Omelia nella V domenica di Pasqua
«Amatevi come io ho amato voi»

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Dal Vangelo secondo Giovanni  13,31-35 <+++>

 

Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.

Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri». <<< + >>>
 

La pericope evangelica della quinta domenica di Pasqua è ambientata nel Cenacolo di Gerusalemme.
Era appena terminata l’ultima cena e la lavanda dei piedi. Giuda - racconta l'evangelista Giovanni - aveva già abbandonato il gruppo dei Dodici per portare a termine il tradimento del Maestro consegnandolo al Sinedrio che avrebbe organizzato il suo arresto nell’orto degli olivi. Esperienza dolorosa sia per Gesù che ha amato profondamente Giuda, sia per Giuda che ha amato Gesù e l'aveva seguito per tre anni.

In questo contesto di dolore e di anticipo di passione Gesù intrattenne i suoi offrendo loro una grande lezione di vita cristiana.
L'odio di Giuda ha svelato l'Amore che salva.
Così il Maestro ha insegnato ai sui discepoli non solo ad amare, ma anche come si ama.
Anzi solo vivendo un amore come il suo i discepoli sarebbero stati identificati come suoi seguaci.
È il testamento spirituale del Maestro e Signore che avrebbe affrontato di lì a poco la passione, la morte e finalmente la risurrezione dai morti.

 

La pericope evangelica odierna è tratta dal capitolo 13 di Giovanni che può essere considerato come l’introduzione ai tre discorsi di addio pronunziati da Gesù nell’ultima cena. Pur nella sua brevità il vangelo di questa domenica è virtualmente diviso in tre parti:

- una confessione cristologica,

- una esortazione morale,

- una profezia ecclesiologica.

 

Gesù dice chi è Lui; che cosa si attende dai suoi discepoli; quale cifra dovrà connotare la comunità dei suoi discepoli.

La missione di Gesù stava volgendo al termine e il Figlio di Dio viveva la vigilia del suo dono supremo al Padre per la salvezza di tutti gli uomini. Ed è in questo contesto che egli pronunciò le parole citate nel breve passo di Giovanni. Il ricordo del tradimento di Giuda è solo l’occasione per riascoltare quasi l’inizio di un inno liturgico: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui». È l’annunzio pasquale che esprime il momento decisivo della missione di Gesù e segnala il compimento del tempo della salvezza: è il kairòs della storia che coinciderà con la morte e resurrezione di Cristo, momento della massima rivelazione della potenza di Dio e della sua “gloria”.

 

L'uscita di Giuda dal cenacolo fu l'inizio della passione, ma anche della gloria che il Figlio e il Padre si scambiano reciprocamente.
Giuda entrò nella notte, nell'ora del tradimento, e Gesù entrò nell'ora della gloria.

Per il quarto vangelo, infatti, anche la passione e la morte sono glorificazione di Gesù, non fallimento o fine tragica. In codesto contesto, senza dubbio duro e difficile, che umanamente parlando conduceva a una sconfitta perché portava alla morte, Gesù parlò di gloria usando per ben cinque volte il verbo: glorificare.

La gloria di Cristo e la gloria di Dio radicano nell’apoteosi della sua missione che è segnata dall’amore.

 

Dopo aver preannunziato la sua glorificazione Gesù prosegue: «Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri».

L’amore è l’insegnamento della seconda parte della breve pericope evangelica.
Dov’è la novità? Il precetto dell’amore appare già nel contesto dell’alleanza del Sinai e nella tradizione biblica come compendio di tutta la legge. Inoltre vari filosofi avevano parlato anche di filantropia e di amore per ogni essere umano.

 

La novità è tutta nel modo di amare tipico di Gesù: «Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri». Nel suo testamento finale Gesù ha modificato la prospettiva personale del "come te stesso" e pone sé stesso come punto di riferimento: "come io vi ho amato".

I suoi discepoli non devono amare come essi desiderano essere amati, ma come” Gesù li ha amati. Infatti il come” dice la norma e la misura. Ma dice anche la ragione. La traduzione più vicina al significato del testo rende meglio il “come”; e cioè: Con l'amore con cui io vi ho amato, amatevi gli uni gli altri.

L'amore che Gesù propone è nuovo, perché è qualitativamente nuovo.
E se vuole somigliare all’amore di Cristo deve nascere dalla gratuità.
L’amore gratuito non va in cerca di motivi per amare, ama chi non lo merita, o chi non può ricambiare, ama anche chi fa del male...

È un comandamento nuovo perché richiede un tipo di amore nuovo, inedito.
Si tratta di "novità" in senso forte, di qualcosa che il mondo non può nemmeno concepire. 

 

La terza parte del testo evangelico ha uno sfondo e una prospettiva fortemente ecclesiale: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri». Il segnale di riconoscimento di essere discepoli del Signore è l’amore scambievole. Non un amore di facciata, ma un amore come il Suo: capace di dare la vita per la persona amata. Il comandamento dell'amore diventa lo statuto di vita del cristiano e della Chiesa.

Il codice e la cifra di ogni uomo che voglia farsi discepolo di Cristo risorto è la carità, il perdono, la misericordia.
Ogni battezzato, al di là di qualunque limite di tempo, di spazio o di cultura non avrà altro distintivo se non quello dell'amore.
Questa profezia è non solo un annuncio ma anche una denuncia. Caratterizza e orienta la vita della Chiesa.

Ricordava papa Benedetto XVI: “L'Amore è l'anima della vita della Chiesa e della sua azione pastorale... Solo chi vive nell'esperienza personale dell'amore del Signore è in grado di esercitare il compito di guidare e accompagnare altri nel cammino della sequela di Cristo”.

Amare non è cosa semplice; amare veramente, radicalmente, incondizionatamente, gratuitamente, perpetuamente non è dall'uomo.

 

Cari Amici,

La pagina del Vangelo di questa domenica quinta di Pasqua fa riscoprire la novità dell'esperienza cristiana, perché ne rendiamo testimonianza davanti a tutti.

«Da questo amore tutti sapranno che siete miei discepoli».

I cristiani si distinguono dai membri di altre confessioni religiose per alcuni segni esteriori:

  La presenza della Croce e la celebrazione dell’eucarestia sono i più conosciuti. Gesù, tuttavia, ha insistito sull’importanza dell’amore fraterno, come segno cristiano.

    L’amore è il segno distintivo dei discepoli di Gesù. Da questo segno dobbiamo essere riconosciuti. Vivendo questo segno daremo aperta testimonianza di aver assimilato la lezione del Maestro riconoscendolo come Maestro di vita.

   Il reciproco amore cristiano non fonda su interessi o su simpatie. I cristiani amano il prossimo come Gesù l’ha amato e con lo stesso amore con cui Cristo ci ha amati.

 

Il comandamento nuovo Gesù lo lascia anche a noi come suo testamento, come sua eredità, come sintesi di tutta la sua missione messianica. L'amore che devono vivere il discepolo del Signore e la comunità cristiana diventa il volto del Risorto che vive nella sua Chiesa, ed è la virtù essenziale del cristiano che vive nell'attesa del ritorno del suo Signore.

Vivendo così, la comunità cristiana diventa segno di novità. Se i discepoli non vorranno tradire il messaggio di Gesù, dovranno mettere in pratica il suo comando di amare e di avere un amore come il suo. "Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri". Per Gesù la logica dell'amore è la sua. Quello del Maestro e Signore non è un consiglio, non un suggerimento; è un comando nuovo dato con la forza dell'esempio.

 

Qui c’è tutta la vita cristiana! Il comandamento nuovo dell’amore è l’unico che ci è chiesto di vivere; è l’eredità e il dono lasciato da Gesù ai suoi, affinché siano veramente la sua comunità, affinché siano capaci di essere nel mondo come autentici evangelizzatori. Gesù infatti lo ha detto con chiarezza: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri».   


Una vita cristiana vissuta con coerenza che trova nell’amore l’aspetto più caratteristico è certamente anche oggi il modo più efficace per dire che Gesù risorto ha indicato la vera strada da percorrere per giungere alla vita piena e felice.

 

O Dio, che nel Cristo tuo Figlio

rinnovi gli uomini e le cose,

fa' che accogliamo come statuto della nostra vita

il comandamento della carità,

per amare te e i fratelli come tu ci ami,

e così manifestare al mondo

la forza rinnovatrice del tuo Spirito.


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