La lingua della gratuità ci è ostica e incomprensibile

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Gesù partecipò a un banchetto invitato da "uno dei capi dei farisei" di quella regione. Era un pasto speciale quello del sabato; veniva preparato fin dalla sera del giorno prima con ogni cura. E come al solito gli ospiti erano amici del padrone di casa: prestigiosi farisei, dottori della legge, modelli di vita religiosa per tutto il popolo. Luca narra che Gesù non solo si sentì libero di criticare gli invitati che cercavano i primi posti, ma suggerì a colui che lo aveva invitato chi d’ora in avanti avrebbe dovuto invitare. Il Maestro, infatti, a quella tavola non si sentì a proprio agio. Mancavano i suoi amici: i poveri. Quelle persone che egli trovava mendicando lungo le strade. Coloro che nessuno mai avrebbe invitato. Coloro che non contavano: gli esclusi dalla convivenza civile, i dimenticati dalla religione, i disprezzati da quasi tutti. Quelli che papa Francesco chiama lo “scarto” della società. Erano quelli che di solito sedevano alla sua mensa.


Prima di lasciare i suoi commensali Gesù si rivolse a chi lo aveva invitato non tanto per ringraziarlo dell’invito, ma per scuotere la sua coscienza e spronarlo a vivere con uno stile di vita meno convenzionale e più umano: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

Ancora una volta, Gesù si sforzò di umanizzare la vita rompendo, se necessario, schemi e criteri che potevano sembrare di tutto rispetto, ma che alla fine, dimostrano la nostra resistenza a costruire un mondo più umano e fraterno, caro e gradito a Dio.


Di solito, viviamo protetti in un cerchio di relazioni famigliari, sociali, politiche o religiose mediate le quali ci aiutiamo l'un l'altro a prenderci cura dei nostri interessi, trascurando coloro dai quali non riceviamo nulla. Formuliamo inviti a coloro che, a loro volta, sono in grado di invitarci. Questo è tutto.

Gesù non contesta né sminuisce l'amore della famiglia e le relazioni amichevoli. Ciò che non accetta è che quelle siano sempre e solo le relazioni prioritarie, privilegiate ed esclusive. A chi entra nella dinamica del regno di Dio alla ricerca di un mondo più umano e fraterno Gesù ricorda che l'accoglienza dei poveri e dei senzatetto deve venire prima delle relazioni interessate e delle convenzioni sociali.


Schiavi di alcuni rapporti interessati non siamo consapevoli del fatto che il nostro benessere si sostenga solo escludendo coloro che più avrebbero bisogno della nostra solidarietà gratuita semplicemente per poter vivere. Dobbiamo aprire il cuore al grido evangelico che Papa Francesco ha levato dalla piccola isola di Lampedusa: "La cultura del benessere ci rende insensibili alle grida degli altri". "Siamo caduti nella globalizzazione dell’indifferenza". "Abbiamo perso il senso della responsabilità".


I seguaci di Gesù devono ricordare che aprire percorsi al Regno di Dio non consiste nella costruzione di una società più religiosa o nel promuovere un sistema politico alternativo ad altri possibili ma, soprattutto, nel generare e sviluppare relazioni più umane che rendano possibili condizioni di vita dignitose per tutti iniziando dagli ultimi.


Ma è possibile vivere disinteressatamente? Si può amare senza aspettarsi nulla in cambio? Siamo così lontani dallo Spirito di Gesù che, a volte, anche l'amicizia e l'amore per la famiglia sono influenzati da interessi. Non dobbiamo ingannare noi stessi. La lingua della gratuità è ostica e incomprensibile. Abbiamo costruito una società in cui lo scambio, il profitto e l'interesse sono predominanti. Nella nostra "civiltà dell’avere" quasi nulla è gratuito. Tutto viene scambiato, prestato, dovuto o esigito. Nessuno crede più che sia «meglio dare che ricevere» (At. 20, 35). La via della gratuità è dura, difficile e talvolta estenuante. Occorre imparare con spirito evangelico cosa significhi: dare senza aspettarsi nulla, perdonare senza esigere alcunché in cambio, essere più pazienti con le persone poco gradevoli, aiutare pensando solo al bene degli altri.


Al capo dei farisei che lo aveva invitato Gesù disse: «Sarai beato perché non hanno da ricambiarti». Questa beatitudine, persa nel Vangelo, è stata così tanto dimenticata che molti cristiani non ne hanno mai sentito parlare. Tuttavia, essa contiene un messaggio molto caro a Gesù: «Sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».