«Non potete servire Dio e la ricchezza»

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La frase è nota. Nessun esegeta dubita della sua autenticità. Al contrario, è la frase che meglio riflette l'atteggiamento di Gesù davanti al denaro. Inoltre, la chiarezza e la forza con cui Gesù si esprime esclude qualsiasi tentativo di ammorbidire il suo significato. E' sorprendente con quale semplicità Gesù smascheri le nostre illusioni e le nostre falsità: «Non potete servire Dio e la ricchezza»

 

Oggi si parla molto di crisi religiosa provocata dal razionalismo contemporaneo, ma si dimentica che questo "allontanamento" da Dio e dal sacro non ha tanto origine nell'agnosticismo o nella dittatura del relativismo, ma nel potere seduttivo del denaro. Secondo Gesù chi è attaccato ai soldi finisce lontano da Dio.


Si è sempre fatto notare che, curiosamente, il Vangelo non denuncia tanto l’origine immorale della ricchezza conseguita in maniera ingiusta, quanto il potere che il denaro ha di disumanizzare la persona separandola dal Dio vivente.

 

Le parole di Gesù cercano di influenzare l'ascoltatore opponendo
frontalmente la signoria di Dio e quella del denaro. Noi crediamo ingenuamente di usare il denaro. Gesù ci dice che siamo servi dei soldi. Pensiamo di essere padroni del nostro denaro e non vediamo che è il denaro il nostro signore e padrone. Crediamo di possedere le cose e non ci rendiamo conto che le cose ci possiedono.

 

Non si può essere fedeli a Dio e vivere schiavi del danaro. La ricchezza ha un potere di assoggettamento irresistibile. Quando l'individuo entra nella dinamica di guadagnare sempre di più e del vivere sempre meglio, finisce che il denaro si sostituisce a Dio esigendo una forma di obbedienza assoluta. In codesta vita non regna più quel Dio che chiede amore e solidarietà, ma regnerà il denaro che mira solo al proprio interesse.

 

Se poniamo la nostra felicità nelle cose, nel denaro e nel possesso avido e diamo ad essi il potere di renderci felici, la nostra felicità sarà a rischio crescente. La fonte della nostra felicità non sarà più in noi stessi, ma in quelle cose e in quel denaro che vogliamo difendere e proteggere contro tutti e contro tutto.

Ma la felicità non è qualcosa che si raggiunge attraverso il possesso di sempre più cose, ma qualcosa che si comincia a intuire e a sperimentare quando il nostro cuore si libererà da tanti legami e tante schiavitù.

 

Gli esegeti hanno rigorosamente analizzato il testo evangelico. Nella traduzione dalla lingua greca il termine "denaro" è designato con il fonema “mammona ", che compare solo quattro volte nel Nuovo Testamento e sempre sulle labbra di Gesù. Si tratta del fonema mamon, che deriva dalla radice aramaica "amore" ed esprime concetti come fiducia, supporto, ciò che è sicuro, ciò che è certo. Sottintende, inoltre, qualsiasi ricchezza in cui l'individuo ripone e affida la sua esistenza.

Il pensiero di Gesù appare così più chiaramente: quando una persona fa del danaro l'orientamento fondamentale della propria vita, il suo unico punto di appoggio e il suo unico obiettivo, l'obbedienza al vero Dio è assolutamente diluita.

 

La ragione è semplice. Il cuore dell’individuo intrappolato dal denaro si indurisce. Tende a cercare solo il proprio interesse, non pensa alla sofferenza e bisogno degli altri. Nella sua vita non c'è posto per l'amore disinteressato e per la solidarietà. Per questo motivo, non c'è posto per un Dio Padre di tutti.

 

Il messaggio del Vangelo di questa XXV domenica del tempo ordinario non ha perso di attualità. Anche oggi è un errore fare dei soldi "l’assoluto" dell’esistenza. Che umanità può abitare in colui che ha quale unico scopo della propria vita accaparrare sempre di più a suo vantaggio dimentico assolutamente di chi vive nella necessità e nel bisogno?

 

Accogliamo oggi le parole di Gesù: rifuggiamo dall’essere “servi del denaro” per aprirci alla vita, all’amore, alla solidarietà e alla gioia.