Omelia nella 14 domenica per annun
«Venite a me voi tutti»

<< Torna indietro

 


 Dal Vangelo secondo Matteo 11,25-30
In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero». <<< + >>>

 
Il Vangelo di Matteo della XIV domenica per annum presenta Gesù come il Messia che realizza le attese del popolo ebraico portandole a compimento in modo sorprendente e inatteso. Matteo fu molto interessato alla dottrina di Gesù. La disposizione della materia fa perno attorno a cinque grandi discorsi:
      il discorso della montagna,
      il discorso missionario,
      il discorso delle parabole,
      il discorso ecclesiale,
      il discorso escatologico.
 
Matteo, tuttavia, non intese ridurre il Vangelo a dottrina. Egli fu ben consapevole che il Vangelo è innanzitutto una Persona e una Storia. Ecco perché dentro la struttura letteraria è visibile la storia di Gesù, l’uomo di Nazareth, il Figlio di Dio. Matteo ha unito sapientemente racconto e catechesi, storia e dottrina: la dottrina nasce dalla storia di Gesù, la illustra e la commenta.

Per questo il Vangelo di Matteo è essenzialmente cristologico.
L’unico protagonista è Gesù; e il primo intento dell’evangelista fu quello di dimostrare il significato salvifico della sua Persona e della sua Parola.
Gesù è il Maestro, il Profeta portatore della Parola di Dio ultima e definitiva.   
L’antico scriba, diventato discepolo ed evangelista, saprà insegnarci, mediante la sua personale esperienza, le esigenze radicali della sequela Christi.
Gradualmente e con una struttura raffinatamente costruita, Matteo in ogni pagina mostra che cosa significhi diventare "discepoli" di Cristo.
 
Il Vangelo che si proclama in questa domenica contiene un testo che suole essere definito come “il Magnificat di Gesù”. Il testo liturgico si compone di tre strofe:
        lode di Gesù al Padre (vv. 25-26);
        conoscenza reciproca tra il Padre e il Figlio (v. 27);
        invito di Gesù a prendere il suo giogo (vv. 28-30).
Si tratta di un breve poema che sembra riprodurre il cantico di Maria di Nazaret.
 
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra».
La preghiera di Gesù è una azione di grazie, una benedizione, una lode, un ringraziamento al Padre. Per capire il motivo della sua gratitudine occorrerebbe leggere i paragrafi precedenti dove si ravvisa una sorpresa sconcertante. Il discorso del pane di vita aveva messo in luce il messaggio incomprensibile del Maestro.

La folla si era diradata e di molto; e anche molti fra i suoi discepoli se ne erano andati. In questo contesto si situa lo splendido vangelo di oggi. Gesù ha avuto contezza che il suo messaggio non era stato accolto: i sapienti e gli intelligenti si erano chiusi al Vangelo. Infatti, Gesù non era riuscito a fare breccia tra i saggi e i sapienti; il suo messaggio era stato accolto soltanto da pochi discepoli proveniente dalle classi contadine.

La saggezza e la cultura giudaica ─ che consistevano nella conoscenza della legge ─ avevano costituito un autentico ostacolo alla comprensione del messaggio di Gesù.

E ciò nonostante Gesù rese grazie a Dio. Rese lode al Padre in un momento in cui sembrò che la sua missione fosse fallita. Rese lode al Padre perché aveva nascosto i tesori del Regno messianico a coloro che si consideravano sapienti e li ha rivelati agli umili e semplici.
 
«Nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».
Gesù lo afferma in modo perentorio: solamente il Figlio rivela il Padre agli uomini. È la via maestra scelta da Dio stesso per farsi conoscere dall’uomo. Conoscere Dio è un dono di Dio stesso. Si può conoscere solo per mezzo del Figlio perché è il Figlio, il rivelatore del Padre, l’autore della vita.

Ciò che il Figlio vuole rivelare è il grande amore, la tenerezza del Padre per ogni uomo.
Si tratta di passare attraverso Gesù, via definitiva per accedere al Padre. La conoscenza di cui parla l’evangelista è un’esperienza profonda del piano salvifico di Dio, frutto di un rapporto personale d’amore con lui.

In base al progetto misterioso del Padre questa conoscenza deve essere estesa attraverso il Figlio ai suoi discepoli e a tutti coloro che sono disposti a entrare in comunione con lui.
 
«Venite a me, voi tutti».
 Questo invito con quel che segue è riferito solamente nel Vangelo di Matteo. Ed è formato da due frasi parallele. Gesù invita tutti coloro che sono «stanchi e oppressi» (testualmente “aggravati da pesi”) ad andare da lui, con la promessa di ottenere da lui ristoro. È una esortazione molto tenera di Gesù ai discepoli, che nonostante l'apparente fallimento del loro Maestro lo seguono sulla strada del discepolato.

Ma è anche un invito a coloro che, nel corso del tempo, si sarebbero posti alla sua sequela ammirati per i suoi gesti e le sue parole.
In questa esortazione/invito ricorrono tre verbi imperativi: venite, prendete e imparate. Essi sembrano riassumere i passi del discepolo, ma anche gli atteggiamenti che dovrà assumere un buon discepolo.
 
Le azioni alle quali il discepolo del Signore è invitato implicano una risposta da parte del Maestro. Che, infatti, assicura:
"Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro". La vita cristiana ha origine da questo invito di chi ci conosce e conosce la nostra insoddisfazione. Ma il cristiano sa che la sua decisione di avvicinarsi a Gesù non sarà delusa. Il Signore è sollievo alla nostra fatica. È conforto per il nostro sgomento. È pienezza per il nostro senso di vuoto. Venite, invita il Signore Gesù, venite a stare con me! Venite a consegnare a me tutte le vostre paure, tutte le vostre preoccupazioni, tutte le vostre stanchezze, e io vi darò pace e consolazione! Il Maestro invita ciascuno a incontrare Lui, riservatamente, privatamente oltre che comunitariamente per parlare con Lui cuore a cuore, confidandogli i nostri dispiaceri, le nostre ansie, la paura dell’oggi e del domani, la fatica del credere, dello sperare di amare.
─  "Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita". La legge di Cristo e il suo vangelo sono esigenti; ma è l'esigenza e la radicalità che nasce dall'amore. Il “giogo” di Cristo è la legge dell’amore, è il suo comandamento, che ha lasciato ai suoi discepoli. Chi ama non dà mai peso ai propri gesti d'amore e ai sacrifici che il dono comporta. “Il giogo di Cristo è identico alla sua amicizia. È un giogo di amicizia e perciò un "giogo dolce", ma proprio per questo anche un giogo che esige e che plasma. È il giogo della sua volontà, che è una volontà di verità e di amore” (Benedetto XVI). Inoltre, portare il giogo soave è sentirsi collegati a Cristo nello stesso impegno. Questa solidarietà nella missione riassume l'atteggiamento e il contenuto della lezione che il discepolo deve imparare. Una lezione di umiltà che è garanzia e promessa di riposo.

Cari Amici,
Il Vangelo di oggi contiene una rivelazione. O meglio due momenti di un’unica rivelazione. Il Vangelo è "buona notizia": non solo perché ci rende luminosi, ma perché ci mostra chi è la luce. In questo caso, Gesù è indicato come il ponte tra il Padre e gli uomini.
─  "Tutto è stato dato a me dal Padre mio". La prima rivelazione ha un orientamento verticale. Chiude la preghiera di Gesù e ci mostra il motivo della sua fiducia. Nella sua unione con il Padre Gesù condivide con lui lo stesso piano di salvezza. Conosce il cuore colmo d’amore del Padre e assume la missione di rivelarlo agli uomini.
 
─  "Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero". La seconda rivelazione apre alla dimensione orizzontale della missione di Gesù. Chiude l'invito che il Maestro rivolge ai suoi discepoli. Egli non cerca di opprimerli. Coloro che seguono Gesù non possono ignorare che si associano a lui nella stessa missione. Tuttavia occorre sapere che il Maestro non impone un onere impossibile da portare.
 
Con questo commovente rendimento di lode al Padre Gesù ci fa entrare nel segreto più profondo del suo cuore e ci fa comprendere le sue preferenze. Egli predilige coloro che accolgono con semplicità la dottrina del Vangelo. Infatti i piccoli del Vangelo sono coloro che valutano la propria vita non partendo da se stessi e dalle proprie risorse, ma da Dio. Vero sapiente, infatti, non è colui che conosce molte cose, ma colui che comprende l'unica cosa veramente importante, anzi fondamentale per la nostra vita.
 
Il Vangelo di questa domenica richiama al discepolato autentico che ogni credente deve vivere. Diventare discepoli di Gesù ─ come direbbe sant’Agostino ─ impegna ogni battezzato ad andare a scuola della divina condiscendenza del Signore che lo ha portato, da ricco che era a farsi povero (cfr. 2 Cor 8,9).

E i passaggi sono esattamente quelli indicati da Gesù:
─       farsi piccoli
─       fidarsi della benevolenza del Padre
─       conoscere il Padre mediante la conoscenza del Figlio
─       trovare ristoro in Cristo, fonte che zampilla per la vita eterna
─       portare il giogo della fedeltà alla legge.
 
Il denominatore comune è “farsi piccoli”. I piccoli di Gesù sono quelli che riconoscono di avere bisogno di Lui, della sua parola per dare direzione e senso alla vita. "Piccolo" è chi riconosce il proprio limite e la propria fragilità, chi sente il bisogno di Dio, chi lo cerca e si affida a lui.

La straripante bellezza del Vangelo consiste proprio nel trasformare la vita delle persone. Ma chi pensa di essere già a posto, ricco delle proprie buone opere non sente il bisogno di stendere la mano per chiedere aiuto a Dio, non vuol cambiare proprio nulla della sua vita. I sapienti e gli intelligenti, i dottori della Legge, le persone che si consideravano oneste e rispettabili: tutti costoro ritenevano di essere "a posto", di non aver bisogno di Gesù, di non aver bisogno dell'amore del Padre.

Questa autosufficienza fa spesso chiudere il cuore e rende sordi all’invito di Gesù, che ripete: "Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro".

O Dio, che ti riveli ai piccoli
e doni ai miti l’eredità del tuo regno,
rendici poveri, liberi ed esultanti,
a imitazione del Cristo tuo Figlio,
per portare con lui il giogo soave della croce
e annunziare agli uomini la gioia che viene da te.


© Riproduzione Riservata