Perché tanta paura?

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In quel giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui.
Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?».

Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».

E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?». +++++


La barca sulla quale c’erano Gesù e i suoi discepoli fu investita da una di quelle tempeste impreviste e furiose che si levano nel Mare di Galilea al tramonto di alcuni giorni d'estate. Marco ha descritto l'episodio con l’intento di risvegliare la fede delle comunità cristiane che vivono momenti difficili.

 

La narrazione non è un racconto rassicurante per confortare i cristiani di oggi con la promessa di una protezione divina che permetta alla Chiesa una tranquilla passeggiata attraverso la storia. E' la chiamata decisiva di Gesù per fare con lui la traversata nei momenti difficili: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».

Marco prepara la scena fin dall'inizio. Dice che "era venuta sera". Presto sarebbero cadute le tenebre della notte sul lago. E' Gesù che prende l'iniziativa di quella strano attraversata: «Passiamo all’altra riva». L'espressione non è innocente. Egli invita a passare insieme nella stessa barca, nella regione pagana della Decapoli.

 

Improvvisamente un forte uragano si alzò e le onde si infransero contro la fragile imbarcazione riempiendola d’acqua. La scena è patetica: nella parte anteriore i discepoli lottano disperatamente contro la tempesta; a poppa, in un luogo un po' più alto, Gesù dormiva pacificamente su un cuscino. Terrorizzati, i discepoli svegliarono Gesù. Essi non erano riusciti a captare la fiducia di Gesù nel Padre. Tutto quello che vedevano in lui era una incredibile mancanza di interesse per loro. E lo guardavano con paura e nervosismo: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?».

 

Gesù non si giustificò. Si alzò in piedi e pronunciò una sorta di esorcismo: «minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia ».

Gesù profittò di codesta grande pace e silenzio per rivolgere ai discepoli due domande: le stesse che rivolge anche a noi oggi: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».


Cari Amici

Cosa sta succedendo ai cristiani?

Perché sono così tante le nostre paure e i nostri timori per affrontare i momenti cruciali che il cambio della cultura contemporanea e le sfide che il modo odierno ci riservano?

Perché non abbiamo più fiducia in Gesù? E’ forse la paura di affondare che ci sta bloccando? Non è la cieca ricerca della sicurezza che ci impedisce di fare una lettura lucida, responsabile e fiduciosa di questi tempi tremendi e stupendi?

Perché resistiamo e forse ci rifiutiamo di vedere che Dio sta conducendo la Chiesa verso un futuro fedele a Gesù e al suo Vangelo?

Perché poniamo la nostra sicurezza nella tradizione e nel passato rubricato e standardizzato e non ascoltiamo la chiamata di Gesù che ci esorta a passare «all’altra riva» per seminare con umiltà e fiducia la Buona Novella del regno in un mondo indifferente a Dio, ma così bisognoso di speranza?

 

Ricorda Papa Francesco: “la Chiesa è nata ‘in uscita’, cioè missionaria. Perciò usciamo a offrire a tutti la vita di Gesù Cristo. Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita.