Sinodalità e comunione ecclesiale

<< Torna indietro


Il prossimo autunno inizierà il primo anno di celebrazione del Sinodo sul tema della Sinodalità. Desidero proporre una serie di riflessioni che rendano tutti partecipi della Assise importantissima che sarà celebrata con la partecipazione per la prima volta di laici battezzati, uomini e donne. In questo periodo, in cui - forse - abbiamo più tempo a disposizione, preoccupiamoci di conoscere il grande tema della sinodalità della e nella Chiesa. NON SPRECHIAMO questa grande occasione di sentirci ed essere Chiesa. Non lasciamo il Sinodo nelle mani dei "soliti" noti. 

 

La sinodalità è una delle espressioni della comunione ecclesiale, poiché il Sinodo è un raduno di fedeli cristiani che camminano insieme. In verità una delle novità più importanti del Vaticano II per l'ecclesiologia e per la vita della Chiesa è stata quella di aver centrato la teologia del mistero della Chiesa sulla nozione di comunione.

 

Il Concilio ecumenico Vaticano II ha dato forte rilievo alla nozione di Chiesa come «popolo di Dio». La costituzione dogmatica Lumen Gentium dedica l’intero secondo capitolo al popolo di Dio inteso come comunità ecclesiale.

Questa immagine di Chiesa si fonda su una consolidata base scritturistica. La nozione di «popolo» e di «alleanza» è così centrale nell’Antico Testamento da essere riprese sviluppata nel Nuovo Testamento e diventare la definizione per eccellenza della Chiesa, «nuovo popolo di Dio».

 

La proclamazione che in tal senso fa il Vaticano II al numero 9 della Lumen Gentium contiene una serie di elementi essenziali:

·       il riferimento della Chiesa al popolo di Dio dell’Antico Testamento,

·       la sua novità in Cristo Gesù,

·       la sua dimensione universale.

 

La Chiesa è il «popolo nuovo», il «popolo messianico», che «ha per capo Cristo… Ha per condizione la dignità e la libertà dei figli di Dio… Ha per legge il nuovo precetto di amare come lo stesso Cristo ci ha amati (cfr. Gv 13,34). E finalmente, ha per fine il regno di Dio, incominciato in terra dallo stesso Dio. È «costituito da Cristo per una comunione di vita, di carità e di verità» (LG 9).

 

Il Cristo è presente nella Chiesa al punto che non c’è Cristo senza Chiesa così come pure non ci può essere Chiesa senza Cristo. Una tale relazione di interiorità, di intimità e di animazione fonda sul fatto che Cristo e la Chiesa rappresentano due realtà distinte, ma indissociabili. «Il Cristo totale», secondo la felice descrizione di Sant’Agostino, non può essere né solo il capo (Cristo) né solo il corpo (la Chiesa). È una questione di comunione.

 

Il Cristo è in ciascuna delle membra del suo corpo. Ma il corpo del Signore si costruisce allorquando noi conformiamo la nostra vita alla sua; quando la nostra stessa vita gli appartiene: «non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me!» (Gal 2,20). Una tale comunione si stabilisce nella fede accogliendo il modo di vivere e di amare di Cristo facendolo nostro.   

 

L’apostolo Paolo nella lettera ai Romani 12,9-15 suggerisce: «La carità non abbia finzioni: fuggite il male con orrore, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nello zelo; siate invece ferventi nello spirito, servite il Signore. Siate lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera, solleciti per le necessità dei fratelli, premurosi nell’ospitalità. Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto»

 

I suggerimenti e gli orientamenti dell’apostolo Paolo sono chiaramente finalizzati a uno stile di vera comunione: l’amore vicendevole: un amore sincero, genuino, autentico; la stima reciproca, la sollecitudine per gli altri; la speranza sia gioiosa, ferma la costanza, assidua la preghiera.

 

Una delle caratteristiche della sinodalità è proprio la comunione; camminare verso una maggiore comunione ecclesiale. E d’altra parte Gesù, nella grande preghiera dell’ultima cena, ha pregato proprio per questo: “Padre, ti prego per quelli che crederanno in me grazie alla parola dei miei discepoli: che siano una cosa sola, come tu Padre sei in me ed io sono in te, affinché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17,21).


La Chiesa, che nasce dalla carità di Dio, è chiamata ad essere carità nella concretezza della vita quotidiana e dei rapporti reciproci fra tutti i suoi membri...

Il concetto di comunione sta nel cuore dell'autoconoscenza della Chiesa, in quanto mistero dell'unione personale di ogni uomo con la Trinità divina e con gli altri uomini, iniziata dalla fede, e orientata alla pienezza nella Chiesa celeste. La comunione implica sempre una duplice dimensione: verticale (comunione con Dio) e orizzontale (comunione tra gli uomini).

 

La comunione è un altro nome della carità ecclesiale e solo una Chiesa comunione può essere soggetto credibile di evangelizzazione. Ed è essenziale alla visione cristiana della comunione riconoscerla innanzitutto come dono di Dio, come frutto dell'iniziativa divina compiuta nel mistero pasquale. La nuova relazione tra l'uomo e Dio, stabilita in Cristo e comunicata nei sacramenti, si estende anche ad una nuova relazione degli uomini tra di loro.

San Giovanni Paolo II ha scritto: «La nostra programmazione pastorale non potrà non ispirarsi al “comandamento nuovo” che il Signore ci ha dato... Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione: ecco la grande sfida che ci sta davanti nel millennio che inizia» (Novo Millennio Ineunte, 42 e 43).

 

Va da sé che le comunità cristiane per essere tali devono brillare per l’intensità delle relazioni umane; devono essere il luogo di dialogo e di incontro tra le diverse generazioni.

Non è difficile constatare che spesso non è così. La comunicazione e la comunione interpersonale nelle parrocchie sono sacrificate da una errata concezione di chiesa che è ridotta a “distributore” di servizi. Più spesso molti, a causa della mancanza del senso di appartenenza ecclesiale non si pongono neppure il problema di far parte di una comunità.

 

È necessario che facciamo tutti un cammino di conversione. Ecco perché il Sinodo ha posto al centro il senso della sinodalità che è lo specifico modus vivendi et operandi della Chiesa Popolo di Dio che manifesta e realizza in concreto il suo essere comunione nel camminare insieme, nel radunarsi in assemblea e nel partecipare attivamente di tutti i suoi membri alla sua missione evangelizzatrice. La comunione ecclesiale è dono e impegno per ciascun discepolo di Cristo. Essa è quanto mai necessaria per una serie di motivi che riguardano sia la vita della Chiesa che la sua missione nel mondo.

 

Una Chiesa divisa in se stessa non testimonia la sua appartenenza a Cristo. Il mondo non riconosce i suoi figli come discepoli di Gesù (cf. Gv 13,34-35) e pertanto se ne allontana scandalizzato. La sua missione è sterile. Nessuno si converte, anzi coloro che sono abili nel creare divisioni laddove vivono, si sentono autorizzati a continuare a farlo con sempre maggiore veemenza.

 

La causa della divisione è sempre il peccato che alberga nel cuore del cristiano. Il peccato che è ricerca di se stessi, vanagloria, presunzione, attaccamento alle cose del mondo, giudizio e condanna, calunnia, maldicenza, falsità, incapacità di vedere l’altro con gli occhi dello Spirito Santo. Ma è soprattutto superbia, decisione del cuore di non sottomettersi alla volontà di Dio.

 

Chi vuole favorire, costruire e incrementare la comunione ecclesiale, dovrà impegnarsi con tutte le forze a crescere nell’umiltà. Dovrà aprire gli orecchi del cuore e chiedere al Signore che gli parli, giorno e notte, perché solo sulla Parola di Dio si può costruire una Chiesa unita.

 

Solo allora la comunità:

·       da struttura funzionale, diventerà famiglia di famiglie, dove ci si incontra e ci si accoglie;

·       sperimenterà e rinnoverà il miracolo della Pentecoste;

·       farà l’unità nella diversità.

·       diventerà una famiglia in cui i credenti - preti, religiosi e laici – vivranno e testimonieranno rapporti sereni, liberi e gratuiti;

·       accoglierà le persone come sono e le aiuterà a vivere esperienze significative di fraternità

·       diventerà aperta ed accogliente, dove ognuno potrà trovarsi a proprio agio, dove anche l’ultimo sarà tenuto in vera considerazione, dove ciò
che importa non sarà l’efficientismo delle strutture, ma la valorizzazione delle persone.

 

La comunione ecclesiale ha leggi ferree che non possono essere disattese. Esse sono scritte nel libro del cuore di Cristo ed è lì che bisogna studiarle e meditarle con grande cura. Cercarle altrove, o addirittura sostituirle con leggi umane e giustificative del peccato dell’uomo, è disonestà intellettuale.

 

A ben vedere la comunione ecclesiale è dono da chiedere. Gesù ce l’ha insegnato nel Cenacolo, prima di consegnarsi ai suoi carnefici, quando pregò il Padre con queste parole: «Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me» (Gv 17,20-23).

 

© Riproduzione Riservata