Papa Francesco - Evangelii gaudium
capitolo 2
Nella crisi dell'impegno comunitario

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Potremmo riassumere il contenuto del primo capitolo di Evangelii gaudium dicendo che tutti dobbiamo renderci persuasi che questo tempo richiede un nuovo dinamismo missionario di tutta la Chiesa, persone, istituzioni, organismi e strutture pastorali. Tutto deve porsi al servizio dell’annuncio della buona novella, del lieto messaggio della salvezza.
 
Nel 2 ° capitolo dell'Esortazione si può agevolmente individuare un breve trattato sulla città secolare, che mette a fuoco la differenza strutturale della missione nell’odierno contesto urbano (52–75). Il Papa, con uno sguardo di Pastore, discerne gli aspetti della realtà del nostro tempo che potrebbero “arrestare o indebolire le dinamiche del rinnovamento missionario della Chiesa, sia perché riguardano la vita e la dignità del popolo di Dio, sia perché incidono anche sui soggetti che in modo più diretto fanno parte delle istituzioni ecclesiali e svolgono compiti di evangelizzazione" (51 ).
 
Che cosa scopre lo sguardo del Papa? In primo luogo vede i progressi che si sono verificati negli ultimi decenni nella sanità, nell’educazione e nella comunicazione che hanno contribuito al benessere del popolo. Ma, al tempo stesso, guarda gli aspetti problematici della realtà sociale che devono essere affrontati : C’è un passo del Papa a questo proposito che merita di essere meditato integralmente: “Dobbiamo dire “no a un’economia dell’esclusione e della iniquità”. Questa economia uccide. Non è possibile che non faccia notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in borsa. Questo è esclusione. Non si può più tollerare il fatto che si getti il cibo, quando c’è gente che soffre la fame. Questo è iniquità. Oggi tutto entra nel gioco della competitività e della legge del più forte, dove il potente mangia il più debole. Come conseguenza di questa situazione, grandi masse di popolazione si vedono escluse ed emarginate: senza lavoro, senza prospettive, senza vie di uscita. Si considera l’essere umano in se stesso come un bene di consumo, che si può usare e poi gettare. Abbiamo dato inizio alla cultura dello “scarto” che, addirittura, viene promossa. Non si tratta più semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione, ma di qualcosa di nuovo: con l’esclusione resta colpita, nella sua stessa radice, l’appartenenza alla società in cui si vive, dal momento che in essa non si sta nei bassifondi, nella periferia, o senza potere, bensì si sta fuori. Gli esclusi non sono “sfruttati” ma rifiuti, “avanzi”. (53)
 
Papa Francesco critica il feticismo del denaro e la dittatura di un'economia senza volto e senza un obiettivo veramente umano, che approfondisce il divario tra ricchi e poveri, respinge o considera controproducente le considerazioni etiche, promuove "un’esasperazione di consumo" (60 ) e dimentica che il denaro "dovrebbe servire e non governare" (57). A tal riguardo, rivolgendosi ai politici e agli economisti il Vescovo di Roma scrive: Una riforma finanziaria che non ignori l’etica richiederebbe un vigoroso cambio di atteggiamento da parte dei dirigenti politici, che esorto ad affrontare questa sfida con determinazione e con lungimiranza, senza ignorare, naturalmente, la specificità di ogni contesto. Il denaro deve servire e non governare! Il Papa ama tutti, ricchi e poveri, ma ha l’obbligo, in nome di Cristo, di ricordare che i ricchi devono aiutare i poveri, rispettarli e promuoverli. Vi esorto alla solidarietà disinteressata e ad un ritorno dell’economia e della finanza ad un’etica in favore dell’essere umano” (58) .
 
Guardando in altri ambiti della realtà sociale, il Papa avverte aspetti che l'attività missionaria della Chiesa non può non prendere in considerazione. Oltre a stigmatizzare agli attacchi alla libertà religiosa e alla recrudescenza della persecuzione dei cristiani in vari paesi papa Francesco chiama l’attenzione alla prevalenza culturale del precario, del provvisorio e dell’apparente; avverte un deterioramento delle radici culturali di molte popoli, soprattutto nel terzo mondo; mette in guardia dalla proliferazione di movimenti religiosi, alcuni – dice il Papa - tendenti al fondamentalismo e altri a forme di spiritualità senza Dio; sottolinea i pericoli del secolarismo che nega la trascendenza e l’indebolimento del senso del peccato (61-65).

Il Papa infine, fissa la sua attenzione sulle tentazioni che possono subire gli evangelizzatori, non senza porre in rilievo l'enorme contributo dato dalla Chiesa al mondo attuale (76). Se si soccombe alle tentazioni che minacciano gli agenti della pastorale, l’opera evangelizzatrice sarebbe seriamente danneggiata. Tra le tentazioni più gravi degli evangelizzatori dice il Papa "si può riscontrare … una preoccupazione esagerata per gli spazi personali di autonomia e di distensione, che porta a vivere i propri compiti come una mera appendice della vita” (78), e li conduce a relativizzare o ad occultare la loro identità cristiana e le loro convinzioni” (79).

In ordine alle tentazioni che possono subire gli evangelizzatori, “la più grande minaccia” è “il grigio pragmatismo della vita quotidiana della Chiesa, nel quale tutto apparentemente procede nella normalità, mentre in realtà la fede si va logorando” (83). Il Papa esorta a non lasciarsi prendere da un “pessimismo sterile” (84) e ad essere segni di speranza (86) attuando la “rivoluzione della tenerezza”(88). Occorre rifuggire dalla “spiritualità del benessere” che rifiuta “impegni fraterni” (90)
Non va dimenticato “il relativismo pratico [che] consiste nell’agire come se Dio non esistesse” (80), le attività vissute male, senza le motivazioni adeguate, senza una spiritualità che permei l’azione e la renda desiderabile” (82).
Occorre rifuggire dalla delusione che si trasforma in tristezza e dal pessimismo senza speranza; dalla mondanità spirituale che, dietro le apparenze di religiosità, nasconde il desiderio della gloria umana e di benessere personale (93). Occorre, infine, guardarsi dalla “spiritualità del benessere” che rifiuta “impegni fraterni” (90)
 e di benessere personale (93).
 
Papa Francesco torna su un tema che davvero non gli piace: «La mondanità spirituale, che si nasconde dietro apparenze di religiosità e persino di amore alla Chiesa” (93), e che consiste “nel cercare, al posto della gloria del Signore, la gloria umana ed il benessere personale» (93). Questa mondanità si esprime nel “fascino dello gnosticismo, una fede rinchiusa nel soggettivismo” e nel “neopelagianesimo autoreferenziale e prometeico di coloro che fanno affidamento unicamente sulle proprie forze”, nell’essere “irremovibilmente fedeli ad un certo stile cattolico proprio del passato”. Si tratta – scrive papa Francesco - di “una presunta sicurezza dottrinale o disciplinare che dà luogo ad un elitarismo narcisista e autoritario, dove invece di evangelizzare si analizzano e si classificano gli altri, e invece di facilitare l'accesso alla grazia si consumano le energie nel controllare” (94). Altro appello del Papa: «No alla guerra tra di noi»: «all'interno del Popolo di Dio e nelle diverse comunità, quante guerre!»: per «invidie e gelosie». «Alcuni smettono di vivere un'appartenenza cordiale alla Chiesa per alimentare uno spirito di contesa. Più che appartenere alla Chiesa intera, con la sua ricca varietà, appartengono a questo o quel gruppo che si sente differente o speciale» (98). «Attenzione alla tentazione dell'invidia! Siamo sulla stessa barca e andiamo verso lo stesso porto! Chiediamo la grazia di rallegrarci dei frutti degli altri, che sono di tutti» (99). «Chi vogliamo evangelizzare con questi comportamenti?» (100).

Il secondo capitolo dell’Evangelii Gaudium conclude prospettando quattro grandi sfide rivolte ai pastori e a tutta la Chiesa:

  • la prima sfida riguarda il «ruolo della donna lì dove si prendono decisioni importanti, nei diversi ambiti della Chiesa» (104);
  • la seconda sfida riguarda i giovani: «la proliferazione e la crescita di associazioni e movimenti prevalentemente giovanili si possono interpretare come un’azione dello Spirito che apre strade nuove» (105);
  • la terza sfida è il fatto che «in molti luoghi scarseggiano le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata» (107);
  • la quarta sfida è data dagli anziani che «apportano la memoria e la saggezza dell’esperienza, che invita a non ripetere stupidamente gli stessi errori del passato» (108).
Queste sono alcune delle sfide e le tentazioni che minacciano tutti. Ma, come ricorda il Papa le sfide e le tentazioni sono da superare con gioia, con coraggio e con rinnovata speranza. Sì nessuno può farsi rubare la forza missionaria!

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