il suo ministero.
     Il catechista è un profeta, poiché il suo ser­vizio specifico è quello dell'annuncio della Parola, presentando il mistero di Cristo, educando i desti-natari del suo annuncio a interpretare i «segni» bi­blici, post-biblici ed esperienziali, attraverso i quali Dio si rivela. In questo senso il catechista è, un inse­gnante.
     Il catechista è un educatore, cioè ha il compito di aiutare i destinatari a crescere nella fede, insegnan­do a porsi alla sequela di Gesù in un cammino di conversione.
     Il catechista, infine, è un testimone, cioè chiama­to a essere un segno nella comunità, vivendo pie­namente il messaggio che annuncia.

Nella Chiesa primitiva il catechista era, innanzi­tutto, un maestro esperto nelle Scritture che veniva incaricato di preparare i catecumeni ai sacramen­ti dell'iniziazione cristiana. Nel Nuovo Testamento il termine che indica sia l'azione di riferire, di comuni­care qualcosa, di istruire, ammaestrare e quindi insegnare a qualcuno è espresso con katechéo. In particolare, Paolo usa il termine katechéo col significato di «dare un insegnamento sul contenuto della fede», poiché la fede viene dalla pre­dicazione (fides ex auditu!)

Nella Lettera ai Galati l'apostolo Paolo sottolinea la diffe­renza tra colui che insegna (katecon) e colui che ri­ceve questo insegnamento (katecoumenos), il quale, è opportuno che contribuisca al mantenimento del suo catechista, per il bene di tutta la comunità, qua­le concreta manifestazione dell'amore: «Chi viene istruito nella dottrina, faccia parte di quanto possie­de a chi lo istruisce» (Gal 6,6). Paolo, usando que­sti termini, non frequenti (era più comune, infatti, didaskein), sottolinea l'importanza del maestro che ha avuto a sua volta come modello Gesù Cristo, uni­co, vero maestro. I termini tecnici, che indicano l'in­segnamento cristiano, evidenziano forse lo speciale carattere dell'istruzione basata sul Vangelo.

L'insegnamento, nella Chiesa primitiva, costitui­sce una parte fondamentale della vita stessa del­le comunità, oltre che dell'opera missionaria. Nel prologo di Luca si fa riferimento ai testimoni che trasmettono il racconto degli avvenimenti, i quali diventano, perciò, ministri della Parola: «... come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimo­ni fin dal principio e divennero ministri della Paro­la...» (Lc 1,2). Luca si riferisce ad un gruppo di te­stimoni più ampio di quello dei soli Apostoli, i qua­li hanno trasmesso, attraverso istruzioni, racconti, pre­ghiere, le narrazioni dei testimoni oculari.

Nel Nuovo Testamento l'ambito della catechesi non appare ben definito. La catechesi compare in­sieme ad altre espressioni che si riferiscono alle ma­nifestazioni del ministero della Parola, quali l'evan­gelizzazione, la profezia, l'istruzione, la testimonian­za, ecc., come abbiamo visto in Luca 1,4 e in Gala­ti 6,6.
Tutto ciò, però, è evidente anche in alcuni passi degli Atti e in altre lettere di Paolo. Soltanto più tar­di, nell'epoca post-apostolica e dei Padri della Chie­sa, la catechesi sarà circoscritta e definita in un am­bito ben preciso del servizio della Parola, cioè qua­le insegnamento fondamentale della fede cristiana nell'istruzione del catecumeno che si prepara alla vi­ta cristiana, in vista del battesimo.

In seguito, a partire dal V secolo, quando si eclis­sa il catecumenato, non si parlerà più di catechesi, ma di catechismo e di catechizzare. La catechesi è, innanzitutto, ministero della Parola, la cui funzione è legata a un triplice riferimento: la parola di Dio, la fede, la Chiesa. Infatti, la parola di Dio costituisce l'elemento costante ed essenziale della catechesi; la fede deve essere un riferimento preciso nella cate­chesi, la quale è appunto, educazione alla fede; la Chiesa è realtà indispensabile alla catechesi, poiché quest'ultima si inserisce nell'azione pastorale, mis­sionaria, liturgica della Chiesa, quindi è essenzial­mente azione di Chiesa.

Nella comunità ecclesiale, quale comunione di tut­ti i credenti in Cristo, con Dio e con i fratelli, ogni cristiano è catechista, è chiamato ad essere tale in virtù della grazia sacramentale del battesimo e della confermazione. Infatti, «ogni cristiano è responsabile della parola di Dio, secondo la sua vocazione e le sue situazioni di vita, nel clima fraterno della comunione ecclesiale...; il cristiano è, per sua natura, un catechi­sta: deve prendere coscienza della sua responsabilità e deve essere esortato e preparato ad esercitarla» (RdC 183).

È necessario che tale vocazione sia sviluppata con una crescita nella fede, sia alimentata dal pane euca­ristico e rafforzata dalla stabilità della propria voca­zione di vita. Tutto ciò, non può sussistere se non all'interno della comunità, se non nella Chiesa e per la Chiesa. La Chiesa, «tutta la Chiesa riceve la missio­ne di evangelizzare, e l'opera di ciascuno è importan­te per il tutto» (EN 15).

La comunità, quindi i catechisti, sono chiamati all'annuncio della Parola, a essere maestri, educato­ri e testimoni. «Solo se matura una diffusa presa di coscienza di essere tutti responsabili della parola di Dio, possono sorgere vocazioni di impegno più speci­fico in ordine alla catechesi» (RdC 10). Il catechista è un dono che lo Spirito Santo fa alla Chiesa, a tutta la Chiesa e la invita ad accoglierlo, a riconoscerlo co­me tale.

Questo dono della grazia di Dio è dato per l'uti­lità di tutta la Chiesa, è dato per la comunione eccle­siale. «Il catechista è... interprete della Chiesa presso quelli a cui è rivolta la catechesi» (DCG 35); è «uno strumento vivente e docile dello Spinto Santo» (CT 72).

E’ necessario che la comunità riconosca e sosten­ga questo dono, che aiuti il catechista in una cresci­ta spirituale, lo avvii verso una «fede adulta» che lo accompagni nella sua formazione e maturazione, perché viva fino in fondo, nella famiglia, nel lavoro, nel gruppo e nel posto sociale occupato, il suo esse­re catechista, custodendo e annunciando il Vangelo di Cristo, unico maestro, centro vivo della catechesi. Infatti, «il catechista si caratterizza anzitutto per la sua vocazione e il suo impegno di testimone qualifica­to di Cristo e di tutto il mistero della salvezza» (RdC 186).

Essere catechista è un impegno derivante dalla stessa vocazione: è Dio che chiama a compiere que­sto ministero, che la Chiesa conferma e sostiene. Non è una scelta «tanto per fare qualcosa»; è risposta al­la chiamata di Dio; è adesione alla persona di Cristo, per una comunione ecclesiale. Ciò vuol dire ispirar­si all'insegnamento della sequela di Cristo, dei suoi Apostoli chiamati ad essere una sola cosa con Cristo e, insie­me Corpo di Cristo: la Chiesa.

I catechisti devono perciò riconoscere che occor­re coltivare il dono originale dello Spirito Santo e che il loro servizio è momento essenziale di edificazione della Chiesa. I catechisti pongono Cristo al centro della propria vita come modello nell'agire, nel pen­sare, come fonte a cui attingere continuamente per dissetarsi. Come primo maestro ed educatore perciò si riferiscono «costantemente alla vita di Cristo, nel quale trovano la pienezza di ogni grazia e verità» (RdC 61).
Ciò comporta coerenza di vita con l'annuncio della Parola. Non solo! È questa Parola che vive in noi, che alimenta, che da forza, che fa crescere nella spiritualità, che rende «persone mature nella fede» (EN 77); persone che aprono il loro cuore al dialo­go con gli altri, che si pongono in ascolto dell'altro, che vedono nell'altro un fratello al quale dare e dal quale ricevere.
 

 

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