Omelia nella II domenica per annum
«Qualsiasi cosa vi dica, fatela»

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✠  Dal Vangelo secondo Giovanni 2,1-11
 
In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.
Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
 
 
Con la celebrazione del Battesimo del Signore, inizia il Tempo Ordinario; esso è così definito non nel senso che si tratti di un tempo di scarsa importanza, ma inteso come il tempo in cui si ricorda la missione ordinaria del Signore. Si tratta di “trentatré o trentaquattro settimane durante il corso dell'anno, le quali sono destinate non a celebrare un particolare aspetto del mistero di Cristo, ma nelle quali tale mistero viene piuttosto venerato nella sua globalità, specialmente nelle domeniche”. (Norme generali per l'ordinamento dell'anno liturgico, 43).
Il tempo Ordinario o per Annum è tempo prezioso durante il quale, domenica dopo domenica, siamo invitati a comprendere il mistero di Dio che si è incarnato e si realizza nello scorrere della storia per darle un senso nuovo.
Il Tempo “per annum” è il tempo in cui la vita nello Spirito è destinata ad approfondirsi, a concretizzarsi, al fine di condurre i cristiani ad una esistenza matura e consapevole. E’ il tempo della assimilazione dei doni dello Spirito e della crescita da essi provocata.
Questo nuovo tempo liturgico riserverà per ciascuno alcuni aiuti per procedere nel cammino di una vita cristiana degna di questo nome.
La Chiesa, inoltre, ci guiderà nella conoscenza sempre più profonda dell'insegnamento del Cristo e nella sequela generosa e fedele di Lui, nostra Via, Verità e Vita.
 
Fanno meditare i trent’anni che Gesù ha trascorso nel silenzio della piccola città di Nazareth, nella sua famiglia crescendo “in età, sapienza e grazia”, nella graduale consapevolezza della sua vocazione e missione ricevuta dal Padre. È facile ritenere che nella ordinaria vita di Nazareth Gesù si sia nutrito certamente della Parola dell'Antico Testamento che profeticamente annunciava la Sua storia di Messia e Salvatore.
 
La Chiesa ci fa partecipare oggi alla terza epifania del Signore.
  Nella prima Gesù è stato manifestato ai Magi luce e salvezza per tutti gli uomini che, come i Magi, camminano verso di Lui.
  Nella seconda al Battesimo nel Giordano Gesù è stato manifestato come il Missionario di Dio, inviato dal Padre e dallo Spirito perché in Lui l'umanità si riconosca nella sua figliolanza con Dio.
In questa terza epifania, che più propriamente è manifestazione messianica «Egli [Gesù] manifestò la sua gloria». Ma mentre al Battesimo fu il Padre a svelare il Figlio amato, a Cana è stato Gesù stesso a manifestarsi. Egli non era semplicemente il falegname di Nazaret, ma il Figlio di Dio, il Messia, il Salvatore; la Nuova Alleanza; la Nuova Legge.
 
Il brano evangelico odierno è tra quelli che forse conosciamo meglio anche se è abbastanza difficile e complesso da interpretare pur nella sua apparente semplicità. L’episodio è narrato solo da Giovanni che fu testimone oculare del fatto e lo ha collocato all’inizio dell’attività pubblica di Gesù precisando che si trattò del primo dei segni da lui compiuti. Giovanni non lo chiama miracolo. Che differenza fa?
Il "miracolo" è un fatto inspiegabile per la scienza, che ridona a qualcuno la salute perduta. Indubbiamente il miracolo suscita ammirazione, lode a Dio, rendimento di grazie e poi il ricordo inevitabilmente va a scemare. La caratteristica di "segno" è più forte. Per definizione il segno è significante di un significato da cui si possono derivare indizi e conoscenze. In quanto “significante di un significato”  il segno dimostra apertamente il significato espresso dal segno e rivela "la èptenza" di Chi l'ha compiuto.


«Vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli».
Le nozze sono la festa dell’amore e della speranza.
Coloro che contraggono matrimonio si impegnano per un futuro condiviso che intendono vivere in pace e in armonia.
Le nozze sono una festa dell’alleanza che si accetta e si offre come totale e definitiva.
Le feste nuziali nell'antico Israele duravano circa otto giorni ed era giocoforza fare provvista di una sufficiente quantità di vino, elemento che nella Bibbia è segno e simbolo della gioia e della prosperità.
Senza il vino, non era possibile festa alcuna. Assurdo il solo pensiero che in una circostanza come quella venisse a mancare proprio il vino.
 
Il segno della presenza di Gesù alle nozze dice l'incanto della vicinanza di Dio che a Cana di Galilea, per il tramite del Messia di Nazareth, ha inaugurato un nuovo modo di essere tra gli uomini. Dio si allea con la gioia degli uomini. E non solo con la gioia spirituale, ma anche con la gioia sensibile.

Ed ecco i segni:
   l'acqua è espressione di qualcosa di vecchio che deve lasciare il posto al nuovo.
   il vino è il segno e il simbolo del nuovo. L'antica legge deve lasciar posto alla nuova.
   il “vino buono” rappresenta Cristo, la vera gioia, l’unico mediatore della festa nuziale fra Dio e l'umanità.
 
Per comprendere la visione teologica di Giovanni del racconto delle nozze di Cana occorre far ricorso all'ultimo versetto della pericope evangelica odierna:  
«Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui».  Per Giovanni l'avvenimento è un segno che mostra la gloria del Cristo e che dà origine alla fede dei discepoli.
E con grande coerenza l'Autore del quarto Vangelo scrive: «Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome»
.

Il racconto dell’acqua trasformata in vino a Cana è un racconto simbolico con il quale si intende più propriamente evidenziare non tanto il segno miracoloso in quanto tale, ma un segno della rivelazione della vera personalità di Colui che lo ha compiuto. Il segno di Cana, sulla linea di quanto si legge nel prologo giovanneo, rivela Gesù il Figlio di Dio che porta al mondo la salvezza piena e definitiva promessa dall’Onnipotente per mezzo dei profeti. 

Annota il papa emerito Benedetto XVI:
Con questo “segno”, Gesù si rivelò come lo Sposo messianico, venuto a stabilire con il suo popolo la nuova ed eterna Alleanza, secondo le parole dei profeti: «Come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te» (Is 62,5). E il vino è simbolo di questa gioia dell’amore; ma esso allude anche al sangue, che Gesù verserà alla fine, per sigillare il suo patto nuziale con l’umanità”.


 
Cari Amici
Lo splendido racconto delle nozze di Cana è caro a ogni credente, anche perché è dolce e rassicurante la presenza della Madre.
In realtà, l'epifania di Cana di Galilea è stata sollecitata proprio da Maria.

 
Non hanno più vino”!, sussurrò la Madre al Figlio esercitando la sua maternità.
Maria avvertì con la sensibilità della donna e della Madre la mancanza del vino che avrebbe potuto mettere a disagio gli sposi ed i commensali e si preoccupò.
In un dialogo  essenziale nelle parole si rivelò una intensa comunione spirituale tra Madre e Figlio.
S
i rivolse a suo Figlio Gesù, di cui conosceva  la sua natura divina e la sua missione nel mondo a gloria di Dio Padre.

Sarebbe stato un vero disastro se Gesù non fosse intervenuto a rimediare alla mancanza del segno della prosperità e della gioia. Maria, come una madre di famiglia generosa e attenta, osservò, previde e intervenne elargendo. Lei si rivelò subito fonte di consolazione e di sicura speranza e si fece mediatrice presso Gesù.
 
«Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora».  Ocorre chiarire subito che non vi fu alcuna traccia di ostilità in queste  parole del Figlio nei confronti della Madre: nemmeno alcun rimprovero. Dicendo a sua madre ««Donna, che vuoi da me? », Gesù ha lasciato intendere che egli si era posto su un piano differente da quello di Maria e in un’altra prospettiva.

La Madre pensava ancora al vino della festa; Gesù, invece, era orientato ormai alla sua missione messianica che proprio a Cana di Galilea ha avuto il suo inizio. Inoltre, notano alcuni Padri della Chiesa, la reticenza di Gesù ebbe lo scopo di far passare la fede della Chiesa, di cui Maria è il modello, da una fede incipiente a una fede più matura. Gesù compì il miracolo per una rivelazione superiore.

 
Ma quasi incurante della risposta all’apparenza lapidaria del suo Gesù, Maria non si mostrò né sorpresa né turbata, ma disse ai servi con incredibile audacia nella fede: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela»! Questa certezza di Maria ha mostrato che Gesù non le ha opposto un rifiuto. Piena di confidenza e di speranza, con una disponibilità totale, ella assicurò i servi di procedere sencondo le direttive del Figlio. E di lì a poco l'acqua delle anfore di pietra si sarebbe trasformata in un vino eccellente che avrebbe sorpreso tutti.
 
Maria dimostrò una fede senza flessione e una esortazione sempre attuale: l’obbedienza al Signore. Fare quello che egli ci dirà comporta la ricerca continua della volontà di Dio. Comporta ascoltarlo prima di tutto nell’accoglienza della sua Parola nel Vangelo, poi negli avvenimenti della via, accolti come espressione della sua volontà. Di questa fede, che è fiducia intrisa di confidenza e di amore verso Gesù e verso di noi, Maria ci dà una grande testimonianza. Lei che “avanzò nelle peregrinazione della fede” (LG 58), insegna a noi a credere e a sperare.
 
Ora, quelle parole della Madre giungono a noi, dopo un lunghissimo scorrere di secoli e hanno la stessa forza: la forza della persuasione materna che ci guida e ci protegge; è un dono di Maria in Cristo.
 
Maria è il Vangelo vivente, è la Serva della Parola, la Donna del sì. Lei ha accolto la Parola, ha ascoltato il Signore e ha portato frutto.
A ciascuno oggi Maria ripete: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» ...

Ecco un itinerario di buon cammino che dobbiamo compiere pure noi nella nostra vita di fede:
accogliere il Signore nella nostra vita,
ascoltare la sua Parola
viverla in una armoniosa integrazione tra fede/vita.
 
A chi affidare la nostra vita se non alla Parola di Dio che in Gesù ci viene rivolta? L’icona delle “anfore di pietra … contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri” ricorda che una vita senza Gesù è vuota; una vita dove Gesù è assente non va verso la pienezza ma è spesso insignificante e disordinata.
 
«I suoi discepoli credettero in lui». La costruzione grammaticale greca (eis e l'accusativo) traduce: «I suoi discepoli credettero lui».
Non si crede in una cosa o in una dottrina, ma una persona.
Il discepolo si fida di Gesù, si abbandona a lui e si lascia condurre
.
Il vero discepolo si fa riempire della presenza di Gesù.
E' Lui che diviene fonte di gioia e garanzia di prosperità.

Questo episodio è un invito a credere in Gesù. La fede è la risposta all’amore di Dio manifestato in Gesù.

 
O Dio, che nell’ora della croce
hai chiamato l’umanità
a unirsi in Cristo, sposo e Signore,
fa’ che in questo convito domenicale
la santa Chiesa sperimenti
la forza trasformante del suo amore,
e pregusti nella speranza
la gioia delle nozze eterne.


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