San Giuseppe
e la forza della debolezza

<< Torna indietro


Nell’Antico Testamento non c’è mai un accenno a Nazaret! Questa località non è legata a nessun avvenimento storico-salvifico. Nessun re, profeta, giudice hanno trovato in Nazaret un luogo di riferimento per la loro esistenza. In realtà si trattò di un villaggio quasi sconosciuto, senza passato e probabilmente senza futuro.
 
Natanaele, alla notizia portata dall’amico Filippo, che afferma di aver trovato «colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nazaret», ribatte chiaramente: «Da Nazaret può venire qualcosa di buono?» (Gv 1,45-46).
Inoltre su questo preconcetto gravò sempre l’idea che dalla Galilea non sarebbe mai sorto un profeta e pertanto quel Gesù di Nazaret non sarebbe né da seguire, né da ascoltare.

La scelta di Giuseppe e Maria ricorda, dunque, quali siano le preferenze di Dio e che tipo di persone collaborino normalmente con Lui.
Il futuro dell’umanità si è deciso in un paesino sperduto, da cui si diceva che non potesse uscire nulla di buono.

Da allora la periferia è la via privilegiata da Dio.
Egli entrò nel mondo dal punto più basso per raccogliere tutti.
Giuseppe è stato un protagonista indispensabile di questo “ingresso”.
 
Come l’evento di Dio, il suo essere venuto nel mondo non ha avuto bisogno di situazioni eccezionali o privilegiate, così Egli entra dove lo si lascia entrare.
Egli viene ovunque gli si dice di “sì”, in ogni cuore che si apre, in ogni mente che intende conoscerlo per fare la sua volontà.

La “forza della debolezza” è la potenza della mitezza e della tenerezza, del prendersi cura: essa è più potente della “forza della forza”, cioè del potere e del dominio, dell’egoismo… Giuseppe ne è la personificazione più significativa.
 
Nazaret è stato il luogo dell’Incarnazione.
Non fu nascondimento ma rivelazione di Dio, come ogni altro mistero.
Il mistero di Gesù a Nazaret è il grande mistero dell’assunzione totale della nostra vita da parte di Dio, che si incarna in ogni nostra situazione concreta.
Da allora, nel limite del tempo incontriamo l’Eterno, nel limite dello spazio troviamo l’Infinito.
 
È propria questa la novità del cristianesimo. La fede ha a che fare con l’esperienza quotidiana di ogni persona. A noi che constatiamo come la quotidianità sia logorante e che spesso facciamo fatica a collegare fede e vita quotidiana, Giuseppe insegna che ogni realtà umana può diventare “sacramento”, cioè segno della presenza di Dio. In ogni azione, in ogni momento – pur piccolo – può trasparire il riflesso di una realtà più grande.
 
Giuseppe ha cercato dentro al contesto più quotidiano il Dio vivo, lasciandosi condurre da Lui.
L’umanità dell’uomo è diventata dimora del divino di Dio anche grazie a Giuseppe.
Il carpentiere di Nazaret ci indirizza verso una santità “della porta accanto” non ostentata, non fatta di imprese eroiche ma che si esprime nel piccolo e nel quotidiano.
 
Giuseppe insegna ad accettare di vivere la nostra vita là dove siamo, perché lui stesso non ha scelto altra vita che quella che ha trovato in quel posto preciso.
Accogliere la nostra Nazaret significa riconoscere che la normalità, non l’eccezionalità o l’eroicità, diventano il luogo della salvezza e dell’incontro con Dio.
 

© Riproduzione Riservata