Un tempo di speranza

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Quando termina un anno e ne inizia uno nuovo, nella vita di ciascuno si affaccia prepotente una domanda: come sarà l’anno che verrà?
Quando questo avviene è inarrestabile un moto di speranza, per cui augurarsi che l’anno che verrà sia migliore di quello appena trascorso.
Nella Lettera Enciclica Spe salvi, il Papa emerito Benedetto XVI ha offerto alcuni strumenti e indicato alcune piste di orientamento e di buon cammino.
 
In primo luogo “ci è stata donata la speranza, una speranza affidabile, in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente: il presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto ed accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino”. (Ss 1)
 
E la meta, alla quale ogni cristiano tende e deve giungere è la salvezza eterna; per questo nulla giustifica meglio una efficace attuazione e un camminare deciso al fine di “giungere a conoscere Dio - il Dio vero - ; questo significa ricevere speranza.” (Ss 3)
 
Per tanto, in questo tempo nuovo, l’anno del Signore 2018, dobbiamo porre la nostra fiducia e confidenza in colui che è venuto a salvarci, a offrirci la possibilità di accettare la salvezza.
E’ Gesù Cristo che morto in croce, aveva portato qualcosa di totalmente diverso: “l'incontro col Signore di tutti i signori, l'incontro con il Dio vivente e così l'incontro con una speranza che era più forte delle sofferenze della schiavitù e che per questo trasformava dal di dentro la vita e il mondo”.(Ss 4)
 
E, soprattutto, abbiamo bisogno di ciò che ha saputo molto ben definire Gesù, quando rispose all’apostolo Tommaso: “Beati coloro che credono senza aver visto(Gv 20, 29).
 
Tuttavia, aver fede, non è solo il modo di credere in Dio di ciò che non si vede; aver fede “ci da qualcosa”, sostiene il Papa in Ss 7. E continua: “Ci dà già ora qualcosa della realtà attesa, e questa realtà presente costituisce per noi una « prova » delle cose che ancora non si vedono. Essa attira dentro il presente il futuro, così che quest'ultimo non è più il puro « non-ancora ». Il fatto che questo futuro esista, cambia il presente; il presente viene toccato dalla realtà futura, e così le cose future si riversano in quelle presenti e le presenti in quelle future”. (ibid)
Inoltre “la fede conferisce alla vita una nuova base, un nuovo fondamento sul quale l'uomo può poggiare e con ciò il fondamento abituale, l'affidabilità del reddito materiale, appunto, si relativizza”. (Ss 8)
 
Per tanto è la speranza, in quanto virtù cristiana, l’esponente diretto dell’amore di Dio incarnato in Gesù Cristo, poiché attraverso il Figlio possiamo compiere la volontà del Padre e questo può salvarci, poiché anche se è certo che è Dio che salva, non è meno certo ciò che dice S. Agostino: “Dio che ti ha creato senza di te, non ti salverà senza di te”.
Per questo è richiesta il nostro efficace intervento e l’espressione della nostra gioia in questo intervento richiesto.
 
E’ su questa speranza che dobbiamo appoggiarci, per cui sostenere la nostra vita. “Noi abbiamo bisogno delle speranze – più piccole o più grandi – che, giorno per giorno, ci mantengono in cammino.” (Ss 31)
 
Ma nonostante questa affermazione di Benedetto XVI per cui siamo capaci si speranze per avvalerci di esse per il nostro bene, non si deve credere che sia sufficiente l’umana volontà per nutrire speranza. No. E’ necessaria la “grande speranza” come la chiama il Santo Padre (Ss 31)
 
Chi è questa speranza che è grande? “Questa grande speranza può essere solo Dio, che abbraccia l'universo e che può proporci e donarci ciò che, da soli, non possiamo raggiungere … Dio è il fondamento della speranza – non un qualsiasi dio, ma quel Dio che possiede un volto umano e che ci ha amati sino alla fine: ogni singolo e l'umanità nel suo insieme. Il suo regno non è un aldilà immaginario, posto in un futuro che non arriva mai; il suo regno è presente là dove Egli è amato e dove il suo amore ci raggiunge.”  (Ss 31)
 
A tal fine, a noi sono richieste sue cose:
- amare Dio;
- permettere che il Suo amore ci raggiunga.
 
A queste due richieste non è facile rispondere positivamente: il soggettivismo rampante, e il nichilismo diffuso non favoriscono l’apprezzamento di Dio e del Suo Regno. Al contrario: esso è impegno non solo difficoltoso, ma in un certo senso inutile a fronte degli interessi e dei valori in circolazione oggi che di fatto censurano l’appello a Dio e alle questioni ultime della vita dell’uomo.
I novissimi, infatti, (morte, giudizio, infermo e paradiso) sembrano retaggi di tempi passati, oggi improponibili o riproposti solo per essere in qualche modo ironicamente derisi.
 
All’inizio di questo nuovo anno, in un orizzonte di bilancio e di verifica auguro a me e ai miei amici di essere pronti a guardare alla “grande speranza”, oltre alle piccole speranze di tutti i giorni: Dio, la grande speranza e la vita eterna. Si tratta, appunto, di speranza e non ancora di compimento.
Ma mette in guardia il Papa emerito: “Forse oggi molte persone rifiutano la fede semplicemente perché la vita eterna non sembra loro una cosa desiderabile. Non vogliono affatto la vita eterna, ma quella presente, e la fede nella vita eterna sembra, per questo scopo, piuttosto un ostacolo. Continuare a vivere in eterno – senza fine – appare più una condanna che un dono”. (Ss 10)
 
Sì; il tempo del nuovo anno 2018 è veramente un tempo di speranza perché è il tempo di Dio; e perché
-         nella speranza siamo,
-         nella speranza ci formiamo,
-         nella speranza esistiamo.
 
E la speranza cristiana non è qualcosa; è Qualcuno: è Gesù Cristo il Figlio di Dio.