Credere senza appartenere

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Gli ultimi anni sono stati difficili per la Chiesa cattolica. Sembra che solo il 14% dichiari di avere fiducia nell’istituzione. Che cosa può esserci dietro questa crisi? Non v’è dubbio alcuno che alla radice via siano questioni più profonde, più permanenti, che hanno a che fare, in parte, con l’indebolimento della mediazione istituzionale di qualsiasi esperienza, non solo di quella religiosa.
 
Le persone cercano di costituire la loro esperienza religiosa con una mediazione debole o del tutto inesistente. Cioè senza il peso normativo imposto dalla Chiesa. Quindi, ormai da molto tempo, le persone tendono a costituire la loro esperienza con una debole mediazione istituzionale, come accade ad esempio con la loro esperienza politica.
 
E’ sotto gli occhi di tutti il crollo di partecipazione alle tornate elettorali. La gente non vuole sentirsi obbligati a votare, né appartenere a un partito, o a mantenerne la affezione per lungo tempo. Se si esamina la cosiddetta crisi delle istituzioni, si osserva che si tratta di un processo in cui si verifica questo modello comune.
 
La domanda è spontanea: perché sempre più persone, anche tra coloro che credono, non vogliono appartenere a una comunità? Non vogliono più avere bisogno della mediazione della Chiesa? Insomma: credere senza appartenere!
 
Le motivazioni sono da ricercare in un processo di individualizzazione del tutto incontrollabile, di tensione nella sfera della libertà personale, di autodeterminazione.
 
Le persone ritengono che l’esperienza religiosa debba essere istituzionalmente leggera e permetta di entrare e uscire dalla comunità assai facilmente, di adottare un punto di vista personale su certe cose, di rispettare le regole ritenute “buone e utili” a livello personale, ma non altre.
 
Questo processo di individualizzazione appare sempre più forte e veloce. Ciò va di pari passo anche con i processi di modernizzazione delle infrastrutture della società.
 
E poi ci sono tutti i processi di globalizzazione e di contatto con una cultura globale che mette sempre più ai margini la religione e la sostituzione dell’identità cattolica con  “the no religion” (= la non religione).
 
In buona sostanza stiamo assistendo al fenomeno del declino dell'appartenenza cattolica e l'emergere di quella che viene chiamata “la non appartenenza”. Gli inglesi hanno un termine esplicito: i nones, ossia i nessuno. Il fenomeno del secolarismo oggi raggiunge perfino i ragazzi a partire già dal dopo/prima-comunione/dopo-cresima.
 
Se osserviamo bene il fenomeno del secolarismo attuale è che un tale secolarismo ormai di massa non è quello della miscredenza religiosa o dell’anticlericalismo, o del quasi-ateismo. Semplicemente il soggetto si “disaffeziona”, smette di riconoscersi cattolico, ma mantiene una certa convinzione, anche convenzionale.
 
Nel passato, la persona che perdeva l'appartenenza a una comunità religiosa diventava un cercatore, ossia una persona che cercava qualcos'altro, un'alternativa, una spiritualità diversa. Ed è per questo motivo che emersero movimenti alternativi, legati all’orientalismo, alle religioni indigene, a quello che allora si chiamava New Age .
 
Il modello di secolarismo di cui stiamo parlando fu descritto da una donna britannica di nome Grace Davie, che coniò l’affermazione: credere senza appartenere. Attenzione bene: non si tratta di una un’esplosione di religiosità alternative: non è questo! E’ proprio un convincimento personale, ma un modello di disaffezione, forse di delusione, e per questo di allontanamento dalla Chiesa.
 
Tuttavia non cambia il senso della propria vita. C'è molta gente che crede senza appartenere che vive la propria vita con una religiosità latente o non professata: le persone continuano a pregare la Vergine, a fare preghiere personali e a chiedere grazie nel momento del bisogno. Fanno fare la prima comunione ai propri figli. Seppelliscono i loro cari secondo il rito cristiano cattolico. E’ questa la religiosità latente.
 
Che faranno le Chiese?
Dovranno convivere con parrocchiani poco attivi, i templi diventeranno in breve tempo troppo grandi e li vedremo sempre più vuoti, il che è un fenomeno abbastanza inevitabile.
 
Mi piace concludere proponendo quella che si definisce come la Profezia di Joseph Ratzinger che nel 1969 (millenovecentosessantanove!!!) scrisse: «Avremo presto, preti ridotti al ruolo di assistenti sociali e il messaggio di fede ridotto a visione politica. Tutto sembrerà perduto, ma al momento opportuno, proprio nella fase più drammatica della crisi, la Chiesa rinascerà. Sarà più piccola, più povera, quasi catacombale, ma anche più santa. Perché non sarà più la Chiesa di chi cerca di piacere al mondo, ma la Chiesa dei fedeli a Dio e alla sua legge eterna. La rinascita sarà opera di un piccolo resto, apparentemente insignificante eppure indomito, passato attraverso un processo di purificazione. Perché è così che opera Dio. Contro il male, resiste un piccolo gregge»

 

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