«Pregare sempre senza stancarsi mai»

<< Torna indietro



 

La parabola è breve e si comprende bene. Occupano la scena due personaggi che vivono nella stessa città. Un giudice corrotto e arrogante al quale mancano due attitudini considerate basilari in Israele per ogni essere umano: non temeva Dio e non gli importavano le persone. Egli era sordo alla voce di Dio e indifferente alla sofferenza dell'uomo oppresso.


Nella tradizione biblica la vedova era simbolo per eccellenza della persona che viveva da sola; priva di un marito che la proteggesse e senza sostegno sociale alcuno. Aveva solo avversari che profittavano di lei. Nell’antico Israele queste vedove erano, insieme ai bambini orfani e agli stranieri, il simbolo delle persone più indifese. I più poveri tra i poveri. Sulla sua strada incrociò un giudice «che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno» e non gli importava delle sofferenze di nessuno.      

 

La donna non poteva fare altro che darsi da fare senza sosta per reclamare i suoi diritti senza rassegnarsi agli abusi del suo avversario. Tutta la sua vita era diventata un grido: «Fammi giustizia contro il mio avversario».  Per un certo tempo, il giudice non reagì. Non si lasciò commuovere; non volle ascoltare quel grido incessante. Poi rifletté e decise di agire. Non per compassione né per giustizia. Semplicemente per evitare molestie e perché le cose non peggiorassero.

 

Luca presenta il racconto come una esortazione a pregare «senza stancarsi mai». Tuttavia la parabola contiene un messaggio previo molto caro all’insegnamento di Gesù. Quel giudice è l’ "anti-metafora" di Dio la cui giustizia è proprio quella di ascoltare i poveri più vulnerabili.

Se un giudice tanto meschino ed egoista finì per fare giustizia a codesta vedova, Dio che è un Padre compassionevole e misericordioso, attento ai più indifesi, «non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui?».

La parabola contiene soprattutto un messaggio di fiducia. I poveri non sono abbandonati al loro destino. Dio non è sordo alle loro grida. La speranza è permessa. Il suo intervento finale è sicuro. Ma è fondamentale avere fiducia: Dio deve essere invocato incessantemente.

 

Ma che cosa è la preghiera? Questa è quasi l'unica domanda dell'uomo moderno quando pensa alla preghiera. È stato detto che "il problema pastorale più urgente del nostro tempo è come insegnare alla nostra gente a pregare" (T. Dicken). È proprio vero: se il cuore non è aperto a Dio nessuna pedagogia potrà insegnaci a pregare; ma è anche vero che il credente di solito ha bisogno di una guida che lo aiuti a camminare incontro a Dio.

 

Una delle esperienze più deludenti per il credente è constatare che Dio non ascolta le sue preghiere. A nulla servono le spiegazioni mistiche. Dio non sembra muoversi di fronte alle nostre sofferenze. Non c'è da stupirsi che questo sentimento di indifferenza e di abbandono da parte di Dio induca più di una persona a delusione, irritazione o incredulità. Abbiamo pregato Dio, ed Egli non ha risposto. Abbiamo supplicato ed è rimasto in silenzio. Abbiamo pianto davanti a lui e non è servito a nulla. Nessuno è venuto ad asciugare le nostre lacrime e lenire il nostro dolore. Come possiamo credere che Dio è il Padre delle misericordie? Come possiamo credere semplicemente che esista e si prenda cura di noi?

 

Eppure Gesù ripete: «Non temere. Continua solo ad avere fede». Queste parole sono, spesso, l'unico sostegno del credente e può generare in lui una fiducia ultima in Dio anche se scorgiamo appena le orme della sua sapienza, della sua giustizia e della sua bontà nel mondo.

 

Quando Gesù invita a «pregare sempre senza stancarsi mai» probabilmente non pensava a una preghiera che sgorga da un profondo silenzio interiore e dalla contemplazione. Egli invita ad alleviare la durezza della vita ricordando che abbiamo un Padre. Alcuni lo fanno con parole fiduciose e confidenziali tipiche del credente; altri con formule tradizionali ripetute per secoli da molte generazioni; altri con un cuore che ha quasi dimenticato la fede. Ma Dio ascolta tutti con amore.


Gesù stesso è morto sperimentando l'abbandono di Dio, ma affidando la sua vita al Padre. Non dobbiamo mai dimenticare le sue due invocazioni: «Dio mio, perché mi hai abbandonato» e «Padre, nelle tue mani affido il mio spirito lasciare». In questo atteggiamento di Cristo è racchiuso il nucleo della preghiera cristiana: l'angoscia di che cerca protezione in questa vita e la fede indistruttibile di chi confida nella salvezza finale di Dio. Con questo stesso atteggiamento il credente deve pregare secondo l'invito di Gesù: «senza stancarsi ma».


Ma il racconto di Luca conclude con una domanda posta da Gesù che è una autentica sfida per i suoi discepoli: «Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».     

Il Maestro in questa circostanza probabilmente non pensava alla fede come adesione dottrinale, ma una fede coraggiosa integrata nella vita: la stessa fede che ha consentito alla vedova di lottare per la giustizia e la verità.

 

È questa la fede e la preghiera dei cristiani?

È questa la mia fede e la mia preghiera?