Omelia nella 5 domenica per annum
«Luce del mondo e sale della terra»

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 Dal Vangelo secondo Matteo 5, 13-16
 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».
 
Il brano del Vangelo odierno segue immediatamente la proclamazione delle Beatitudini e introduce il resto del cosiddetto “Discorso della montagna”, che si legge nei capitoli 5, 6 e 7 del Vangelo di Matteo e si protrarrà fino alla nona domenica per annum. Il Discorso della montagna lo si può dividere in tre parti:
1.         La prima (cap. 5, 1-12) presenta le Beatitudini: esse – lo abbiamo visto -  sono una proclamazione messianica. Con le beatitudini Gesù non solo ha proclamato che il tempo messianico era arrivato, ma affermò, altresì, che il Regno era arrivato per tutti.
2.        La seconda (capp. 5,13-7,12) descrive il modo di vivere di quanti fanno parte del Regno nei loro rapporti con Dio, con il prossimo e nella gestione dei beni. Vi sono espresse numerose antitesi tra la antica e la nuova Legge: "Avete inteso che fu detto ...Ma io vi dico
3.       La terza (cap. 7,13-27) offre una serie di indicazioni su come concretamente mettere in pratica le indicazioni date e si conclude con la bella parabola della casa costruita sulla roccia.
 
Il "Discorso della Montagna" rappresenta una sorta di magna charta, con la quale il Maestro indica ai suoi discepoli quali debbano essere le qualità interiori e le attitudini spirituali, in una parola l’identità del discepolo di Gesù.
Quale influenza deve avere l’apostolo di Cristo sul mondo?
La preoccupazione di Matteo, all'inizio del suo Vangelo, è stata proprio quella di esprimere con chiarezza l'identità dei seguaci di Gesù che la avrebbero potuta trovare soltanto vivendo con Cristo e di Cristo.
È interessante notare come l’invito sia rivolto a una comunità disponibile a edificare il popolo delle beatitudini, cioè il popolo consapevole della propria chiamata alla felicità, perché il Regno stava venendo. Non a caso il discorso trovò l’ambientazione simbolica sul “monte”. Il monte è il luogo dove il popolo fu chiamato a fare alleanza e  Gesù chiamò i suoi ascoltatori a essere la comunità della nuova alleanza.
 
Al termine delle beatitudini, prima della nuova raccolta incentrata sul tema della vera giustizia Matteo, nella quinta domenica per annum, riporta un brano in cui sono contenute due piccole similitudini, quella del sale (v. 13) e quella della luce (vv. 14-16).

La Legge ebraica prescriveva di mettere un po’ di sale sopra ogni offerta presentata a Dio. E i rabbini d’Israele erano soliti ripetere: “La Toràh – la Legge santa data da Dio al suo popolo – è come il sale e il mondo non può stare senza sale”. Il sale, nella cultura mediorientale, evoca diversi valori quali l’alleanza, la solidarietà, la vita e la sapienza. Il sale è indispensabile per l'uomo: dà sapore, dà gusto; il sale conserva gli alimenti, ne impedisce la decomposizione; infine, il sale fertilizza la terra.
 
Il Giovane Rabbi di Nazaret iniziò a parlare affermando con chiarezza: «Voi siete il sale della terra» (v. 13a). Poi pose una domanda: «Ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato?». E concluse: «A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente».
Fin dai tempi antichi il sale è diventato il simbolo della “sapienza”. Anche oggi si dice che una persona ha “sale in testa” quando parla in modo saggio.

Paolo apostolo conosceva questo simbolismo; infatti, ai Colossesi raccomandò: “Il vostro parlare sia sempre con grazia, condito con sale, per sapere come dovete rispondere a ciascuno” (Col 4,6). Intesa così, l’immagine indica che i discepoli devono diffondere nel mondo una saggezza capace di dare sapore e significato alla vita. E’ solo nella sapienza del vangelo che trovano senso la vita, le gioie e i dolori, i sorrisi e le lacrime, le feste e i lutti.

I discepoli del Signore sono chiamati a donare nuovo “sapore” al mondo, e a preservarlo dalla corruzione, con la sapienza di Dio.

Collegata all’immagine del sale c’è quella della luce il cui simbolismo è altrettanto ricco: infatti la lampada illumina, riscalda, rallegra.
La similitudine inizia con un’affermazione programmatica: «Voi siete la luce del mondo». Fanno seguito poi due frasi esplicative: «Non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa». Infine termina con un’applicazione: «Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».

I rabbini dicevano: “Come l’olio porta luce al mondo, così Israele è luce per il mondo” e ancora: “Gerusalemme è luce per le nazioni della terra”. Si riferivano al fatto che ritenevano Israele depositario della sapienza della legge che Dio, per bocca di Mosè, aveva rivelato al suo popolo.
 
La luce libera dalla notte, illumina il cammino, rende visibile ciò che senza la luce resterebbe nascosto. Quando Gesù ha detto: «Voi siete la luce del mondo», ha inteso rendere partecipi i suo discepoli della sua stessa missione. Lui ha detto di sé: «Io sono la luce del mondo» ... e lo è stato e lo è con la sua vita, la sua Parola, la sua Resurrezione.

Ripetendo oggi: «Voi siete la luce del mondo» ... il Maestro indica il senso della nostra missione, cioè della nostra vita e il valore unico della testimonianza. «Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».
 
Chiamando i discepoli «luce del mondo», Gesù dichiara che la missione affidata sarebbe apparsa in tutto il suo splendore nelle loro opere di amore concrete e verificabili. Sono queste opere che Gesù raccomanda di far vedere. Non vuole che i suoi discepoli si limitino ad annunciare la sua parola senza impegnarsi, senza lasciarsi compromettere, senza giocarsi la vita su questa parola.
 
Cari Amici
Le due similitudini, collocandosi al termine delle beatitudini, affermano che la fedeltà all’insegnamento di Gesù deve tradursi in opere conformi alla volontà di Dio. Il cristiano è sale quando assume il sapore delle beatitudini, perché son queste a dare sapore.

Le parole di Gesù non sono un mandato, non un nuovo obbligo morale, non una ulteriore norma imposta. Le parole di Gesù sono una rivelazione. «Voi siete il sale della terra ... Voi siete la luce del mondo … ». Gesù non dice: “Voi sarete” … Non dice “Siate!” Lo afferma: “Voi siete”. Pertanto i discepoli del Signore sono ontologicamente sale della terra e luce del mondo. Orbene nessuno di noi può tradire se stesso e la propria identità; ciascuno di noi deve vivere e agire in accordo con se stesso.

E d’altronde non dobbiamo deludere le attese e le aspettative di coloro che vivono attorno a noi. Con l’immagine della luce e del sale Gesù indica ai discepoli la grande responsabilità che hanno in ordine alla testimonianza del vangelo. Il discepolo o è missionario o non è discepolo.
 
«Voi siete il sale della terra ..."
L'invito è quello perentorio di essere il sale della terra. Se siamo discepoli saremo anche testimoni per dare senso alle cose e illuminarle alla luce del Vangelo. Essere cristiani non significa fare tante cose, ma è l'essere, è lo stile che conta, a partire dall'ascolto serio della Parola di Dio, apprezzando il gusto della cultura.

Ma è possibile essere sale che non sali? sale che abbia perso il suo sapore? Certamente! Ne fa esplicito riferimento il brano del Vangelo. Subito dopo aver affermato: “Voi siete il sale della terra”, Gesù chiede: “Se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini”. Guai a perdere la nostra specifica identità, adeguandoci allo stile del mondo!
 
Il cristiano battezzato perde il sapore del sale:
     ammettendo forme di pensiero e agendo in disaccordo con lo spirito evangelico;
     quando si parla di Dio e si vive tanto comodamente nel mondo come se Lui non ci fosse!
     non considerando come essenziale punto di riferimento la figura di Gesù Cristo e la gerarchia dei valori che la sua accettazione impone;
     quando parliamo di carità mentre non cerchiamo di servire, ma di essere serviti o di servirsi di qualcuno;
     quando si parla della speranza della vita del mondo che verrà, ma si pone tutta la speranza nella vita dell’ora e qui!
     quando si parla della verità e ci si professa sinceri mentre si vive nella grande menzogna.
 
"Voi siete la luce del mondo".
Non è un comando. Prima ancora che essere un obbligo morale è una rivelazione. Colui che è la Luce vuole che i suoi discepoli e seguaci siano luminosi in e per un mondo che con frequenza sembra camminare nelle tenebre. 

La vera luce del mondo è Gesù. Lo ha affermato egli stesso: "Io sono la luce del mondo, chi segue me avrà la luce della vita" (Gv 8,13). Questa luce Egli l’ha comunicata ai suoi discepoli e li esorta a farsi a loro volta luce per quanti incontreranno sulla loro strada. Siamo luce del mondo non per nostra forza ma perché siamo illuminati da Gesù.

Nella celebrazione del nostro Battesimo la Chiesa ci ha fatto dono anche di un cero acceso, che poi i nostri genitori hanno portato a casa come ricordo: è segno visibile della Luce di Cristo, Vivo e Risorto, e segno della sua Luce pasquale, che è Luce che illumina il mondo e ogni uomo sulla terra. Ogni discepolo è luce con tutta la sua povertà e debolezza. Egli è colui che deve essere in grado di trasmettere una luce autentica che permetta al mondo di orientarsi.
 
I veri cristiani riflettono la luce del Signore! Illuminati dalla luce che è Gesù dobbiamo a nostra volta diventare luce per gli altri. Il senso della missione è questo: è questo lo stile di Gesù; si tratta di lasciare vedere agli altri quella luce che noi stessi abbiamo intravisto perché anche gli altri ne possano godere come noi. "Una candela accesa ha il potere di accenderne mille spente. Mille spente non accenderanno mai una candela".
 
Ma il Vangelo conclude con una esortazione tanto pregnante quanto suggestiva, tanto tradizionale quanto attuale:

«Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini». Nessuno riceve il dono di grazia solo a proprio beneficio. La luce che abbiamo ricevuto è un dono gratuito, ma è anche un compito e una responsabilità. Deve raggiungere tutti gli uomini.

«Perché vedano le vostre opere buone». Il bene deve essere ben fatto. E le buone opere non possono essere nascoste. Non si può fare il bene per essere lodati, ma è irragionevole nasconderlo agli occhi degli altri.

«Rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli». Questa è la chiave. Questa è la motivazione di tutta l’esortazione. La diffusione del bene non può diventare motivo di gloria personale. Promuovere la gloria del Padre è la via della felicità.
 
Che lo Spirito di Dio illumini la nostra intelligenza, ci doni il "sale della sapienza", sostenga la forza di volontà, infiammi il nostro cuore nella gioiosa, non facile ma felice testimonianza di fede e di verità. Uniti a Cristo potremo diffondere in mezzo alle tenebre dell’indifferenza e dell’egoismo la luce dell’amore di Dio, vera sapienza che dona significato all’esistenza e all’agire degli uomini.
 
O Dio, che nella follia della croce
manifesti quanto è distante la tua sapienza
dalla logica del mondo,
donaci il vero spirito del Vangelo,
perché ardenti nella fede
e instancabili nella carità
diventiamo luce e sale della terra.
 
 

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