Omelia nella 16 domenica per annum
«La parte migliore»

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 Dal Vangelo secondo Luca 10,38-42 +++
 
In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; Marta invece era tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: «Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma Gesù le rispose: «Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose,  ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta».+++
 
 
Nelle case antiche, soprattutto in quelle nobiliari, c’era sempre almeno una stanza destinata agli ospiti. Da sempre l’ospitalità, o per usare un termine biblico, l’accoglienza, è una virtù assai preziosa che il nostro tempo sembra dimenticare. L’ospitalità comporta, appunto, l’accoglienza dell’altro nonostante le sue differenze e le sue peculiarità. L’accoglienza è ascolto, tolleranza, dialogo, condivisione. L’ospitalità esige, da parte di chi accoglie, di dedicare all’accolto ogni attenzione e disponibilità.

Nella nostra tradizione religiosa è indimenticabile la figura di Abramo che presso le Querce di Mamre (Gn 18, 1-10), nell’ora più calda del giorno ricevette dei pellegrini che arrivarono alla sua tenda. Anziano, si prostrò davanti a loro e li invitò a mangiare offrendo loro ciò che di meglio aveva. La sua ospitalità fu l’occasione per la rivelazione di Dio stesso. Facendosi ospite del nomade, Dio gli ha manifestato i suoi progetti. L’ospitalità fece di Abramo l’amico di Dio.
 
La breve pagina del Vangelo odierno è narrata solamente da Luca che la colloca tra la parabola del buon Samaritano, ascoltata domenica scorsa e gli insegnamenti sulla preghiera che verranno proposti domenica prossima.

L’evangelista annota che Gesù entrò in un villaggio «mentre erano in cammino»: egli richiama così il contesto del grande viaggio di Gesù verso Gerusalemme (cfr. 9,51) che rappresenta lo sfondo di tutta la sezione. Il nome del villaggio in cui Gesù è entrato non è indicato. Lo accolsero Marta e Maria, due sorelle di cui non si parla nei Sinottici; esse però sono ricordate nel Vangelo di Giovanni in occasione della risurrezione di Lazzaro, il quale è identificato come loro fratello (Gv 11,1-44). Da queste notizie è ragionevole desumere che il villaggio in questione fosse Betania.
 
Orbene, le due donne accolsero Gesù con grande premura e affetto. La casa di Marta, di Maria e di Lazzaro per il Maestro era casa di amici; è, dunque, legittimo pensare a un incontro quanto mai cordiale, un momento di gioia reciproca.

Con tratti essenziali l'evangelista descrive una scena di incomparabile freschezza e spontaneità. Marta si affannava «per i molti servizi» dovuti certamente all’Ospite eccezionale. Assai probabilmente era la sorella maggiore e accolse Gesù come padrona di casa ponendosi totalmente al suo servizio.
Maria, «seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola». Non è difficile immaginare la scena: una sorella che si muove indaffarata, e l’altra come rapita dalla presenza del Maestro e dalle sue parole.
 
La parabola non allude minimamente che una sorella fosse più brava dell’altra.
Contro ogni apparenza il testo non fa confronti di azioni o di attitudini; nessuna contrapposizione tra Marta e Maria, quasi che esse siano la personificazione della vita attiva e di quella contemplativa e che Gesù intendesse privilegiare la seconda sulla prima. Marta non era meno buona e generosa di Maria, anzi. Fu lei, infatti, che accolse Gesù. Il vangelo dice che lo "accoglie nella sua casa". Il guaio è che fu proprio Marta a stabilire di cosa avesse bisogno Gesù. Marta si mostrò «affannata» e «agitata». La ragione di tanta agitazione erano le troppe cose.
 
Il troppo è sempre a scapito dell'essenziale. Il “fare per il fare" è frustrante. Troppe cose impediscono non soltanto l'ascolto, ma anche il vero servizio. L'ospitalità ha bisogno di compagnia, non soltanto di servizi. La tensione non è fra l'ascolto e il servizio, ma fra l'ascolto e il servizio che distrae. Maria – dice sempre il Vangelo - «seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola». Maria era lì tutta per lui. E d’altra parte è dall'ascolto che comincia la relazione. E Gesù lo avvertiva.

Maria si era seduta ai piedi del Maestro e ascoltava la Parola: è la tipica figura del discepolo. Maria era distante dagli affanni quotidiani; la giovane donna si era raccolta ai piedi dell'amico e Lo ascoltava. Maria aveva un solo, grande desiderio: stare con il suo Maestro e la sua accoglienza si esprimeva nell'ascolto attento della parola di lui che le colmava il cuore e dava un senso alla vita.
 
Le figure di Marta di Maria sono il simbolo sia dell’amore che si fa accoglienza di Gesù nel servizio al fratello, sia dell’amore a Dio che si esprime nella preghiera e si nutre principalmente nell’ascolto della sua parola. Maria ha assunto l’atteggiamento tipico del discepolo che ascoltava gli insegnamenti del Maestro. Marta invece si comportò come una persona molto attiva, che si dava da fare per onorare l’ospite.

Marta e Maria erano due donne differenti; ma, erano sorelle, ed entrambe accolsero con amore il Maestro e Amico, anche se il loro modo d'amare si esprimeva in maniera differente. Gesù non tolse legittimità alle attività di servizio attuate da Marta, ma le mise in secondo piano rispetto all'ascolto della Parola.  «Una sola è la cosa di cui c'è bisogno, Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta.

Marta non venne biasimata per il suo servizio, del resto necessario, ma per l'eccessiva agitazione che le impedì di cogliere fino in fondo il senso della presenza di Gesù in casa sua. Nessun disprezzo, quindi, per la vita attiva, ma un richiamo netto al fatto che l’unica cosa veramente necessaria è un’altra: ascoltare la Parola del Signore.

Le parole con le quali Gesù rispose a Marta ricordano che il servizio non deve assillare al punto da far dimenticare l'ascolto.
Il servizio di Marta, infatti, stava assumendo una forma di eccessiva preoccupazione, diventando affanno e agitazione per le molte cose.

La tensione non è fra l'ascolto e il servizio, ma fra l'ascolto e il servizio che distrae. E lo stesso Signore che chiede il nostro servizio e la nostra generosità verso coloro nei quali Egli si è identificato è Colui che ci parla ed esige il nostro ascolto. E se il testo evangelico potrebbe sembrare di mettere in evidenza il conflitto fra le due sorelle almeno a livello letterale, la parola di Gesù non solo ristabilisce l’armonia, ma orienta la vita della comunità ecclesiale.
La Chiesa primitiva aveva compreso subito che la sua vocazione non era escludente, ma includente. Doveva annunciare con fedeltà la parola del Signore, ma allo stesso tempo doveva provvedere con dedizione alla mensa delle vedove e dei poveri (At 6, 1-7). Una dedizione non poteva dispensare dall’altra.
 
Cari Amici
L’episodio di Marta e Maria, situato subito dopo la parabola del buon samaritano, serve soprattutto a far comprendere che, per entrare nel regno di Dio, non basta amare il proprio prossimo, è necessario l’ascolto della sua parola sull’esempio di Maria. La vita di molti, oggi, è una affannosa corsa verso impegni che non concedono un momento di riposo; nemmeno quello del cuore. Le nostre giornate sono caricate di troppe cose che definiamo genericamente esigenze e che non lasciano spazio ai veri bisogni del cuore e della vita interiore. Un troppo sembra sempre in agguato, un troppo che può ingoiare tutto.

Questo correre continuo che caratterizza le nostre giornate è destinato a lasciare in molti quella melanconia del compiuto che ci fa sentire sconfitti innescando una orrenda coazione a ripetere che ci fa correre di più. Questo agitarsi causa solo stanchezza, svuota l'anima, ci esaurisce. In questo turbinio sembra non esserci tempo per il Signore del tempo. Non lo ascoltiamo; non andiamo a Messa; non preghiamo; è tempo perso la meditazione che mantiene vivo il respiro dell'anima, la contemplazione, il silenzio interiore.
 
Da qui il passo è breve e si dice: Non ho tempo, non c’è posto per Dio nella mia vita! Tanto ce la faccio anche da solo.
Proviamo a sperimentare la bellezza di isolarci dal vortice quotidiano e mettersi nel silenzio, per ascoltare l'Amore che parla.
 
    «Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose,  ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno.». Il nome Marta significa “la signora”. Il servizio è imprescindibile! Però non può degenerare in inquietudine dispersiva. E neppure in ricerca di protagonismo esclusivo. Gesù non contraddice il servizio, ma l'affanno; non il desiderio, ma la dispersione dei desideri.
 
    «Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta». Maria, la sorella di Marta, richiama alla nostra memoria Maria di Nazareth “la serva del Signore che ascolta la Parola di Dio”. Come annota Sant’Agostino la Parola si è fatta vita nel suo grembo poiché prima si era fatta verità nella sua mente. Questa "parte migliore è l'accoglienza del Signore Gesù, come presenza centrale della nostra vita; un'accoglienza, fatta di ascolto della sua parola, di conoscenza, sempre più profonda, del Mistero, di contemplazione assidua, che alimenta la sequela fedele di Lui.
 
  «Una sola è la cosa di cui c'è bisogno.». La Parola di Dio è la cosa di cui c’è bisogno perché costituisce la ragion d'essere, nonché il fondamento e l'imput delle attività e opere cristiane. Il brano evangelico indica l'ostacolo principale che impedisce di fare come Maria: l'affanno, la preoccupazione per molte cose, anche giuste. Il modo in cui impostiamo la nostra vita ha di fatto il risultato concreto di non lasciarci spazio all'ascolto del Signore. Ognuno procede preso dai propri problemi e non riesce a spezzare questo cerchio per mettersi in ascolto. Mi devo quindi domandare se nella mia vita c'è posto per l'ascolto di Gesù. In concreto, il primo modo per ascoltare il Signore è nutrirsi della Parola di Dio.
 
Questa pagina richiama il fatto che la persona umana deve sì impegnarsi nelle occupazioni domestiche e professionali, ma ha bisogno prima di tutto di Dio. Il rischio è di perdere il senso del vivere cristiano, investendo tutto nell’operare, a scapito dell’ascolto, della preghiera e della contemplazione. Occorre ricordare che non vi può essere vero discepolato senza ascolto della parola di Dio. Il conflitto tra vita di preghiera e vita di azione non ha ragione di essere in una equilibrata vita cristiana.

Senza amore anche le attività più importanti perdono di valore e non danno gioia. Senza un significato profondo tutto il nostro fare si riduce ad attivismo sterile e disordinato. Gesù dovrebbe essere di casa in ogni famiglia e in ogni cuore cristiano, come a Betania in casa di Marta e Maria. Perché Gesù non cerca ser­vitori, ma amici; non perso­ne che facciano delle cose per lui, ma discepoli che gli permettano di fare delle cose nel loro cuore.

Come è stato per Maria, la Vergine di Nazareth: “grandi cose ha fat­to in me l'Onni­potente”. Il centro della fede non è tanto ciò che si fa per Dio, ma ciò che Dio fa per ciascuno di noi. E’ l’incontro di due fedeltà che s. Agostino spiega così: «L’uomo fede­le è colui che crede a Dio che promette; il Dio fedele è colui che concede ciò che ha promesso all’uomo». (In Psal. 32, II, s. I, 9: PL 36, 284.)
 
Padre sapiente e misericordioso,
donaci un cuore umile e mite,
per ascoltare la parola del tuo Figlio
che risuona ancora nella Chiesa,
radunata nel suo nome,
e per accoglierlo e servirlo come ospite
nella persona dei nostri fratelli.
 

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