Il sacramento della Confessione

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La confessione! Credo sia “il più scomodo fra i sacramenti”. Certamente è uno dei Sacramenti più disatteso e che molto volentieri è evitato dai nostri fedeli. Eppure il sacramento della penitenza è quello più necessario all’uomo, dopo il Battesimo proprio per la fragilità della condizione umana. Penso tuttavia che questo sacramento sia disatteso ed evitato per il fatto che i nostri fedeli non lo capiscono. Eppure qui si incontrano l’infinita misericordia di Dio e l’infinita miseria dell’uomo. Agostino lo chiama il sacramento dove, si incontrano miseria e misericordia!

 

In un ineffabile mistero d’amore, Gesù stesso rimette i peccati attraverso il ministero della Chiesa, ridona la grazia santificante che era stata perduta con il peccato mortale. La Confessione frequente rafforza la vita cristiana, sostiene la volontà di compiere il bene e di evitare il male.

 

La finalità tipica della penitenza-sacramento è la riconciliazione dell'uomo con Dio, con la Chiesa, con se stesso, derivante dalla remissione dei peccati e accompagnata da un dono specifico di grazia che rende più efficace tutto il dinamismo di vita proprio della conversione. In questa prospettiva, la riconciliazione sacramentale si manifesta come autentica esperienza di comunione, il cui nucleo essenziale è dato dalla reciprocità del dono:

 

§        dono di Dio all'uomo e dono dell'uomo a Dio;

§        dono della Chiesa all'uomo e dono dell'uomo alla Chiesa.

 

La reciprocità del dono qualifica la riconciliazione sacramentale come gesto di ricostruzione salvifica che si esprime in novità di vita.

Questa novità di vita è data dall'irruzione del futuro ultimo nella storia personale e comunitaria, perché si pone come una ulteriore esperienza del disegno salvifico di Dio nel mondo, come una ulteriore esperienza della Chiesa segno di salvezza tra gli uomini, come una ulteriore esperienza dell'uomo rifatto in Cristo (cfr. PO 5). Nella riconciliazione sacramentale si ha, così, una chiara e reale affermazione dell'ordinamento di tutta la creazione compiutasi definitivamente, anche se non completamente, nel mistero pasquale, perché vi è una reale anticipazione, benché non completa e definitiva della vittoria finale e completa sul peccato.

 

Il senso del peccato

 
"Costituito da Dio in uno stato di giustizia, l'uomo, tentato dal Maligno, fin dagli inizi della storia, abusò della libertà sua, erigendosi contro Dio e bramando di conseguire II suo fine al di fuori di Dio" (GS 2).

Sono molti i cristiani che oggi si riconoscono peccatori, ma spesso non sanno che cosa sia il peccato, o ne hanno un senso vago e impreciso. Altri, non amano soffermarsi per una introspezione sulle azioni compiute, preferendo piuttosto guardare al loro avvenire e a quello del mondo. Per tutti sembra essersi perso il senso del peccato. Lo denunciò con coraggiosa lungimiranza Pio XII. "Il grande peccato dell'uomo d'oggi e che l'uomo ha perso il senso del peccato".

 

Era facile, in una società permeata di sacralità, di religiosità, di pietà popolare vivere in riferimento a Dio. Il divino si rivelava operante nelle leggi della natura, nel misteri della fecondità e nello sviluppo della vita, nell'organizzazione sociale e comunitaria, nell'arte e nella cultura. Tutte le tappe dell'esistenza umana erano sorrette e quasi incorniciate da una sacralità per la quale l'uomo si trovava in modo quasi connaturale in contatto con il divino. In questa atmosfera il peccato veniva sperimentato come un mancare alle leggi statiche e immutabili della natura, della vita, dell'organizzazione sociale; mancanza che era vista prevalentemente come un andare-contro il volere di Dio.

 

Il peccato era visto come limite oggettivo nei confronti di una legge che, in ogni caso, occorreva riparare e di cui ci si doveva purificare compiendo certi riti espiatori. In una società secolarizzata, invece, e pregna di progressivo secolarismo, in un mondo in cui l'umano sembra cedere il posto al tecnicismo e l'antropologismo assunto a sistema assoluto, il riferimento al sacro e al trascendente tende a smorzarsi. La scienza, la tecnica moderna hanno demitizzato la natura e i misteri della vita, dello sviluppo psico-sociale dell'uomo. I fenomeni e le forze che in essi si manifestano non sono più sentiti come espressione della volontà e dell'azione provvidente di Dio, ma come strumenti con i quali l'uomo conoscendo e dominando tali forze e leggi va costruendo responsabilmente il suo futuro senza Dio. Questa nuova esperienza e concezione dell'uomo e del mondo mette in crisi il senso del peccato e misconosce i valori sottolineati da questo diverso contesto socio-culturale. Ma la reazione è equivoca in sé. Si reagisce, ad esempio, contro quella concezione che riduce il peccato a ribellione contro una legge, dimenticando che peccato è anche la inat­tività e la mancanza di critica nel confronti di leggi che non aiutano l'uomo ad essere più uomo. Come pure peccato è non assumere le proprie responsabilità di fronte a scelte fondamentali.

 

Il Catechismo della Chiesa Cattolica offre una ottima sintesi della definizione di peccato: "Il peccato è una mancanza contro la ragione, la verità, la retta coscienza; e una trasgressione in ordine all'amore vero, verso Dio e verso il prossimo, a causa di un perverso attaccamento a certi beni. Esso ferisce la natura dell'uomo e attenta alla solidarietà umana. E'stato definito una parola, un atto o un desiderio contrari alla legge eterna". Il peccato e un'offesa a Dio: "Contro di te, contro te solo ho peccato. Quello che e male ai tuoi occhi, io l'ho fatto" (Sal 51,6). Il peccato si erge contro l'amore di Dio per noi e allontana da esso i nostri cuori. Come il primo peccato, e una disobbedienza, una ribellione contro Dio, a causa della volontà di diventare "come Dio" (Gen 3,5), conoscendo e determinando il bene e il male. Il peccato pertanto e "amore di sé fino al disprezzo di Dio". Per tale orgogliosa esaltazione di sé, il peccato e diametralmente opposto all'obbedienza di Gesù, che realizza la salvezza [cf Fil 2,6-9]". (CCC 1849-1850)

 

1. Peccato come rifiuto di Dio e della comunione con i fratelli.

 

La vera essenza del peccato sta nel rifiuto di Dio, nella "chiusura a Dio, rifiuto della sua amicizia, rottura dell'alle­anza infedeltà, adulterio, idolatrìa" (ESP 40) II peccato è essenzialmente una realtà religiosa che tocca il rapporto dell'uomo con Dio in quanto sottende un rifiuto della comunione con lui e con gli altri uomini in Cristo e nello Spirito Santo.

Il peccatore è infatti tale perché rifiuta di essere figlio del Padre, rifiuta di essere amato da lui, rifiuta la chiamata del Cristo a costruire la comunione con i fratelli per "cieli nuovi e terre nuove", rifiuta il Regno.

Il peccato consiste nel non riconoscere Dio come Dio e pertanto nel non riconoscere la dipendenza totale che l'uomo ha da Lui e l'ordinazione radicale che l'uomo ha verso lui. Situato in tale prospettiva il peccato appare come infedeltà e adulterio perché tocca Dio nel suo amore, perché è rifiuto di Dio come amore. Rifiuto perché si tratta di una negazione data a Dio che non per proprio interesse, ma per uno stupendo atto di amore soggettivo e oggettivo insieme è entrato nella storia umana per incontrare ogni uomo e tutti gli uomini per offrire loro la vita e offrirla "in abbondanza" .

 

E' Dio che fa esistere l'uomo e lo chiama alla costruzione del futuro personale e sociale in comunione con Lui e il prossimo. Di qui, alienato da Dio e quindi da se stesso l'uomo diventa incapace di costruire un vero rapporto con gli altri; diventa piuttosto "estraneo" al propri fratelli, anzi si pone l'in conflitto con loro, sviluppando rapporti fondati sull'ingiusti­zia e sulla violenza e non sul riconoscimento della dignità per­sonale dell'altro.

Il peccato infatti è lacerazione personale interiore, alienazione da se stesso e dagli altri, è diminuzione che impedisce all'uomo di realizzare se stesso e conseguire la pienezza della vita, alla quale Dio lo chiama.

 

2. La dimensione sociale del peccato

 

Con il peccato anche il rapporto dell'uomo con l'universo diventa disordinato: la creazione è sottomessa alla caducità e resa schiava della corruzione. Il peccato, in quanto

-           rifiuto dell'alleanza,

-           no dell'uomo al progetto e alla chiamata di Dio,

-           rifiuto dell'amore e della comunione con Dio e con i fratelli,

-           sfiducia nella promessa divina,

è implicitamente rifiuto di costruire con gli altri l'avvenire promesso da Dio. E' opposizione alla costruzione del Regno del Signore Gesù nelle sue dimensioni comunitarie e sociali secondo la immagine teologica del corpo mistico. Non può quindi sussistere un amore verso Dio puramente privato e individualistico. Se esiste, esso non può non abbracciare i fratelli con i quali viviamo. "Come puoi dire di amare Dio che non vedi, se non ami i fratelli che vedi"?, ricorderebbe oggi più che mai Sant'Agostino.

 

Il peccatore si chiude nel suo egoismo e questo suo atteggiamento può produrre il suo influsso in termini espliciti e diretti o in termini impliciti e indiretti. Può produrre un influsso diretto allorquando l'egoista peccatore coinvolge un'altra persona o istituzione nel male dei pensieri, parole, opere e omissioni.

Tuttavia anche il peccato più intimo e personale ha in sé una dimensione sociale ed esercita, anche se implicitamente, un influsso negativo sulla comunità. Infatti l'opzione fondamentale del peccatore non rimane un atteggiamento di chiusura puramente interiore, ma incarna nell'azione il limite della pienezza, dell'assolutezza, della vita vera in Cristo. Perciò in virtù della dimensione storico-sociale dell'uomo e del progetto di Dio nei suoi riguardi, qualunque modo di esistere dell'uomo nel mondo come persona che rifiuta l'amore e la chiamata di Dio influisce sull'accidia e sulla positività della risposta degli altri. Esso inaugura e conferma una situazione esistenziale di egoismo e accentua e contribuisce a creare quelle situazioni ingiuste e oppressive che minacciano la libertà, la giustizia, la pace tra gli uomini.

 

3. La dimensione ecclesiale del peccato

 

Anche nella chiesa, come istituzione umana, possono esservi delle situazioni di ingiustizia e di disordine. Tutti i cristiani ne sono responsabili e tutti debbono impegnarsi perché la Chiesa-Comunità lotti contro il peccato e "mediante una conversione e rinnovamento" (LG 8) cerchi di superare ogni situazione di ingiustizia che si trova all'interno della sua istituzione.

Oltre all'esistenza dei peccati collettivi nella istituzione umana della Chiesa, occorre porre in evidenza che ogni peccato del cristiano ha in sé una specifica dimensione ecclesiale.

 

Con il peccato il cristiano:

§        viene meno alla missione ricevuta nel battesimo di essere segno e testimone per il mondo dell'amore di Dio, dell'avvenuta vittoria sul male nella morte e Risurrezione di Gesù;

§        si oppone e diminuisce il dinamismo salvifico della Chiesa e la sua efficacia nel mondo con la perdita della abbondanza della "grazia", la vita di Dio presente nel battezzato rendendo la comunità dei credenti meno capace di lottare contro il male e l'ingiustizia;

§        rifiuta la salvezza di cui la Chiesa è sacramento e diminuisce l'efficacia della sua missione salvifica;

§        rifiuta la comunione con lo Spirito Santo autore dell'amore e della carità che unisce la Chiesa e le conferisce slancio missionario.

 

Si tratta pertanto di una frattura della comunione interna con Dio con Cristo e con lo Spirito, la Trinità che fa della Chiesa vero sacramento di salvezza.